Un genio vittima del «triangolo d'oro»
Un genio vittima del «triangolo d'oro» Parigi riscopre un grande delle avanguardie storiche che dovette trovare asilo air estero Derain, oscurato da Matisse, Picasso, Braque Un genio vittima del «triangolo d'oro» Pi LUGANO IU' si definiscono la prospettiva dell'intero secolo e un panorama equilibrato delle fonti e figure fondamentali su cui si fondano le sue linee d'espressione, e maggiore è l'esigenza di rivedere le gerarchie di merito. Il caso di André Derain (1880-1954) ò esemplare. Oscurato sul fronte francese della triade canonica Matisse, Picasso e Braque, legato in coppia inscindibile con il ben più limitato Vlaminck a rappresentare l'estrema sinistra «feroce» dei Fauves, poi ridotto a fiancheggiatore della rivoluzione cubista, il suo fondamentale privilegio di primo traghettatore - e per nulla traditore - delle forme costruttive delle avanguardie storiche nel nuovo «ordine» figurativo, durante e dopo la prima guerra mondiale, ebbe maggiori riconoscimenti al di fuori che non nel centro parigino, nonostante rimanesse stabilmente fedele alla sua area lungo tutta la vita, dopo i vagabondaggi giovanili nel Midi con Matisse, Picasso e Braque. La prima monografia fu pubblicata nel 1920 a Lipsia dal suo mercante Kahnweiler con lo pseudonimo di D. Henry. Un anno dopo Carrà, per le edizioni di «Valori Plastici», rendeva omaggio al suo esempio fondamentale nella stagione postfuturista italiana; per lo stesso Carrà, ma anche per un Morandi; e per le svariate forme di nature morte e paesaggi primitivizzanti. Nella marea bibliografica del secondo dopoguerra sull'arte della prima metà del secolo, il giudizio più acuto ed entusiasta è uscito dalla penna di Giacometti, la più bella monografia con splendide illustrazioni è stata nel 1976 quella russa della Galitina, basata sul formidabile gruppo di ventuno dipinti 1905-1914 portati a Mosca dai collezionisti Morozov e Schukin. Parigi gli dedico solamente la mostra tradizionale un anno dopo la morte, curata da Jean Cassou al Musée National d'Art Moderne. Adesso sembra finalmente scoccata la giusta ora. L'inverno parigino ospiterà per quattro mesi, dal 18 novembre, una grande mostra antologica che risulterebbe centrata soprattutto sui primi tre decenni del secolo, indubbiamente il periodo dei massimi risultati. Un interessantissimo anticipo è offerto fino al 26 novembre dalla Galleria Pieter Coray con Andre Derain scultore. L'assenza, ovvia, delle tre grandi pietre note del primo decennio del secolo, suddivise fra i musei di Duisburg e di Vienna e il Pompidou di Parigi, con la loro possente sintesi cubistizzata - in senso letterale, della riduzione della forma compattata in cubo - a mezzo fra Brancusi e gli esordi pittorici cubisti (più sul versante Braque che su quello Picasso), rende in un certo senso più coerente il popolo magico di teste in terracotta e soprattutto in fusione postuma da terracotta che si accentra nello spazio della galleria. Un trentennio separa l'elementarietà primitiva, quasi neolitica, delle pietre, coeve con la prima stagione radicale di Brancusi e Modigliani, Picasso e Matisse scultori, in cui le prime sculture africane scoperte e collezionate da Vlaminck e Derain furono da essi rivelate a Matisse e Picasso, a l'assai diverso arcaismo di queste terrecotte, modellate con assoluta immediatezza manuale sul finire degli Anni Trenta. Pierre Cahier ne fuse nel 1961 ben settantasette, in tiratura di quindici esemplari. La Galleria espone una decina di terrecotte, fra cui la bellissima Danseuse dipinta e smaltata altrettanto mediterranea quanto indù, e una sessantina di fusioni. L'arcaismo emblematico, maggiormente iterativo, di queste teste-maschere, talora in forma di sigillo o moneta millenaria, dalle enormi palpebre e labbra, è di fondamentale impronta mediterranea, dalle Cicladi a Creta, da Troia a Micene. Quasi invertendo l'antichissimo cammino dei «popoli del mare» giù nel fondo nero dell'Egitto nubiano, Derain risale dall'Africa al Mediterraneo arcaico, con un percorso non lontano da quello di Braque scultore. Alle pareti, lo stesso percorso è offerto dalle carte. Lo stupendo inchiostro delle Tre bagnanti del 1908-9 conia «goticamente» Cézanne e le Demoiselles d'Avignon, mentre tre Teste dei primi Anni Dieci offrono l'immagine delle prime sculture. Poi, gli acquerelli e guazzi fra gli Anni Trenta e Quaranta presentano i riferimenti più evidenti dell'arcaismo mediterraneo, con la raffinatissima monocromia color terra da affresco tombale e i misteriosi segni iconici fra Egitto copto ed Etruria. Marco Rosei Corragli riconosceva grandi meriti per il suo fondamentale contributo alla stagione post-futurista italiana
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