I superstiti in chiesa «Dio aiutaci tu» di Lorenzo Del Boca

Il Cuneese devastato dal nubifragio, la gente lavora nel fango: ci vorranno anni per dimenticare Il Cuneese devastato dal nubifragio, la gente lavora nel fango: ci vorranno anni per dimenticare I superstiti in chiesa: «Dio, aiutaci tu» //parroco ospita i senzatetto: «Qui è come una guerra» CEVA DAL NOSTRO INVIATO Porta le scarpe inzaccherate di fango, don Alberto, e quando dall'altare alza le mani per la preghiera della domenica sembra, davvero, un povero Cristo che può chiedere soltanto pietà. «Risparmia le nostre case, Signore...». I fedeli, dai banchi, approvano: «Ascoltaci, Signore». Con una cantilena che non nasconde la fatica di tre giorni senza riposo e - insieme - lo sgomento per quel paese travolto dall'acqua. Che il Padreterno risparmi quello che non è già andato distrutto. Accade a Ceva, già a ridosso della Liguria, ma potrebbe valere un po' per tutte le città che la furia del maltempo ha messo in ginocchio. Qui, la chiesa dell'Assunta, nel centro storico, è una delle poche costruzioni che non hanno subito danni seri. E' diventata il rifugio di chi non sa dove dormire. Dietro il confessionale, un fascio di coperte dice che qualcuno ci ha già trascorso una notte e si prepara a passarne un'altra, con le piastrelle del pavimento per letto e lo scalino di marmo dell'altare per cuscino. Notti senza sonno e senza riposo, con il pensiero alla casa andata in frantumi. Con l'idea che anni di risparmio sono finiti in fondo al fiume. Con la paura che il peggio potrebbe non essere ancora passato. Intorno, il disastro. La pioggia battente ha gonfiato il Tanaro, l'ha fatto straripare e ha continuato ad alimentarne la corrente sino a farle raggiungere i primi piani delle case. Chi poteva pensare, di questi tempi, che fosse necessario scappare sui tetti per sfuggire all'alluvione? Il rione Filatoio, costruito lungo l'argine, è sotto due metri d'ac- qua. E poi: fango, automobili portate lontano, alberi che devono essere alti ma che sembrano cespugli, pezzi di tronco, una scarpa che galleggia, foglie secche, una poltrona. E' straripato anche il torrente Cevetta che ha invaso il quartiere di Cameroni arrampicandosi - lento e inesorabile - per i gradini delle case. I vecchi sapevano che di quel rigagnolo non bisognava fidarsi troppo. In estate è quasi secco, mentre in primavera e in autunno non supera il mezzo metro di profondità. Ma, quando si scatena, è terribile perché non si ferma davanti a nulla: rompe e travolge, spacca e distrugge. E' successo soltanto in un paio di occasioni dall'inizio del secolo e una sola volta dopo la guerra. Ma non ha risparmiato niente. Come adesso. Del capannone di Agostino Taramazzo, in via Consolalo, sono rimasti due piloni contorti con i ferri del cemento armato che sembrano dita attorcigliate. Del magazzino del vicesindaco, Maddalena Dardanelli, il maltempo non ha lasciato nemmeno quello e ha spazzato via letteralmente tutto. Non c'è più la macelleria di Mauro Bracco. Ed è devastata l'officina di Vincenzo Amerio. Sono piccoli bollettini di guerra dove, come in tutte le guerre, trovano posto episodi di grande solidarietà e di altruismo disinteressato. L'onda in piena ha spazzato via la caserma dei Vigili del Fuoco e si è trascinato dietro la gip, il furgone e l'autopompa, ma i pompieri del paese non hanno rinunciato a lavo¬ rare con i badili e a mani nude. Silvio Amerio, il comandante dei Vigili, si cala per tre volte nel Bormida per un recupero. E Arrigo Rosso, capo-operaio del Municipio, campione di pallone clastico di serie A, guida la sua squadretta di manovali per tamponare le emergenze più gravi. Anche se è come svuotare il mare con il secchiello. Assume una dozzina di extracomunitari, senegalesi e marocchini, e li dirige verso i lavori più urgenti. «Il paese è stremato». E' stremato anche il sindaco, Giovanni Taramasso, che non si siede da tre giorni. «I danni sono ingenti e per ora non quantificabili. Miliardi, certo... Ci vorrà del tempo prima di tornare alla normalità, mentre non basteranno anni per dimenticarsi di questa alluvione». La gente sta a mollo fino alla cintola e cerca di camminare tentando di non perdere l'equilibrio nell'acqua. Acqua sotto e acqua sopra per la pioggia che non si ferma un attimo. Quando rallenta, si riaccende la speranza che il tempo migliori, ma poi scrosci più forti riportano il magone sulla faccia di questi poveretti. Entrano ed escono dalle loro case e dai negozi. Cercano qualche abito asciutto che però si bagna prima che sia possibile indossarlo. Recuperano i resti dell'ultima spesa: distribuiscono il pane, affettano il prosciutto, si scambiano un sacchetto di biscotti. La solidarietà dei disperati. Il pranzo e la cena di domenica. Manca l'energia elettrica da due giorni e non è possibili; cucinare. Arriva una compagnia di alpini, ca¬ rabinieri e finanzieri: forse l'esercito è in grado di preparale dei pasti caldi per oggi. Non arriva la corrente e non funzionano gli impianti di riscaldamento. I telefoni sono inutilizzabili e i soli appigli con il resto del mondo restano i cellulari portatili, fin quando durano le batterie. Scivola i! dorso della collina a Costa Canile dove quattro secoli fa era stato costruito il forte e dove negli ultimi trent'anni sono stati edificate una ventina di villette. Tutti di corsa in paese per evitare di venire travolti dalla frana. Il ricovero degli anziani è invaso dall'acqua e si devono trasferire i dodici vecchietti all'ospedale San Bernardino, che sta un po' più in allo e quindi un po' più al sicuro, dove già sono ricoverate un centinaio di persone. I medici Reperto e Zamello governano i reparti, ma sanno di avere autonomia per una ventina di ore ancora, poi finisce il gas e il gruppo elettrogeno non è più in grado di funzionare. La ferrovia è bloccata da una frana. Sono chiuse l'autostrada, la «28 bis» per la Val Tanaro, e la statale per Mondovi. Il cavalcavia è una specie di trampolino per una cascata di acqua e sassi. Mondovi si può raggiungere attraverso la provinciale e da lì arriva il ministro Costa, che si ferma pochi minuti e promette di sollecitare interventi dal governo. In questo angolo di vecchio Piemonte non occorrono molte parole. Non ne dice il ministro, non ne dice la gente. Loro hanno già la pala in mano e sono già al lavoro, anche se la fatica corre il rischio di essere inutile. Lorenzo Del Boca I resti della palazzina di due piani spazzata da una frana nella zona alta di S. Raffaele Cimena

Persone citate: Agostino Taramazzo, Arrigo Rosso, Cameroni, Costa Canile, Giovanni Taramasso, Maddalena Dardanelli, Mauro Bracco, Raffaele Cimena, Silvio Amerio, Vincenzo Amerio

Luoghi citati: Ceva, Liguria, Piemonte