Ecco la verità di Contrada
Ecco la verità di Contrada Ecco la verità di Contrada «Ai boss davo guerra, non protezione» PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Fragile come un filo di nailon troppo teso, carico come una caldaia sottoposta per troppo tempo a una pressione eccessiva, Bruno Contrada sale sul pretorio per misurarsi con la pubblica accusa. Questa volta non si tratta di dichiarazioni spontanee, ora l'ex capo della Mobile di Palermo deve controbattere le tesi dei pm Ingroia e Morvillo e l'impalcatura accusatoria. Controbattere ed essere credibile: su questo interrogatorio, incominciato ieri mattina, proseguito per tutto il pomeriggio e rinviato a martedì, si gioca gran parte della posta in palio. Contrada, in carcere da due anni e accusato dell'infamante reato di collusione con la mafia, dovrà convincere il tribunale della sua fedeltà allo Stato e allontanare l'ombra che lo vuole come il «Giu¬ da» in qualche modo corresponsabile - quantomeno moralmente - della morte di tanti poliziotti e uomini dello Stato. «La mia linea di difesa - esordisce l'imputato - è la verità, su tutto». Indossa un elegante blazer blu su pantaloni grigi, come ai vecchi tempi. Correttamente si rivolge al presidente Ingroia, ogni volta che deve rispondere alle domande dell'accusa. Da poliziotto sa che non sono i pm i destinatari delle sue parole, quelli un convincimento se lo sono già fatto, altrimenti il 24 dicembre di due anni fa non l'avrebbero mandato in galera. E' alla corte che bisogna offrire un punto di vista diverso da quello dell'accusa. E allora ogni risposta si dilata, indulge in mille particolari, si fa forte dì una terminologia precisa, offre più spiegazioni e chiavi di lettura. Il pm Ingroia e Contrada non sembrano neppure duellanti: il tono è pacato, le domande del primo porte con garbo, le risposte tradiscono l'ansia di apparire esaurienti e sincere. Così, in questo clima apparentemente disteso, ma rovente sotto la patina, si raccontano vent'anni di veleni, di morti, sospetti, accuse e gelosie di mestiere. Rivive la Squadra mobile di Bruno Contrada: De Luca, Boris Giuliano, Ignazio D'Antone, i commissari Crimi, Vasquez, Moscarelli, Boncoraglio, Speranza, Cardella, una «squadra di prim'ordine» che oggi - ricorda l'imputato - è considerata quasi con disprezzo la cordata di Contrada. L'imputato, sempre preceduto da una domanda del pm, ha sciorinato il racconto di vent'anni di indagini su Cosa nostra, da quando per la prima volta alla Mobile di Palermo fu istituita una sezione antimafia. Ma il racconto deve addentrarsi anche nelle pieghe di alcuni episodi che l'accusa conte¬ sta come indizi della presunta «tiepidezza» del funzionario verso la mafia. Ecco la storia del giovane commissario Renato Gentile, anno 1981, esuberante cacciatore di latitanti. Contrada gli consigliò, dice l'accusa, di lasciare in pace il boss Inzerillo. E' vero? L'imputato dà una versione, come dire, «storicizzata» dalla quale si capisce che sì, mise in guardia il giovane funzionario, ma allo scopo di salvaguardarlo, dal momento che Inzerillo aveva fatto sapere, tramite il suo avvocato, che quel poliziotto che andava a casa sua aveva poco riguardo per donne e bambini. Questa può sem- brare una sciocchezza, ma solo se non la si contestualizza col momento in cui accadeva: quando gli stessi procuratori raccomandavano «cautela» e in piena guerra fra Contrada e l'allora questore Immordino. Spiegabile, dunque, che quest'ultimo - attraverso il capo di Gentile - indusse il giovane funzionario a mettere per iscritto quanto accaduto. Una nota che negli anni a venire sarebbe poi stata utilizzata contro Contrada, convinto però - a suo dire - di trovarsi di fronte a un normale incidente di lavoro. Per ogni storia ha una spiegazione: ha raccontato l'incontro con Vitale, il primo pentito, le difficoltà di quel periodo a fronte di un evento nuovo. Ha elencato tutte le iniziative prese contro i boss, come a voler controbattere: altro che proteggerli.... Francesco La Licata Bruno Contrada, ex capo della Mobile di Palermo, dopo due anni ha potuto iniziare a difendersi dalle accuse in un'aula di tribunale
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