Quei sei personaggi di Osvaldo Guerrieri
Adua: Pirandello con la regia di Nanni Garella Adua: Pirandello con la regia di Nanni Garella Quei sei personaggi Zappa Mulas, la migliore torino. La prima impressione è terribile. Sembra che «I sei personaggi in cerca d'autore» messi in scena da Nanni Garella siano uno spettacolo contro lo spettatore. Si entra nella sala dell'Adua illuminata dalle mezze luci, e si viene accolti dagli attori che, in palcoscenico, salmodiano tutti insieme parole pirandelliane. Sono frasi tratte da qualche saggio teorico, dalla commedia «La vita che ti diedi», estrapolazioni dagli stessi «Sei personaggi». Si sta ad ascoltare e ad aspettare. Un minuto, due, cinque, dieci, quindici... Un tempo interminabile... A volte un attore si isola dal coro, erompe in un grido, o in un pianto. Poi rientra nel gruppo, in quella sorta di dodecafonia pirandelliana che mette a dura prova la pazienza del più mite e arrendevole fra gli spettatori. Per un lungo quarto d'ora sembra di tornare ai tempi in cui chi faceva teatro riteneva che la cornice fosse più importante del quadro. A quel punto sarebbe stato auspicabile perfino un bel fischio all'antica italiana. Ma poi, ecco il miracolo. Quando s'interrompe lo sterminato prologo, comincia uno spettacolo davvero straordinario, pieno di belle intuizioni, crudele nelle sottolineature tra il grottesco e l'espressionistico, attentissimo a quella «verità» della finzione che provocò, come ormai sappiamo, un'autentica rivoluzione nel teatro italiano. Garella non mette in scena l'edizione più nota e più eseguita dei «Sei personaggi» (del '25), ma quella del '21, che è meno dispersiva, più raccolta intorno al nucleo dei sei personaggi, in un certo senso più rozza. E dal momento che i Sei oc- cupano immediatamente l'attenzione degli attori e del loro capocomico, i teatranti vengono trasformati in una sorta di Coro, al cui interno quelle sei inaspettate apparizioni cercano di rappresentare il loro dolorosissimo dramma. C'è un contrasto nettissimo tra il Coro e i sei personaggi. Questi ultimi hanno il volto coperto da una maschera di lattice che deforma e fissa i lineamenti; hanno abiti scuri chiazzati d'azzurro; si muovono spesso con scatti da automa. Ma soprattutto si muovono sempre insieme come l'onda di un'unica marea: sono inseparabili, poiché appartengono alla stessa vicenda, allo stesso destino, alla stessa fantasia. Inutilmente gli attori e il loro regista tentano di ricondurli a uno schema e a una sintassi teatrale: essi rifiutano. Che senso hanno le convenzioni della finzione scenica quando essi sono i portatori della verità? Soltanto noi siamo veri, dice il Padre; tutti voi siete falsi. Lo spettacolo prodotto da Nuova Scena è una vera discesa agli inferi, oltre che una straor¬ dinaria sonda insinuata nel cuore di un testo notissimo che, proprio perché notissimo e frequentatissimo, rischia di apparirci come un concentrato di manierismi pirandelliani. Qui dai manierismi ci si tiene alla larga, per quanto si può. In una scena nuda, illuminata da Gigi Saccomandi con gelida crudeltà, si snoda un gioco che gli attori sostengono con eccellente adesione. Soprattutto Patrizia Zappa Mulas, nella parte di una Figliastra spigolosa, livida eppure prossima a quelle tentazioni di umanità subito represse. Le è degno partner Virginio Gazzolo, un Padre che ovviamente si accanisce sul «coté raisonneur», ma che a tratti ha qualche ampiezza di gesto che avremmo voluto più sobrio. Fra tutti gli altri, vorremmo almeno ricordare la Madre di Olga Gherardi e il Figlio di Silvano Melia, che dà un'ispida estraniazione al proprio ruolo. Nella parte del regista lo stesso Garella. A conclusione di serata, fitti e insistiti applausi. Si replica fino a domenica. Osvaldo Guerrieri Riportata in scena l'edizione del 1921 Espressionismo e grande successo Nanni Garella, regista dello spettacolo
Luoghi citati: Nuova Scena
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