«Valeva la pena ucciderlo?»

«Valeva la pena ucciderlo?» «Valeva la pena ucciderlo?» Gli assassini traditi da una telefonata SPIATI DAGLI 007 VIBO VALENTIA DAL NOSTRO INVIATO «Valla a pena u fai stu omicidio?». Valeva davvero la pena di ammazzare un bambino? Una domanda buttata lì quasi per caso da un amico di Michele lannello, uno dei due assassini di Nicholas Green, durante una conversazione a delitto appena compiuto. E lui, Michele, risponde che subilo dopo il fatto è andato a Milano ospite di un parente e che si, «effettivamente insieme a questo (Francesco Mesiano, l'altro killer, ndr) lo ha ammazzato davvero». I due non potevano immaginare che qualcun altro stava ascoltando la conversazione: uno 007 della Criminalpol, che in quei giorni aveva messo sotto controllo i telefoni e le abitazioni di lannello e Mesiano. In termini tecnici le chiamano «intercettazioni ambientali». In parole più semplici significa che un poliziotto si arma di un potente microfono a distanza e di tanta pazienza, e registra 24 ore su 24 su un nastro magnetico tutto ciò che una persona sospetta dice. Mai come in questo caso l'alta tecnologia ha aiutato gli investigatori, che in poco più di un mese hanno risolto uno dei casi più choccanti degli ultimi anni, dando un volto e un nome ai responsabili dell'omicidio di un bambino americano di sette anni, un ragazzino che sognava da tempo una vacanza in Italia. Quei nastri custoditi in una cassaforte negli uffici della procura della Repubblica di Vibo Valentia costituiscono il principale atto d'accusa nei confronti dei rapinatori assassini, ma allo stesso tempo offrono uno spaccato della vita di due giovani che sembrano aver perso ogni contatto con la società civile, oltre che il rispetto della vita altrui. L'8 ottobre del '94, nove giorni dopo il delitto, lannello e Mesiano sono già sotto il controllo della polizia. L'agente di turno alla consolle del centro di ascolto della questura di Catanzaro si irrigidisce sulla sedia, mentre attraverso la cuffia gli arriva una conversazione che si fa sempre più interessan- te. A parlare è un amico dei due rapinatori, che racconta a un'altra persona un episodio avvenuto a settembre, poco prima dell'agguato sull'autostrada. Dice di aver informato lannello del fatto che, a fine mese, avrebbe potuto fare un colpo grosso: l'assalto a un gioielliere, che sarebbe passato sull'autostrada nei pressi dell'area di parcheggio di Pizzo Calabro a bordo di una Y10 targata Roma. Una finta rapina, per la verità, perché l'orafo era d'accordo con il basi¬ sta: si sarebbe lasciato derubare in cambio di parte del bottino, un centinaio di milioni. Michele, prosegue l'informatore, sembrò entusiasta del progetto tranne che per il finale. E fece una controproposta: «Perché mai dovrei dividere la refurtiva? Meglio ammazzare il gioielliere». La notte del 29 settembre una Y10 passò davvero sull'A3, ma era l'auto della famiglia Green. E lannello sparò sì quattro colpi di pistola, ma uccise un bambino. Ciò che ancora è accaduto quella maledetta notte salta fuori di nuovo dalle intercettazioni. Questa volta è il complice di lannello, Francesco Mesiano, che si abbandona a una confessione in piena regola. Lo fa addirittura nella sala d'attesa del commissariato di Vibo Valentia, dove è stato convocato con un amico per un interrogatorio. Naturalmente ignora che la stanza è piena di microfoni. Gli agenti ascoltano ogni suo respiro, e azionano immediatamente il Fulvio Milone magnetofono quando lui, chiaramente preoccupato, bisbiglia all'orecchio del suo interlocutore: «Abbiamo visto la macchina arrivare, io cercavo di guidare e lui gli ha sparato...». A premere il grilletto, dunque, sarebbe stato Michele lannello. Ad accusarlo non è stata solo l'involontaria confessione di Francesco Mesiano Una conferma del suo ruolo-di esecutore materiale dell'omicidio di Nicholas emerge anche dall'ennesima intercettazione di una chiacchierata fra amici dei due rapinatori. Uno dice all'altro che Michele ha «una pistola molto grande, nuova, calibro 9» Un'informazione preziosa per gli investigatori che hanno già letto la relazione degli esperti della polizia scientifica: Nicholas è stato ucciso con un proiettile calibro 9. E poi c'è la descrizione fatta dal padre del bambino dell'auto dei rapinatori: una Uno bianca, identica a quella di Michele, che il giorno dopo il delitto fu visto mentre puliva la carrozzeria con un panno imbevuto di aceto. Un altro punto per l'accusa. giovani in cella delitto. A sinistra tori di Nicholas Registrata una «confessione» «Io guidavo, lui ha sparato» I due giovani in cella per il delitto. A sinistra i genitori di Nicholas

Persone citate: Calabro, Francesco Mesiano, Fulvio Milone, Green, Mesiano, Nicholas Green

Luoghi citati: Catanzaro, Italia, Milano, Pizzo, Roma, Vibo Valentia