Il rabbino Toaff lascia dopo 44 anni

E' scontro dopo la chiusura di un supplemento e il «taglio» di numerosi collaboratori II 30 aprile, quando avrà ottant'anni Il rabbino Toaff lascia dopo 44 anni ROMA. Il rabbino capo di Roma, Elio Toaff, lascia. Dopo 44 anni alla guida degli ebrei della capitale, il 30 aprile, proprio il giorno del suo ottantesimo compleanno, varcherà la soglia della pensione. Dietro la decisione, peraltro sofferta, si cela il desiderio di vivere in pace e in tranquillità, come conferma il presidente della comunità ebraica romana, l'avvocato Claudio Fano. «E' stato lui stesso a manifestare sin dallo scorso giugno il desiderio di mettersi a riposo. Abbiamo cercato in tutti i modi di fargli cambiare idea ma ci ha risposto "vorrei prendermi un po' di respiro"» e pensare alla famiglia, ai due figli e ai nipoti che vivono in Israele. Da 44 anni alla guida della comunità di Roma, Toaff - il cui padre fu rabbino capo di Livorno - lascia un vuoto difficile da colmare in quanto un «regno» così lungo è destinato a restare negli annali della storia interna dell'ebraismo italiano. Ha vissuto personalmente la persecuzione del fascismo e del nazismo, ha preso la guida della comunità negli Anni Cinquanta, nei periodi difficili delle stragi e degli attentati culminati con l'attacco alla sinagoga all'inizio degli Anni Ottanta, e ha seguito da vicino l'epoca del dialogo con il cattolicesimo, da quel giorno nel marzo 1962 in cui Giovanni XXIII fece fermare la sua auto sul lungotevere e chiese agli ebrei che uscivano dal tempio il permesso di benedirli. Negli anni alla guida della comunità romana, ha visto entrare Giovanni Paolo II nella sinagoga il 13 aprile 1986, ha seguito da vicino la stesura dell'Intesa con lo Stato italiano ed infine ha assistito ai rapporti diplomatici tra Israele e Stato del Vaticano. Ce n'è abbastanza per giustificare un clima di smarrimento all'interno degli ebrei romani? Per Claudio Fano certamente no. «Il rabbino - Il Rabbino capo Elio Toaff spiega preciso - non c un sacerdote, non è un vescovo e neppure è il Papa. E' semplicemente un maestro, una guida spirituale, disposto a venire consultato su ogni problema della vita. In una comunità il rabbino capo è colui che ha l'ultima parola in caso di contrasti, ma sempre ed esclusivamente all'interno della comunità che guida. L'ebraismo non ò solo racchiuso nella Bibbia, ma si alimenta delle interpretazioni che nel mondo i rabbini danno ai molteplici problemi della vita quotidiana. Negli Stati Uniti i "responsi rabbinici" vengono raccolti e formano anch'essi il patrimonio dell'ebraismo, che si occupa di problemi scottanti quali l'aborto, l'Aids, l'inseminazione artificiale». Anche se non ci sono precedenti di un rabbinato così lungo, Fano è sicuro «che non si verificheranno contraccolpi». Quanto alla successione, è al nastro di partenza una procedura complessa, e l'elezione del successore da parte dei 27 del Consiglio della comunità è soltanto l'ultima fase. Ha iniziato a lavorare un comitato ristretto che ha avviato consultazioni per raccogliere suggerimenti ed anche una rosa di nomi: il requisito indispensabile consiste nel possedere una laurea rabbinica, e in Italia l'unico istituto che la conferisce è a Roma, dopo un corso di studi che dura quattordici anni. Se la preparazione dottrinale non va messa in dubbio, dal futuro rabbino capo tutti si aspettano che sappia raccogliere l'eredità di Toaff ed è questo senz'altro il fardello più pesante, perché - ci spiega ancora Fano - «non è come un conclave di cardinali che elegge il Papa al suo interno. Il compito più importante del rabbino capo consiste nel rappresentare l'unità. E questo Toaff lo ha fatto in modo impeccabile». Sandro Berrettoni Il Rabbino capo Elio Toaff