«Poggiolini paghi il mio dolore» di Stefania Miretti

«Mentre lui si arricchiva mio figlio è morto a causa di una trasfusione di sangue infetto» «Mentre lui si arricchiva mio figlio è morto a causa di una trasfusione di sangue infetto» «Poggiolini paghi il mio dolore» Brindisi, padre denuncia l'ex dirigente BRINDISI. «Sì, ho denunciato Duilio Poggiolini. L'ho fallo con la rabbia e con il dolore di un padre che amava il suo bambino, e gliel 'hanno ammazzato. Proprio così: ammazzato». Giuseppe aveva dodici anni quando gli fu trapiantato, a Milano, un fegato nuovo, e ne aveva sedici quando è morto, lo scorso agosto in Francia, dopo un'agonia lunghissima. Soltanto lì, nell'ospedale di Rennes, suo padre ha saputo che ad ucciderlo è stata una trasfusione di sangue infetto, praticata il giorno successivo all'intervento. In Italia, invece, i medici gli avevano detto: «purtroppo suo figlio è stato sfortunato, ha incontrato il virus dell'epatite C». Ora Cosimo Principalli, un ex commerciante di Ceglie Messapica, vuole giustizia: «non quella che potrei farmi io da solo, e dalla quale sarei anche stato tentato se non avessi altri tre bambini a cui pensare; no, voglio un processo, voglio una giustizia pubblica, vera: ho perso un figlio proprio mentre ritornava alla vita; avevo un'azienda di lievito che è andata in fallimento perché per curare Giuseppe ho girato l'Italia in lungo e in largo, e dei soldi non m'importava nulla. Tutto questo mentre quella gente si arricchiva alle nostre spalle, sulle nostre vi¬ te». Giuseppe era ammalato fin dalla nascita. Soffriva di una gravissima forma di cirrosi epatica, solo un trapianto di fegato l'avrebbe salvato. «E nel '90, finalmente, ci chiamarono dal Policlinico Maggiore Milano», racconta il padre, «c'era un fegato compatibile, donato dai genitori di un bambino di Varese, Egdardo si chiamava. E anche il più piccolo dei miei figli, nato dopo l'operazione, porta quel nome, in segno d'amore e di riconoscenza». L'intervento, effettuato dall'equipe del professor Galmarini, fu un successo: «Dopo pochi mesi Giuseppe era vivace, bravo a scuola, non si può neanche immaginare la nostra felicità. Aveva superato in fretta tutti i ritardi psicomoto- ri accumulati dalla nascita. Andavamo a Milano per i controlli e ogni volta, coi medici, era una festa». Andavano anche a Varese, i Principalli, a trovare la famiglia del bambino che, con la sua morte, aveva permesso che Giuseppe vivesse: «Ma noi eravamo pieni di gioia, loro pieni dolore. Un sentimento che soltanto ora capisco davvero. Così un giorno ci siamo abbracciati con le lacrime agli occhi e abbiamo deciso di non vederci più. Chissà come si sentiranno anche loro, quando verranno a sapere com'è andata a finire». E' andata a finire così: a tre anni dall'intervento, Giuseppe si sveglia una mattina «tutto giallo, nella faccia e negli occhi». Una gran corsa a Milano, gli esami, il verdetto: «Purtroppo, signor Principalli, suo figlio ha incontrato il virus dell'epatite C: se lo riporti a casa e gli stia vicino, finché il signore lo lascia in vita». «Mi han detto proprio così: "ha incontrato il virus". E io non riuscivo a capire perché quei medici, che fino a un mese prima ci portavano al ristorante, ci voltassero improvvisamente le spalle». Padre e figlio cercano una risposta al vicino ospedale Niguarda: altri esami, altre vaghe spiegazioni, speranza nessuna: «"siete stati sfortunati", ci hanno detto. Ma io non potevo accettare una condanna a morte per il mio bambino. Siamo stati a Bruxelles, e poi in Francia, per sette mesi. Abbiamo affrontato altri due trapianti, però il virus era troppo forte: mio figlio è morto dopo 40 giorni di coma, dopo aver sofferto moltissimo». Sulla cartella clinica c'è scritto che la causa della morte è l'epatite C: non «incontrata» per caso e per sfortuna, ma iniettata nelle vene di Giuseppe con una trasfusione assassina di plasma infetto. Cosimo Principalli non ha dubbi: «Denunciare Poggiolini, l'ex direttore generale del servizio farmaceutico del ministero della Sanità, era un mio preciso dovere. Chi ha speculato sulla vita degli altri pagherà». Stefania Miretti «I dottori mi dissero: siete stati sfortunati Ma ora so la verità» Duilio Poggiolini, ex direttore del servizio farmaceutico del ministero A sinistra un laboratorio

Persone citate: Cosimo Principalli, Duilio Poggiolini, Galmarini, Poggiolini, Principalli