In attesa di un «patriarca»

In attesa di un «patriarca» In attesa di un «patriarca» Pronostico impossibile, da Pio IX a Luciani IL NUOVO VOLTO DEL CONCLAVE IL completamento del Collegio cardinalizio, fatto da papa Wojtyla con l'annuncio di domenica, si presenta come la struttura ormai perfettamente funzionante per un futuro Conclave. E' pur vero che Pio IX, sebbene malconcio di salute fin da giovane, portò avanti il Pontificato per 32 anni, il doppio di quelli dell'attuale Pontefice. E Wojtyla potrebbe ancora per lungo tempo moltiplicare Concistori e impinguare di porporati il Sacro Collegio. Spingere, perciò, lo sguardo dentro gli attuali 120 cardinali, probabili prossimi elettori del Papa, per cogliere il nome di un futuro Pontefice è un gioco che può sollecitare la curiosità, ma che poi è sempre stato umiliante per i «pronosticatori» e i divinatori papali. Anche perché, senza scomodare lo Spirito Santo, le motivazioni che conducono alla scelta di un successore di Pietro non collimano quasi mai con quelle escogitate da osservatori che dottamente lavorano su ipotesi al di fuori del Conclave. Soltanto ad elezione avvenuta, con elementi raccolti per immaginazione o per vie segrete, si offrono ricostruzioni adattabili al nuovo personaggio apparso sulla scena pontificale: operazione impunemente fattibile, dato che nessuno alla fine verrà a smentire o a confermare. In un recentissimo volume delle edizioni Paoline, Giovanni XXIII, libro-intervista di Marco Roncalli al vescovo Loris Capovilla, segretario di papa Giovanni, quindi personaggio bene informato sebbene per dovere di riservatezza talvolta reticente, ci sono rivelazioni sul come i cardinali sono andati al Conclave che doveva eleggere Giovanni XXIII: un andare cioè in ordine sparso. Lo stesso Roncalli diede il voto sempre al cardinale Valeri, semplicemente perché era stato suo predecessore alla nunziatura di Parigi. Mentre, fuori, tutti si ponevano la questione di quale figura eccelsa di porporato avrebbe potuto prendere il posto di un Pontefice così ieratico, dotto e solenne come Pio XII, in Conclave, rivela Capovilla, prevaleva «l'immagine di un candidato mite e dialogante: buono, sant'uomo, pastore, non teologo di professione né consumato giurista». Ne venne fuori la sorpresa di papa Giovanni, grande senza grandezze mondane. Il suo predecessore, papa Pacelli, aveva dettato compiutamente l'etica a tutto il mondo politico, economico e sociale. Lui, papa Roncalli, creò un vincolo di amabilità fraterna con tutti gli uomini, definendosi «la fontana del villaggio», alla quale ognuno poteva abbeverarsi. Paolo VI, che è stato l'unico ad avere facile e infallibile pronostico papale (si dice che abbia avuto qualche voto, sebbene non presente, poiché ancora non cardinale, nel Conclave precedente), tentò, da sottile e tormentato intellettuale, l'immissione nel mondo di un umanestimo cristiano. Papa Luciani venne come uno sprazzo di dolcezza mite e triste sul soglio pontificio. Poi è arrivato Karol Wojtyla. Il Papa venuto dall'Est, per qualsiasi motivo nobile o no sia salito alla cattedra di Pietro (inceppamento dei candidati di Curia, spinta dei cardinali tedeschi e mitteleuropei col rimorso delle aggressioni naziste e con l'idea di far risorgere l'Europa delle cattedrali...), ha seppellito la tradizione del Papa estratto dalla cattolicità italiana, anzi è apparso come la realizzazione della profezia del visionario poeta polacco Julius Slowacki: «A un Papa slavo, ecco un trono è preparato. Egli non fuggirà davanti alle spade come l'italiano. Ardito come Dio, fronteggerà le spade. Per lui il mondo è fango». E con lui sono stati stravolti anche i criteri storiografici con i quali si è guardato comunemente il Papato: non più un pontificato statico, di magistero assiso soltanto su una cattedra romana, ma un pontificato itinerante, un magistero portato sulle strade del mondo, un Pontefice immerso vistosamente ed energicamente nella società dei mass media come il più grande personaggio di consumo per l'opinione pubblica mondiale. Un'immagine di Pontificato cosi di movimento dovrà essere consolidata talmente da non potersi più mutare in avvenire? Certamente ogni Pontefice dà un'impronta personale alla propria missione di successore di Pietro, ma sarà possibile d'ora in avanti cancellare la visione di un Papa viaggiante, di un capo della Chiesa che si ritrova anche vicino alla tua porta, che passa per la tua strada, che entra nella tua città sia pure in capo al mondo, sulle rive del Pacifico o in Africa o in Nuova Guinea, un Papa romano che appare con la più grande naturalezza in un Paese musulmano o in una terra luterana? Non il Papa in sé come persona, ma questa fisionomia di Papato si pone come problema per un futuro successore di Pietro. Se questa immagine vorrà essere mantenuta, quale personaggio di quelli ora sulla scena ecclesiale potrebbe sobbarcarsi alla fatica wojtyliana di percorrere trionfalmente e simpaticamente il mondo? Forse un amministrativo cardinale tedesco? Forse un sottile e posato intellettuale italiano o francese? Un ingenuo cardinale africano o uno povero dell'America Latina? Dove trovare un porporato col fuoco dentro come Wojtyla? Anche l'Est europeo non è più una fucina di martiri, ma vi sono Chiese in faticosa restaurazione. Certo, tutto è possibile, anche lo svelarsi di nuove ligure di porporati e anche mutare il modo, ora forsennato e osannato, dell'itinerare papale: una modalità nuova, semplice, di ospitalità povera, al modo dei monaci pellegrini russi o, più ancora, ai modo degli apostoli Pietro e Paolo. Ma anche altri impensabili lineamenti potrebbero profilarsi per la cattedra di Pietro. Se è lecito abbandonarsi all'immaginazione, si potrebbero scorgere conseguenze inattese da questo ultimo rivolgersi del Papa e della Chiesa verso i! Medio Oriente, questo puntare lo sguardo non solo simbolicamente verso la terra da dove è venuta la redenzione cristiana e dove la Chiesa stessa è nata. Sembra essersi frantumato definitivamente ormai lo scisma fra la comunità ebraica e quella cristiana, e si allarga l'abbraccio al mondo islamico-palestinese. Giovanni Paolo II ha confessato, un giorno, all'inizio di quest'anno, di avere una meta finale: «Vorrei andare sulle orme del Popolo di Dio, che comincia con Abramo: camminare lungo i sentieri del Vecchio e del Nuovo Testamento: Nazareth, Betlemme, Gerusalemme. Finora ho vagato per tanti Paesi, ma alla fine si deve arrivare in questi Luoghi Santi». «Alla fine», ha ripetuto sorridendo e un po' misteriosamente. E' da li, da quella terra dove Wojtyla vorrà mettere fine al suo vagare che si porrà in cammino il nuovo personaggio per ripercorrere la strada di Pietro verso Roma? Sarà Gerusalemme a segnare il nuovo futuro Pontefice? Un patriarca d'Oriente? 0 un cardinale, anche occidentale, anche italiano, che la terra di Abramo e di Gesù ha appassionatamente nella mente e nel cuore? Domenico Del Rio Il successore di Papa Wojtyla potrebbe arrivare dai Luoghi Santi «Da lì il popolo di Dio partì e lì alla fine bisognerà tornare» A sinistra mons. Capovilla, a destra Giovanni Paolo II

Luoghi citati: Africa, America Latina, Europa, Gerusalemme, Medio Oriente, Nuova Guinea, Parigi, Roma