AAA offronsi stambecchi di qualità di Giuliano Dolfini

RIPOPOLAMENTO RIPOPOLAMENTO AAA offronsi stambecchi di qualità Migliaia di capi esportati dal Gran Paradiso in tutta Europa Li ASSU' sui picchi alpini coperti da neve e ghiacciai perenni, posti sulle montagne fra il Piemonte e la Val d'Aosta, c'è una fabbrica di animali. Non ci sono batterie di allevamento, mangimi, diete, manipolazioni genetiche o altre diavolerie per la produzione di bestie in serie. E' l'ambiente del Gran Paradiso che produce esemplari da esportazione. Da queste montagne lo stambecco - maestoso animale con nodose corna lunghe più di un metro, autentico acrobata delle pareti più inaccessibili - è stato fatto emigrare. In pochi anni dal Gran Paradiso sono stati esportati venticinquemila esemplari. In Europa hanno popolato un milione di ettari di montagne, permettendone la tutela con parchi e aree protette. Gli stambecchi del Gran Paradiso sono stati mandati in Francia e in Svizzera, alcuni sono finiti in Austria e in Slovenia, altri sono stati spostati sulle nostre Alpi per ripopolare zone che avevano un habitat adatto. Ed è con la presenza di questi branchi che sono stati salvati tanti ecosistemi di alta montagna. La presenza dello stambecco sulla Terra risale a quattordici milioni di anni fa. Originario del Caucaso, questo animale era già adorato ai tempi dei Sumeri, che vivevano in Mesopotamia. Al museo del Louvre di Parigi, tra i cimeli di questo antichissimo popolo, c'è anche una statuetta d'oro che rappresenta un esemplare alato. Insomma, lo consideravano un dio o quasi. Sulle montagne europee il declino di questo ungulato iniziò circa un migliaio di anni fa, quando l'uomo comincò a spingersi sempre più in alto (e anche a dargli la caccia). Per tutelare il maestoso e mite re delle cenge alpine, nel Medio Evo si mossero anche i prelati di Salisburgo e l'arcivescono di Cogne (Aosta). Il vescovo di Aosta ne vietò severamente la caccia, in quanto si riteneva che potesse avere delle virtù taumaturgiche - lo si usava addirittura per «sconfiggere il malocchio». E nelle vallate svizzere, tedesche e austriache prosperavano le «farmacie» con unguenti di stambecco, corna e zampe portafortuna. All'inizio del 1700 gli esemplari erano diventati così rari che sulle Alpi lo stambecco venne considerato estinto o quasi. L'imperatore Massimiliano d'Austria emanò allora leggi per la sua completa protezione. Qualche esemplare riuscì a sopravvivere nelle forre del Gran Paradiso: nel 1820 ne furono contati quaranta. Così i Savoia emanarono le «regie patenti» per salvare quel gruppo di esemplari: solo loro li potevano cacciare. Così però li protessero. Anno dopo anno, il branco crebbe e nel 1923 venne istituito il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Durante l'ultima guerra gli stambecchi furono nuovamente ridotti a 2-300 capi, decimati dai bracconieri e non solo. Ma gli esemplari superarono anche questa «crisi» e - tutelati dal parco - cominciarono a moltiplicarsi: nell'85 raggiunsero le 3500 unità. Negli ultimi dieci anni sono saliti a settemila capi, che convivono con camosci, aquile, poiane, ermellini, volpi, tassi, il gigantesco avvoltoio barbuto, il gatto selvatico e la lince, giunta di recente dalle Alpi Svizzere. Giuliano Dolfini

Persone citate: Savoia