SCUOLA INCOLORE

SCUOLA INCOLORE SCUOLA INCOLORE L'ambizioso esordio di Sili: in una fluviale autobiografia noiose chiacchiere universitarie, passionali nudi omosessuali OPERA sicuramente curiosa e molto ambiziosa è Scuola di nudo di Walter Siti, autore finora di saggi di raffinata acutezza ed eleganza e qui cimentatosi con la prosa d'invenzione, anche se tutto è il libro, tranne che un vero e proprio romanzo, con vicenda, principio, conclusione, affidati a personaggi diversamente attivi e significativi. Scuola di nudo è, infatti, un enorme, frondoso, accanito zibaldone di pensieri, ricordi, descrizioni di figure maschili e delle loro ripetitive nudità, rievocazioni per lo più rapide di avventure più o meno amorose, pettegolezzi accademici, considerazioni politiche e letterarie; e l'impianto complessivo è quello di un'autobiografia che sceglie un certo numero d'anni di vita della maturità, vissuti a Pisa, all'università, nell'attesa della vittoria in qualche concorso. La riflessione prevale nettamente sulla narrazione, anche quando sono evocate figure di ragazzi e di uomini ora fuggevolmente incontrati, ora più stabilmente frequentati; e poiché di autobiografia si tratta, si incontrano spesso personaggi della cultura e della letteratura di questi anni con il loro nome, mentre, naturalmente, i colleghi pisani sono puntigliosamente e alquanto denigratoriamente rimescolati e ricostruiti per renderli personaggi di invenzione più che della realtà. La parte più debole del libro è proprio quella universitaria; e non lo dico perché a quel mondo appartengo anch'io, ma perché proprio non sono sopportabili quelle conversazioni | che, per eccesso di sfoggio d'intelligenza, sono banali, superficiali, noiose, e tanto meno l'assenza di effettivo interesse per le idee e per la letteratura, che le caratterizza, e le battute sempre uguali sui concorsi e sulle carriere universitarie. Siti vi è coinvolto, non sa prendere le distanze, vi partecipa. Se penso ai molti romanzi universitari delle letterature anglosassoni (ma anche a II ballo dei sapienti di Maria Corti, di qualche tempo fa) non posso non rilevare come a Siti, nel parlare dell'università, manchino il gusto del ritratto ironico, della dissacrazione, dell'individuazione dei personaggi, dell'avventura umana che si congiunge con quella dell'insegnamento e della scrittura. Allora, ecco che i discorsi, fin troppo prevedibili, ma, soprattutto, espresse senza nessuna originalità di scrittura, nessuno slancio impetuoso e vivo (e questo si coglie in particolare nell'episodio guatemalteco). Il meglio del libro, allora, è nella serie degli incontri per lo più occasionali, nella trepidazione e, al tempo stesso, nella disinvoltura degli approcci, nell'esibizione dei nudi, nella rievocazione di luoghi della campagna pisana, dei viaggi in treno, di vie e piazze di Pisa, sempre tutti strettamente legati con le occasioni del sesso. E c'è, soprattutto, la storia con Ruggero, che vive in campagna, fa il contadino, non è bello e, anzi, ben presto si ammala, e allora, lo scrittore ne segue con pena e con affetto la decadenza fisica sopportata con dignità e con un'incredibile ingenuità e innocenza, fino alla morte per una colica renale, nella propria casa, solo. Ruggero è l'unico personaggio che l'autore non fagociti interamente nel proprio narcisismo; e allora ecco che viene fuori (e anche le poesie via via intervallate alla prosa dimostrano) un fondo di lirica pateticità, che, a malgrado di tutte le battute che vorrebbero essere ribelli, ingiuriose, ciniche, dissacranti, feroci, finisce a essere la nota profonda del libro, come una poco disperata richiesta di attenzione e di accettazione. Il limite di fondo di Scuola di nudo è la scrittura: corretta, intelligente, accuratissima, senza sbavature e senza errori di gusto e di misura, ma irrimediabilmente poco inventiva, perfino quando Siti tenta le battute in dialetto, che tuttavia non riescono a fare colore, a incidere e a variare l'esposizione lineare senza sussulti creativi. Scuola di nudo finisce à essere un contenitore, che si chiude non per necessità intrinseca di tempi e di situazioni, ma per la consapevolezza che si potrebbe andare avanti indefinitamente, senza aggiungere nulla nella sostanza, tanto è vero che incontri, figure, conversazioni, chiacchiere, battute, tutto è fuori del tempo, come se accadesse contemporaneamente sulla scena immobile di una biografia con poco passato e senza il senso del futuro. Esce da Einaudi «Scuola di nudo» di // after Sili Il protagonista si presenta e si rappresenta consapevolmente nel modo più autodenigratorio possibile, negli errori di comportamento e di azione, nelle umiliazioni, nelle miserie delle ricerche di relazioni e di contatti, nel cupo desiderio di fallire soprattutto nei concorsi universitari per protesta contro i servili favoriti. Se non che anche qui Siti è ambiguo. La sua scelta di essere personaggio antifrastico non cela il compiacimento narcisistico di tale posizione, che, infatti, viene spesso alla superficie, come aperta rivendicazione del proprio valore e della propria esemplarità di fronte al mondo. Né molto meglio sono le parti politiche del libro, in quanto frasi, battute, si ripetono meccanicamente come se le figure dei colleghi di tratto in tratto fossero chiamate a dire la loro in forza di uno scatto un poco pappagallesco. La ragione sta forse nel fatto che Siti si avverte troppo partecipe e troppo preoccupato dell'ambiente e delle situazioni universitarie per non esercitare, sia pure con la finzione dell'irriverenza, il rituale di fondo del rispetto. Cosi accade che, in tale ambito, le pagine veramente belle e intense siano quelle che riportano le idee e le interpretazioni leopardiane di Siti, veri e propri saggi all'interno del libro (ma, ahimè, con l'insopportabile narcisismo di farsi lodare per esse dal maestro e «capo»). Giorgio Bàrberi Squarotti Walter Siti Scuola di nudo Einaudi pp.óOI.L. 38.000

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