Il padrino che visse due volle

Il padrino che visse due volle Il padrino che visse due volle Gesta, morte e trucchi dei grandi boss IL CAPOBANDA SI FA MANAGER UMOSCA N mazzo di margherite gialle, un vaso di ciclamini freschi, un fascio di rose rosse e due cioccolatini perché, si sa, ai morti non bisogna far mancare nulla. La tomba di Otari è la più vicina all'ingresso monumentale del cimitero Vagankonskoe, il più centrale di Mosca. E' accanto a quella di Vladimir Visotskij, il cantautore maledetto. E' una tomba povera: un po' di sabbia e una croco bianca. Ma è un luogo di pellegrinaggio e di culto. Ci sfilano accanto giovani e vecchi: «Se non avesse voluto fare del bene a tutti, non sarebbe stato ammazzato. Era come Robin Hood». Otari Kvantrishvili era il padrino di Mosca. Non il più potente, non il più criminale, né il più spietato. Ma il più autorevole, il più «padrino». Aveva solo 47 anni, ad aprile, quando l'hanno ammazzato; ma solide radici sovietiche, suo padre guidava i treni verso il fronte durante la guerra e s'era portato a casa una medaglia. Forse era stato anche comunista, di sicuro aveva un'idea della solidarietà che sconfinava nella prodigalità: aiutava i veterani dello sport, i bambini soli, i vecchi abbandonati. Proprio come Robin Hood prendeva ai ricchi e dava ai poveri. Conosceva e frequentava i potenti, ma aveva conservato l'abitudine di farsi la sauna ogni martedì ai popolari bagni della Krasnajapresnaja radunando la sua piccola corte in un appuntamento che sapeva di rito. Lì fuori, ancora sudato di vapori, l'hanno ammazzato: tre fucilate da un cecchino col polso d'acciaio. Naturalmente nessuno sa spiegare chi ha ucciso Otari. Forse la squadra della morte organizzata dalla milizia per regolare i conti che non sa fare altrimenti; forse un rivale. Ma la sua I morte ha segnato la fine di un'e- poca. Per poco romantica che fosse, la vecchia mafia ha perso colpi e terreno. Adesso, ci ha detto uno che la sa lunga come il ceccno Aslambek Aslakhamov (ex presidente della commissione antimafia del Soviet Supremo), vincono i «congelati», quelli che «hanno imparato tutto dalla televisione: uccidono come in un film, hanno in casa la cassetta della Piovra e del Padrino come cult-movie». Martedì 13 settembre, alle 19,05, sulla Tverskaja- Jamskaja, in pieno centro, è esplosa una Mercedes 600. C'erano tre persone a bordo. Due di loro hanno fatto in tempo a scendere; del terzo sono rimasti brandelli carbonizzati e una pozza di sangue scuro. S'è pensato a un'autobomba contro il premier Cernomyrdin, che doveva passare di lì. Poi alla Kom- somolskaja Pravda è arrivata una telefonata anonima che spifferava l'identità del morto, Serghei Timofeev, detto Silvester, o Seriozha, boss della mafia di Solnzevo. Aveva 39 anni ed era uno dei nuovi squali, forse il numero uno, morto Kvantrishvili. E non per caso era tra i sospettati della morte di Otari. Silvester era il rovescio di Robin Hood: niente beneficenza, poche comparse pubbliche, nessuna sauna ai bagni proletari. Era stato ammesso nel circolo dei «ladri in legge», quella confraternita di boss nata durante il regime sovietico e che sopravvive come élite della «Cosa Nostra» russa. Era conosciuto come il più duro e spietato della capitale: alla fine degli Anni 80 i suoi gruppi di picchiatori di Solnzevo e Orekhovo erano i più temuti di Mosca. Silvester era un vero bespredel, uno senza rispetto e senza complessi. Ha fiutato il vento del capitalismo e da due anni a questa parte aveva cambiato look: sembrava un finanziere, aveva il controllo di un quarto delle banche d'affari di Mosca. Secondo alcuni giornali russi aveva ottenuto la cittadinanza israeliana e risiedeva ormai più a Vienna che a Mosca. Venerdì 16 settembre, nella chiesa di Peredelkino, il sobborgo di Mosca dove c'erano le dacie dei grandi scrittori, dove scrisse e morì Pasternak, si sono svolti i funerali di Silvester. Dalla chiesetta esce ogni mattina il patriarca Aleksi II, atteso da una Zil blindata. Il catafalco del boss era scortato da una ventina di giovanotti vestiti di nero e con la nuca rapata. Tutti, senza ostentarlo (ma facendo ben attenzione a che si vedesse) avevano il kalashnikov sotto il braccio. Un corteo di trecento auto (in maggioranza Mercedes e Bmw) hanno seguito la bara fino al cimitero di Novokovanskoe. E' morto davvero, Silvester? Il boss - anche lui - amava i film e si dice che gli piacesse tanto «C'era una volta in America» dove il gangster Maximillian riesce a scomparire facendosi credere morto carbonizzato. A Mosca sono in tanti a pensare che abbia fatto la stessa cosa. I leader criminali russi hanno cambiato pelle, cultura, abitudini. Un poliziotto ci ha fatto vedere una foto scattata nel 1980 al ladro in legge Ustimovskij: ha il corpo tatuato dalla testa ai piedi e lo sguardo da lupo. Poi ci ha fatto vedere una foto di qualche mese fa di un altro «ladro», Ziriulja: ha un abito bianco, la cravatta a farfalla, un sorriso da businessman. I nuovi boss vivono nelle sale dei grandi alberghi, lo Slavianskaja, il Metropol, che sono tutti anche dei business-center. Hanno uffici, telefonini, segretarie. Non è nemmeno difficile riconoscerli perché ovunque vadano, anche quando si spostano a piedi all'interno degli hotel, hanno sempre almeno un paio di guardie del corpo che gli stanno attaccate. Del nuovo «numero uno» non si pronuncia nemmeno il nome: si usa dire ^autorità» e tanto basta. Ha una trentina d'anni, parla francese, inglese e un po' di italiano ed è figlio d'arte. Ha una casa miliardaria sulla Costa Azzurra. E' l'evoluzione della specie, figura mista tra boss e imprenditore. Alla vecchia mafia restano ritagli di potere, l'antica pratica del racket, desueti riti da padrino come quello di Egor, boss del gruppo di Izmailovo, che quasi tutte le sere, dopo mezzanotte, compare con i suoi ragazzi al caffè Dubrovnik, sul kal'zò. Gioca a scacchi, benedice i clienti, fa da paciere nelle ultime liti. Ma sono sopravvivenze. Anche un duro come Silvester ha dovuto fingere di morire, per resistere. E sulla sua tomba, a differenza che su quella di Otari, nessuno posa nostalgici cioccolatini. Cesare Martinetti Maxiretate a ripetizione ma in un anno gli omicidi sono cresciuti dell'84% Costanti rapporti d'affari fra delinquenti di strada e criminali dell'alta finanza In sessantamila si guadagnano da vivere facendo i «gorilla» Forze speciali russe e un'immagine di Mosca Nelle foto piccole «La Piovra» e «Il Padrino»

Persone citate: Cernomyrdin, Cesare Martinetti, Kvantrishvili, Otari Kvantrishvili, Pasternak, Robin Hood, Serghei Timofeev, Vladimir Visotskij

Luoghi citati: Mosca, Vienna