Una Piovra con 4 mila braccia

WM Decine di migliaia di gangster col kalashnikov pattugliano il Paese Decine di migliaia di gangster col kalashnikov pattugliano il Paese Una Piovra con 4 mila braccia Come le mafie si spartiscono le Russie MOSCA fflpl L decreto di Elisiti sulla giÉÉ lotta contro il banditismo f||||§ risale al 14 giugno scorso, filli Le strade della capitale si sono affollate di posti di ||||pi blocco notturni, pattuglie, I ' controlli. Chi viaggia dopo §§§1 la mezzanotte deve preveiàs^ dere che sarà fermato almeno una volta. Se i chilometri sono molti, specie nelle vicinanze del grande anello autostradale, evitare il bastone luminoso del poliziotto è impresa che riesce solo ai gangster. Quasi ogni giorno i bollettini di guerra della polizia sono entusiasmanti: arrestati X banditi, sgominate Y bande criminali, sequestrate Z armi. A che punto è la situazione? Più o meno allo stesso punto in cui era prima. La curva esponenziale di crescita del crimine organizzato, nella sola Mosca, indica un incremento dell'84% dei delitti dall'inizio dell'anno. La città, esattamente come un anno fa, continua a essere come una torta divisa in 12 grandi fette (una per ogni mafia importante) e in 30 fettine minori (per i gruppi secondari). Ciascuna delle grandi fette dispone di un piccolo esercito di 200-300 armati. Ma la cifra è pallida. E gl'intrecci sono molteplici. Al primo aprile di quest'anno in tutta la Russia risultavano registrate ufficialmente 6605 società di vigilanza e difesa personale. Almeno 26.000 imprese private possono esporre la licenza per attività investigative. Solo nella capitale l'esercito delle guardie del corpo raggiunge la sbalorditiva cifra di 60.000 unità. Cifre ufficiali. Ma sono quelle che toccano la gente più da vicino. E' quello che l'uomo della strada vede e sente sulla propria pelle. E' il livello medio e inferiore, per distinguerlo dalla criminalità che Solzenicyn ha definito «con la C maiuscola». Alziamo allora lo sguardo all'intera Russia e nuotiamo nel mare magnum dei dati, sempre ufficiali. Sappiamo che sono poco attendibili, ma è meglio lasciare da parte il sensazionalismo dei giornali. Ce n'è comunque quanto basta: 4300 orga- nizzazioni criminali identificate e censite, di cui circa 600 su base etnica. E qui l'esercito degli «addetti» supera le 40.000 unità. Armate fino ai denti, s'intende. La lotta contro il fenomeno è debole. In compenso infuria la disputa sul termine «organizzazione criminale». Una definizione precisa non c'è, anche se il ministro degl'Interni, Viktor Erin, afferma risolutamente che non si può parlare di mafia. Del resto non basta dire che si tratta di gente che commette in gruppo delitti di vario genere, perché si finireb¬ be per confondere una banda di teppisti che svaligiano appartamenti o rapinano i passanti, o rubano auto, con le gang che controllano banche, assessorati, borse-mercati, contrabbando di droga. Non resta che una descrizione fenomenologica. E allora si comincia a capirci qualcosa. Esisterebbero ormai 150 grandi «concentrazioni criminali», ciascuna dotata di un proprio stato maggiore unificato, una sorta di cupola. Sotto questi cartelli del crimine - dicono gli esperti - ci sareb¬ bero circa 270 gruppi che controllano più regioni e circa 170 con solidi collegamenti internazionali. S'intende con le ex repubbliche dell'Urss, ma anche con i Paesi occidentali. Ma è una fase del tutto transitoria. Quasi tutti gli analisti del crimine, inclusi quelli della polizia, ritengono che siano in pieno sviluppo processi di concentrazione. Insomma ci sono troppi galli nel pollaio. La concentrazione è evidentemente vantaggiosa: permette una divisione del lavoro tra capi veri e propri, organizzatori, esecutori, corrieri, spie, sorveglianti, ricettatori, riciclatori, impiegati nelle istituzioni, poliziotti al servizio, correntisti bancari ecc. Chi si unisce non solo dispone di armi migliori, automobili, attrezzature sofisticate di sorveglianza e intercettazione, ma ottiene più facilmente protezione da eventuali intromissioni della legge dello Stato. Solo i cartelli possono accedere a grandi progetti come quello di sottomettere un'intera azienda, ottenere una grossa privatizzazione per pochi milioni di rubli, controllare le aste di un'intera re¬ gione. Non sarà mafia, ma le assomiglia molto. Ed è già arrivata a piazzarsi in alto. Le Izvestija (21 ottobre) raccontano la storia - con nomi e cognomi - di Igor Nekliudov, giovanotto di Khabarovsk, estremo Oriente russo, formalmente «uomo d'affari» e proprietario dell'impresa «Dalreo». Si dice che quando il premier Cernomyrdin e le alte personalità dello Stato si recano nella zona, immancabilmente soggiornano nella sua villa, con immenso parco annesso. Cosa ragionevole, del resto, visto che le proprietà del signor Nekliudov sono permanentemente protette dalla polizia e dagli agenti del controspionaggio. Tutto sarebbe normale se non fosse che la misteriosa «Dalreo», sigla incomprensibile ai comuni mortali, altri non è che la nuova edizione della «Dalvo». E qui si decifra bene. La siglia vuol dire «Distretto militare dell'estremo Oriente». Era un anno fa e le forze armate vennero autorizzate a fare «business». Detto fatto: le proprietà della «Dalvo» furono vendute per quattro soldi al signor Nekliudov, che ora è l'uomo più potente dell'intera regione. Uno che - scrive l'autorevole giornale - «può aprire con un calcio qualunque ufficio governativo». Tutti i tentativi di indagare su di lui sono finiti nel nulla. Le Izvestija affermano di avere documenti schiaccianti, bastevoli per definirlo mafioso, ma non si muove foglia. E dov'è il confine, in Russia, tra mafioso e imprenditore? Un tempo, quando c'erano i comunisti, a tirare le fila delle mafie erano i cosiddetti «ladri in legge», le autorità della zona grigia che stava tra la criminalità vera e propria e l'economia sommersa del socialismo. Padrini, diremmo noi. Ma adesso tutto sta cambiando. E come il banchiere produce il bandito e viceversa, si può tranquillamente dire che il commerciante produce il bandito. E viceversa. Le statistiche del ministero degl'Interni non lasciano dubbi al riguardo: una gang criminale su tre è organizzata, diretta, guidata da uomini d'affari, commercianti, presidenti di società per azioni. E' nato prima l'uovo o la gallina? Chi ha messo i capitali iniziali? Il commerciante, poi trasformatosi in bandito, date le circostanze, oppure il bandito che, date le circostanze, ha ritenuto di avviare una «onesta» attività commerciale? In fondo non fa differenza, perché da tempo la distinzione si è azzerata e nessuno prova più ad avviare alcunché. Il monopolio ce l'hanno i banditi. E si vede. Giuliette Chiesa Con mitra e bombe è già iniziata la spietata guerra di selezione fra 150 «cupole» Leggi anticrimine draconiane e posti di blocco a ogni angolo non riescono a scalfire lo strapotere delle gang WM

Persone citate: Cernomyrdin, Giuliette Chiesa, Igor Nekliudov, Padrini, Solzenicyn, Viktor Erin

Luoghi citati: Mosca, Russia, Urss