Commissari tregua dopo la rissa

Nonostante gli scontri Previti-D'Alema e Maroni-Bossi, la maggioranza tiene Nonostante gli scontri Previti-D'Alema e Maroni-Bossi, la maggioranza tiene Commissari, tregua dopo la rissa Pannello,: Italia mai così libera ROMA DALLA REDAZIONE Convinto com'è che Cesare Previti sia il «burattinierc» di tutte le manovre anti-pds, Massimo D'Alema rifila un nuovo attacco personale al ministro della Difesa: «Il governo è un patto tra destra di matrice neofascista, finanza e apparati che non riesco a chiamare in altro modo che piduista: Previti era amico di Gelli». E D'Alema butta lì una frase sibillina: «Sono pronto a ricercare tutte le alleanze possibili per cacciare questo pericoloso gruppo di potere». Previti, l'awocato-ministro, gli risponde per le rime: «D'Alema criminalizza un incontro di natura professionale (con Golii, ndr.), probabilmente purché in vita sua non ha mai fatto altro lavoro che quello di funzionario, prima di assurgere al ruolo di gerarchetto di Botteghe Oscure». Eppure, anche se ieri i capi della maggioranza sono stati costretti a rintuzzare la polemica «piduista» (Fini: «Mi auguro che D'Alema si occupi di politica e non di insulti»), in realtà l'ennesima settimana di passione ha fatto bene al governo. Lo suggeriscono tanti sintomi, a partire dalla nitida dichiarazione di Roberto Maroni, che dopo tante sfuggenti perifrasi sui suoi rapporti con Bossi, in un'intervista alla Voce ha annunciato che lui ad uscire dal governo non ci sta e che di Bossi non condivide il progetto di fare un nuovo governo. E il ministro dell'Interno, ormai capo dell'anima moderata della Lega, dice chiaro e tondo che lavorare per un nuovo governo signicherebbe soltanto far fuori Berlusconi, «particolare» che al ministro «interessa poco», perché a lui interessa il federalismo. Che sarà pure la parola magica di tutti i leghisti, ma stavolta serve a Maroni per prendere pubblicamente le distanze dal suo amico Umberto. E così, sull'abbrivio della conclusione della vicenda-Ue, i leader della maggioranza cercano di rinunciare ai soliti personalismi. E allora, ecco Giuliano Ferrara («sponsor» di Napolitano e dell'apertura al pds) inneggiare ai commissari scelti da Berlusconi («Monti e Bonino due splendide nomine») e soprattutto attaccare Massimo D'Alema: «Non credevo che tra i settori più scalmanati dell'opposizione si annidasse il segretario del pds, che dà degli impotenti e degli imbroglioni a chi fa tentativi di apertura». E se Ferrara sostiene che «la crisi di governo non c'è e non c'è mai stata», Marco Pannella va oltre e all'assemblea dei suoi club si lancia in una frase impegnativa: «L'Italia non è mai sta- ta così libera, mai il potere istituzionale di governo è stato tanto isolato e ha avuto contro, come ora, il terzo, il quarto, il quinto potere...». Ma col suo temperamento anti-conformista, eternamente inquieto, Pannella non si è mostrato appagato del successo ottenuto con la nomina di Emma Bonino nella commissione europea. E così, dopo aver disegnato nuovi scenari organizzativi, rilanciando la costituente del Partito riformatore «partito a termine» con Forza Italia primo interlocutore, il leader radiciale ha anche riproposto uno dei progetti che gli sono più cari in questi mesi: quello di un Berlusconi-bis. Anche se ha rivelato ai suoi che due giorni fa, parlando con Berlusconi, gli ha detto: «Dopo gli Esteri che non ho avuto, posso soltanto prendere il tuo posto...». Ed è sintomatico circa la salute della maggioranza che, a 24 ore dalla conclusione della vicenda-Ue, gli unici a brontolare sono i partner minori della coalizione: gli ex democristiani del Ccd e il liberale Raffaele Costa. Per Casini «il modo in cui la discussione si è fatta strada, è stato molto negativo. Se adesso il presidente del Consiglio deve guardarsi anche da Giuliano Ferrara siamo davvero al colmo». Per Costa invece resta irrisolto il problema della conflittualità tra Lega e Forza Italia. E così, anche se la settimana si è chiusa bene per la maggioranza, i focolai di crisi restano sempre accesi ed è per questo che il capo di Alleanza nazionale Gianfranco Fini ha espresso ieri un concetto che va ripetendo da settimane: «Le elezioni politiche non le voglio, ma non le temo». Fini: «Le elezioni politiche non le voglio, ma non le temo» Foto di gruppo per i neo-commissari all'Unione europea. Sopra: la radicale Emma Bonino

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