«Il grande suicidio remake del massacro dei Templari» di Luigi Grassia
Da un superstite l'ultima verità sulla strage del Tempio del Sole SVIZZERA Da un superstite l'ultima verità sulla strage del Tempio del Sole «Il grande suicidio, remake del massacro dei Templari» Adesso sembra tutto chiaro. In Svizzera e nel mondo si è indagato per un mese, sul massacro sono state fatte le ipotesi più varie, ma alla fine si è rivelata giusta la prima ipotesi: la strage e le fiamme che hanno cancellato la setta del Tempio del Sole è stata proprio un suicidio collettivo. Per alcuni (per molti) dei morti il suicidio è stalo «assistito». Ma il quadro d'insieme tracciato dagli investigatori è quello di una mini-Apocalisse voluta e pianificata dai capi della setta, con un numero di vittime scelto appositamente per rimandare a un'altra, remota tragedia: l'esecuzione in massa, sul rogo, dei cavalieri Templari il 10 maggio del 1310. L'aritmetica e l'umano istinto di sopravvivenza hanno impedito una perfetta corrispondenza: 54 furono le vittime di allora, 54 avrebbero dovuto essere quelli; del 5 ottobre. Ma uno degli adepti si è messo paura, la determinazione a morire è venuta meno e all'ultimo momento si è sottratto al destino toccato agli altri 53 compagni. E' stato lui a raccontare alla polizia retroscena e dettagli. Thierry Huguenin, questo il nome del sopravvissuto, si trova ora in località segreta protetto dagli agenti; si teme infati che qualche «templare» fanatico voglia completare l'opera eliminando il traditore. In quello che ha riferito non mancano lacune e contraddizioni ma l'insieme è coerente. Un punto è fermissimo: benché gli adepti fossero più di 54, il santone Lue Jouret e il suo consulente finanziario Joseph Di Mambro (di cui Huguenin era stretto collaboratore) avevano deciso di fare proprio quel numero di vittime, inclusi se stessi, per replicare l'eccidio del '300. Allora i Templari furono vittime della sospetto e della gelosia di Filippo il Rollo, un re di Francia che temeva la setta semisegreta vedendo in essa un potenziale contropotere, e che in ogni caso aveva interesse a incamerarne le ricche proprietà eliminando i capi dell'Ordine. Anche nella tragedia dei nuovi «templari» potere e denaro hanno avuto un ruolo di primo piano. Huguenin descrive l'atmosfera di paranoia che si respirava all'interno del gruppo, con i vertici ormai ossessionati dal timore (non infondato) di complotti; e soprattutto testimonia delle preoccupazioni finanziarie di Jouret e Di Mambro di fronte a un'incipiente rivolta della «base»: in un folto grappo di seguaci la fede cominciava a vacillare, e parecchi volevano andarsene portandosi via i soldi versati nella cassa comune. Inaudito e irrealizzabile, perché quasi tutto il malloppo era impegnato qua e là nel mondo in operazioni finanziarie per lo più losche e non facilmente liquidabili. La testimonianza di Huguenin è corroborata da un documento scritto. Un ciclostile di venti pagine, tirato in 300 copie qualche giorno prima della tragedia dai dirigenti della setta non si sa a beneficio di chi (i superstiti noti del gruppo, non inclusi fra i 54 «eletti» al sacrificio, sono pochissimi), descrive in dettaglio il sistema usato per trasformare in bombe i due chalet svizzeri, e minaccia oscuramente la morte a non meglio specificati traditori. Gli investigatori rilevano che l'impianto, come era fatto, deve aver riempito gli ambienti di gas prima che i «templari» tornassero alle villette dall'ultima cena che avevano tenuto al ristorante. Tutti, anche i 23 uccisi con un proiettile alla nuca, dovevano più o meno sapere quel che stava per succedere. Tutto chiaro allora? La verità ha sempre molte facce e ieri il giudice istruttore del caso, JeanPascal Jaquement, ha dichiarato a «Liberation» allargando le braccia: «Quello che è successo realmente non lo sapremo mai». Luigi Grassia Un cavaliere templare
Persone citate: Di Mambro, Huguenin, Joseph Di Mambro, Jouret, Thierry Huguenin
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