l'anatema del profeta Solzenicyn

«Non c'è democrazia, ma un'oligarchia di ladri, usciamo dal comunismo nel modo peggiore» «Non c'è democrazia, ma un'oligarchia di ladri, usciamo dal comunismo nel modo peggiore» 1/anatema del profeta Solzenicyn In Parlamento attacca la nuova Russia MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Una requisitoria, dura, implacabile, che non ha salvato nessuno. Aleksandr Solzenicyn ha parlato davanti alla Duma, la Camera bassa del Parlamento russo, scagliando i suoi anatemi contro le riforme economiche di EltsinGaidar, che «affamano e umiliano il popolo», esaltando la grandezza (perduta) della Russia, denunciando r«irresponsabilità» e la «follia nazionale» con cui «da un giorno all'altro 25 milioni di russi sono stati abbandonati fuori dalle frontiere». Austero nella sua divisa quasi militare, la «tolstovka» che lo faceva somigliare agli eroi dei film rivoluzionari degli anni della guerra civile, il premio Nobel per la letteratura ha rovesciato - su una platea cangiante, che applaudiva a settori, a seconda degli argomenti toccati, e che restava in silenzio ad ascoltare i passaggi più ostici - una valanga di rimproveri sull'intera élite politica del Paese. Per i primi venti minuti ha parlato a braccio, eretto e icastico, senza la minima pausa. Solo più avanti ha aperto la cartellina di appunti, ma solo per gettarvi occhiate fuggevoli, lo sguardo fisso su quei dopatati che non ama, ma che sono per lui «la quinta Duma della storia di Russia». E li ha invitati a non ripetere gli errori delle prime quattro, che condussero la Russia alla Rivoluzione d'Ottobre. Sbagliarono, allora, ma Solzenicyn spara la prima bordata: ((Almeno nessuno di quei ministri fu un ladro». E sale il primo applauso perché tutti capiscono che egli vuol dire che adesso, lassù, i ladri sono tanti. Al vertice e dovunque. «Nel Paese dilaga una criminalità con la C maiuscola. Ma avete visto in questi tre anni un solo processo? Una sola condanna contro i corrotti? Avete sentito di processi pubblici e di dure sanzioni?». «Non c'è democrazia in Russia, oggi, c'è un'oligarchia di potenti che ha perduto i legami con i sentimenti del Paese». La gente, «in basso, è rimasta tagliata fuori, tutto ciò che accade le passa sopra la testa». E al popolo «non restano che povere scelte: o sopravvivere miseramente e supinamente, oppure frodare lo Stato e frodare il proprio vicino». La l'accia di Egor Gaidar, il padre della liberalizzazione dei prezzi, è tesa in una smorfia pallida e sarcasti- ca. Solzenicyn non lo nomina ma ora tocca a lui. «La catastrofe nazionale - esclama Solzenicyn non si è verificata il martedì nero dell' 11 ottobre, ma quando il rublo è diventato equivalente a un centesimo», cioè appunto con l'inizio della riforma Eltsin-Gaidar, quando «lo Stato ha rapinato» milioni di cittadini. Riforma? Non c'è stata alcuna riforma. La direzione del Paese «o non ha alcun piano. E allora si tratta di avventurieri. Oppure lo ha, ma lo nasconde al Paese». Un Paese che è colpito dalla «catastrofe» e dalle «piaghe», dove la produzione industriale, l'inestimabile potenziale intellettuale precipitano assieme al «dilagare della valuta straniera». Nemmeno una parola di apprezzamento per il presidente Eltsin, che Solzenicyn applaudì nell'ottobre 1993 quando il Soviet Supremo venne bombardato dai carri armati. Troppa acqua è passata sotto i ponti. Il bilancio delle «realizzazioni» di questo potere non piace affatto all'autore di ((Arcipelago Gulag». La privatizzazione coi famosi «voucher» non ha dato al cittadino della strada «un bel niente». E - rivolto ai deputati state attenti alla legge che dovete approvare sulla privatizzazione della terra, perché «vendere all'asta la terra ai nuovi ricchi dell'ultim'ora significa vendere la Russia». Allora, se ciò avvenisse, «la maggioranza dei cittadini si trasformerebbe in braccianti, e per i braccianti non c'è democrazia». Anche la dissoluzione dell'Urss, così come avvenne, fu un «imperdonabile errore». Si doveva tenere il Kazakhstan, non rinunciare a Ucraina e Bielorussia, ma «abbandonare l'Asia centrale e tutto il Caucaso». Non si doveva erede- re a Kravciuk, l'estromesso Presidente ucraino, non si doveva fare affidamento su una «evanescente» Comunità di Stati Indipendenti. Ora è il momento - dice ancora Solzenicyn - di ricostituire i legami, di rispondere positivamente agli appelli del presidente kazako Nazarbaev per più intensi rapporti economici e politici. Insomma ricostituire uno Stato slavo («anche perché il Kazakhstan è russo al 60%») e lasciare al loro destino «islamico» le altre Repubbliche. In ogni caso Solzenicyn non ha dubbi: «Stiamo uscendo dal comunismo nel modo peggiore e più disastroso». Speranze? Poche. L'unica che Solzenicyn propone è la democrazia «dal basso», la rinascita degli «zemstvo», le comunità locali che salvarono la Russia al tempo dei «torbidi», e che oggi, uniche, possono ridare forma di Stato a un Paese alla deriva. Perché il mercato «non rimetterà da solo le cose a posto. Il mercato non crea lo Stato e non produce valori morali». La platea applaude. E' il primo e unico discorso senza diplomazia, senza intrighi, che ascolta da quando esiste. Ma tutti capiscono che forse è tardi per un programma come questo. E, anche se non fosse tardi, sarebbe pericoloso. In ogni caso non c'è nessuno che lo possa realizzare. Giuliette» Chiesa ffll sistema attuale in Russia non è I II democrazia ma oligarchia. Alle masse popolari non resta che trascinare stancamente una vita povera e sacrificata o ingannare lo Stato e il prossimo f f Stiamo uscendo dal comunismo nel Lì m modo peggiore. Al loro posto sono rimasti gli esponenti della nomenklatura mascherati da democratici. E nessuno li potrà rimuovere per i prossimi dieci-vent 'anni ; 1 Solzenicyn durante il suo appassionato intervento alla Duma in cui ha messo sotto accusa tutta la classe politica russa A destra il premio Nobel insieme al figlio Yermolai |F0TO AFPJ