«Vogliono delegittimare Mani Pulite »
Il pm: sono amareggiato. Per il processo sulle discariche chiesti 5 mesi per Berlusconi jr. Il pm: sono amareggiato. Per il processo sulle discariche chiesti 5 mesi per Berlusconi jr. «Vogliono delegittimare Mani Pulite » Di Pietro: dal carcere minacce e veleni MILANO. Gli ispettori ministeriali che rivoltano come un guanto tre anni di inchiesta alla ricerca di ogni possibile pecca; le denunce, gli attacchi politici continui. E adesso, anche, schizzi di fango che arrivano da detenuti di malavita, forse manovrati da qualcuno che il pool milanese vuol proprio si fermi, in un panorama inquietante di minacce e insinuazioni... Tutto questo, insomma, e in più la consegna del silenzio. Antonio Di Pietro non ne poteva proprio più e, ieri, l'ha fatto chiaramente capire. L'occasione è la requisitoria al «processo discariche»: processo di portata locale (tangenti pagate ad amministratori lombardi), con un unico nome di spicco tra gli imputati, Paolo Berlusconi. Ma Di Pietro - un Di Pietro amareggiato, ancorché combattivo - vuol togliersi prima di tutto quel magone che da giorni lo perseguita. Eccolo qui che estema, allora. Primo punto, la presunta «lentezza» del pool: «Mi scuso se non ho partecipato a tutte le udienze, ma questa non è il primo processo e non sarà l'ultimo. Sto preparando altre requisitorie, e questo per rispondere a chi dice che non si vogliono fare i processi». Secondo punto: l'ispezione. «Qui nel processo c'è il caso di Nicola di Luccio (imputato alle discariche e indagato anche nelle tangenti sulla moda, ndr) su cui è in corso un'ispezione ministeriale. Io provo un profondo imbarazzo: devo prendere una posizione mentre sono a mia volta sotto valutazione dagli ispettori...Parlerò con serenità, nonostante gli attacchi esterni al pool». Terzo punto: gli attacchi esterni. «Non mi riferisco al fronte bresciano (la sua iscrizione sul registro degli indagati, dopo la denuncia di Cusani, ndr), né al ministro, né ad alcuni difensori che gli atti, da qualche tempo, non li depositano da noi per portarli in edicola...Ma certi tentativi di delegittimazione che provengono dalle carceri, certe insinuazioni sono più pericolose di quelle minacce che in questi due o tre anni hanno tanto preoccupato le nostre famiglie». E' questo il punto più inquietante: a cosa si riferisce Di Pietro? Cosa vuol dire «dalle carceri»? In prigione c'è il generale della Finanza Cerciello che, assieme al suo legale Carlo Taormina, ha avviato un esposto e lancia accuse di fuoco contro il pool. Detenuto è anche un altro finanziere, quel Lattanzi che ha accusato la procura di aver bloccato le indagini sul pci-pds. E anche su questa questione Di Pietro si leva un macigno dallo stomaco. «Noi non abbiamo guardato in faccia a nessuno dice infatti - abbiamo indagato su de, psi, ma anche sul pei e anche uno del msi abbiamo incriminato». Resta la questione: è al carcere militare di Peschiera del Garda che Di Pietro si riferiva? Par di no. Vien fuori un'altra storia, un tentativo di schizzar fango sul pool milanese, su Di Pietro in particolare. Ed è la storia di un detenuto (truffa e simili) che si sente proporre da altri carcerati (sottobosco della malavita) di accusare Di Pietro per aver proso soldi da alcuni personaggi della «mala». Il detenuto, che pur non è uno stinco di santo, si spaventa e chiama il suo avvocato: «Cosa devo fare?». E il legale, che non confonde il suo mestiere con l'organizzatore di calunnie, avverte la procura. Una storia che potrebbe portare a far spallucce, per l'inconsistenza dell'accusa, ma che in questo clima suona come un ulteriore campanello d'allarme e pone un interrogativo: chi ha organizzato il tutto? Non certo quei malavitosi di mezza tacca che han proposto al compagno di cella di accusare Di Pietro? E allora? E qual era lo scopo? Di questo si dev'essere parlato in quella riunione fiume che nel pomeriggio, dopo il procosso, ha tenuto impegnati il procuratore capo Borrelli, il suo vice D'Ambrosio e l'intero pool. Di questo, ma non solo: tre ore a discutere, assistenti su e giù negli uffici; scambi di fogli. State preparando qualcosa? «Non ve lo possiamo certo dire», risponde Borrelli con un sorriso. 0 meglio, un mezzo sorriso: perché il clima è proprio pesante. Mentre il pool era riunito, in¬ fatti, il ministro Alfredo Biondi non perdeva occasione per rintuzzare le parole di Di Pietro: «Nessuno è autorizzato a pensare che i fini del lavoro dell'ispettorato possano essere diversi da quelli stabiliti dalla legge: certe insinuazioni costituiscono accuse gravissime. Da parte del ministro e dei suoi collaboratori nessuna intimidazione è in atto nei confronti di nessuno; ma anche il ministro non può accettare né intimidazioni, né interferenze». «Nessuna intimidazione», ma intanto l'avvocato Gaetano Pecorella, neo presidente delle camere penali davanti agli ispettori tira fuori gli artigli; accu¬ sando il pool di infinite scorrettezze. E spiega che gli ispettori nenche han voluto sentire gli episodi denunciati da alcuni legali proprio perché non riguardavano «Mani pulite»: solo il pool è l'obbiettivo. E si chiarisce adesso che «l'appello» di Spazzali ai colleghi era stato Pecorella a inviarlo, sollecitato, a quanto pare, dagli stessi ispettori. Anche in questo clima il lavoro va avanti: Di Pietro si sfoga, ma poi analizza punto per punto le accuse; chiede la condanna per 27 imputati, per Paolo Berlusconi 5 mesi. Susanna Marzolla L'AMAREZZA DEL PM «C'è un'ispezione ministeriale in cono ed io provo imbarazzo. Devo prendere posizione mentre sono a mici volta sotto valutazione degli ispettori. Parlerò con serenila comunque, nonostante gli attacchi esterni al pool. Non mi riferisco al fronte bresciano [denunce di Cimili), né al ministro, né ad alcuni difensori, che gli atti da un po ' di tempo non li depositano da noi, per portarli in edicola-. «Certi tentativi di delegittimazione che provengono dalle carceri, certe insinuazioni, sono più pericolosi di quelle minacce che in questi due o tre anni hanno preoccupato le nostre famiglie». «Pino a pochi gioivi fa scoprivamo dieci fatti di reato al giorno, 200 pagine di verbale. L'altro ieri ho incontrato il collega Greco, che mi ha chiesto come mai non gli mando più verbali. Perché non ne arrivano più, gli ho risposto". «Ci accusano di indagare solo in alcune direzioni. Ma noi possiamo agire dove abbiamo competenza territoriale. A Milano comunque ce ne è stata per tulli: dalla de al pei Abbiamo perfino incriminalo uno del msi. Insomma, non c'è una via milanese alle tangenti, c'è una via milanese alle indagini e forse di questo dovremo rispondere». Paolo Berlusconi Foto grande a sinistra: Antonio Di Pietro
Luoghi citati: Milano, Peschiera Del Garda
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