«Se Dio mi fa grazia vò al santuario» di Vincenzo Tessandori

Firenze, all'imputato non è piaciuto esser dipinto nell'arringa come ubriacone e poveraccio Firenze, all'imputato non è piaciuto esser dipinto nell'arringa come ubriacone e poveraccio «Se Pio mi fa grazia, vò al santuario» Paccianipromette e s'arrabbia con i suoi difensori FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Non ci sta e mugugna. «Disgraziato, ubriacone, poveraccio...»: proprio non piace al Pietro Pacciani quel rosario sgranato sia pure a fin di bene dal suo difensore Rosario Bevacqua. Son giorni brutti per il Pietro e notti anche più infernali. «L'arringa fatta dal pubblico ministero aveva distrutto tutto», spiega don Danilo Cubattoli, che ha 72 anni ed è il cappellano del carcere di Sollicciano dal 1956. Lui il Pacciani lo cura come un fratello e quando il dottor Paolo Canessa riordinò indizi e accuse nella requisitoria, quella requisitoria che, sembra, sia piaciuta tanto ai giudici popolari in gonnella, il Pietro non sapeva più a che santo votarsi. «Era distrutto anche lui. Mi diceva: "Ma l'ha sentito? O come si fa, ora...", e io: "Pietro, è il suo dovere. E poi, tu l'hai fatte quelle cose?". "No che non le ho fatte!". "E allora 'un devi mica aver paura...". Invece di paura ce n'ha e tanta, anche se dopo che han parlato i suoi difensori si è un po' rinfrancato». Rinfrancato, sì, ma proprio non accetta che l'abbiano chiamato ubriacone e tutto il resto. Insomma, ce l'ha anche lui, dice, un po' di dignità e così ieri mattina ha mormorato: «Vorrei parlare un'altra volta: Ma 'un so se me lo permetteranno». E per la verità i difensori Pietro Fioravanti e Bevacqua appaiono decisamente perplessi. «Preferirei tacesse, ma come si fa?...», si chiede impensierito Fioravanti. Perché c'è il rischio che un nuovo intervento del Pietro si trasformi in un autogol del quale, in questo momento più che mai, la difesa non sente il bisogno. Così, mentre Bevacqua pronunciava l'arringa e arrivava alla rispettabile cifra di circa 17 ore parlate, il Pietro si guardava attorno, smaniava e forse pensava a quello che potrà dire prima che la corte, giudici togati, tre donne e tre uomini, entri in camera di consiglio. Perché parlare è un suo sacrosanto diritto e lui non è uno che ami rinunciare a qualcosa, figurarsi a un diritto. Siamo all'epilogo e c'è in¬ certezza su come andrà a finire, forse più ora, dopo 38 udienze, che in apertura di processo. La chat-line che raccoglie pareri e previsioni, funziona a pieno ritmo. Il pm Canessa ha tagliato corto su questo argomento: «Se emergerà qualcosa di rilevante penalmente non mi fermerò davanti a niente». L'avvocato Bevacqua non ha risparmiato colpi, nel lungo tentativo di salvataggio, e talvolta ha deciso di passar sopra il buongusto, come quando, parlando delle ragazze Pacciani, ha detto: «Si è fatto dir loro, che certamente sono labili di mente, che andavano nei boschi». Poi, rivolto al pm Canessa, seduto a un tavolo alla sua destra: «Questi son colpi da teatro, bravo regista!». Ma Canessa non ha risposto, semplicemente ha preso appunti sul personal computer e reagirà stamani perché, lo sa bene, la replica, come la vendetta, è un piatto da gustare freddo. Aveva reagito, invece, il pm, quando Bevacqua aveva esclamato: «Io stimo il dottor Canessa, ma non posso dire di amarlo». «Lasciamo stare queste cose, c'è già l'avvocato Fioravanti che dice di amare Pacciani!», aveva risposto ironico il pubblico accusatore. «Questo è un processo indiziario ed è un processo fallito», ha concluso Bevacqua. E per il Pietro ha domandato «il proscioglimento con formula ampia e vi invito a dichiarare l'insussistenza delle prove». Poi ha letto la preghiera del giudice di Niccolò Tommaseo: «Fate, o Dio, che fra le contraddizioni e le ire loquaci degli uomini, io possa discernere il vero! / Che nella severità io non passi i limiti della legge; / che neppure i colpevoli siano da me maltrattati più di quel che bisogna a farli migliori!...». Il difensore ha concluso: «Voi rappresentate Dio». Ma stavolta è stato il presidente, Enrico Ognibene, a non gradire: «Con Dio, avvocato, ha più confidenza il Pacciani». Tant'è vero che il Pietro, con un santino tra le mani, annuncia: «Se mi fa la grazia, vò in pellegrinaggio in un santuario». Vincenzo Tessandori

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