Muccioli la verità in una cassetta di Pierangelo SapegnoAlfio Russo

Il nastro potrebbe rivelare l'ordine di uccidere un teste da parte del patron di San Patrignano Il nastro potrebbe rivelare l'ordine di uccidere un teste da parte del patron di San Patrignano Muccioli, la verità in una cassetta Manette all'autista, negò l'esistenza dell'incisione RIMIMI DAL NOSTRO INVIATO La cassetta c'è, esiste. La trovano e arrestano Delogu, che starebbe già collaborando. Spunta come per magìa, o per assurdo, nelle pieghe del processo, fra i testi che sfilano e che nessuno ascolta più, fra le liti pubbliche della difesa e quelle dei giudici. Tutti contro tutti, anche avvocati contro avvocati, magistrati contro magistrati, persino l'avvocato Virga contro Muccioli: «Ma allora difenditi come cazzo vuoi tu!», gli soffia in faccia. E quelli che l'hanno voluta, quella cassetta, e l'hanno trovata, ora sembrano tentennare, chiedono segreti e controlli e non vogliono più renderla pubblica: «Nuocerebbe alle indagini». E quelli che la temevano ora insorgono: «Fatemela sentire», dice Muccioli, la voce che trema, le grandi mani a stringere il microfono, il sudore che imperla la fronte: «Adesso, qui, davanti a tutti, davanti anche a loro, ai giornalisti che mi hanno già condannato. Lo chiedo per il rispetto che devo ai miei ragazzi». La Corte decide che verrà ascoltata in aula il 2 novembre, mercoledì prossimo. Allora sapremo se davvero Vincenzo Muccioli ha ordinato al suo autista di uccidere Franco Grizzardi, il teste fragile che aveva assistito all'omicidio Maranzano. E sapremo anche se la difesa confermerà di rinunciare a tutti i suoi testi, come ha dichiarato ieri l'avvocato Vittorio Virga, «in segno di protesta per quello che è accaduto in quest'aula». Prassi insolita, certo. Anche perché Virga va oltre: «Muccioli è stato messo in croce deliberatamente. Di ciò saranno informati gli organi adatti a valutare se è legittimo questo comportamento». Cioè, Csm, Procura generale, e ministero di Grazia e Giustizia. Attacco frontale, forse un estremo tentativo: quello di spostare in altra sede questo giudizio. Ma questo processo ha perso ormai un filo logico, una ragione che non sia quella di un altro processo, più grande, più importante ancora. Non si indaga più solo su una morte, ma su un enigma, sul mistero senza fine di San Patrignano, comunità amata e tradita dai suoi stessi figli, capace di fagocitare insieme il bene e il male, la salvezza e gli orrori. Adesso, l'aula raccoglie il pubblico attonito degli amici di Sanpa, Vincenzo che confabula (e bisticcia) con il suo avvocato. La cassetta c'è. Chiusa in un plico, assieme a un memoriale. Walter Delogu, l'ex autista di Muccioli che ne aveva negato l'esistenza dopo averne parlato a un bel po' di gente, ora è in carcere. Lo arrestano alle due del pomeriggio, quando si presenta nei corridoi del Tribunale come uno che ci capita per caso: «Avete visto Battaglino?», chiede. Battaglino è il procuratore capo. Han trovato la cassetta, gli dice il cronista. E lui cammina verso i poliziotti: «Non so niente, ho già parlato troppo. Adesso voglio solo parlare con Battaglino». Lo portano su in Procura. E dopo dieci minuti esce dalla stanza ac¬ compagnato da tre agenti. In macchina, di corsa, verso il carcere. La prima risposta, una mezza ammissione: «Ma no, ha detto quelle cose perché l'ho provocato io. Gliele ho fatto dire io». L'interrogatorio continua, e va avanti fino a tarda sera. Mentre, nei corridoi del Palazzo di Giustizia, Franco Grizzardi, il teste che avrebbero voluto eliminare scuote la testa: «Tutte cazzate, ma ti sembro uno psicolabile? Figurati un po' se credo a queste voci. Muccioli mi ha tenuto 7 anni con lui, e ti pare che se avesse dovuto far uccidere qualcuno l'avrebbe fatto proprio con un suo collaboratore?». In aula, il pm Paolo Gengarelli, ha appena dato l'annuncio: «Questa mattina alle 9,30 ha telefonato l'avvocato Rinaldi Vignoli alla Procura di Milano. Ha spedito un fax, e ha detto che poteva mettere la cassetta a loro disposizione». Nel fax la conferma, e una fase in più: «Delogu mi disse di consegnarla a mia moglie nel caso mi fosse successo qualcosa». Il clima è teso, duro. Più brutto ancora che all'inizio. Prima, l'udienza era cominciata con l'attacco della dife- sa: «Questo dibattimento è diventato un grande teatro con un grande palcoscenico. E si è lasciato che Muccioli venisse sbranato di fronte alle telecamere in diretta, senza la possibilità di fermare tutto». Virga legge un titolo di giornale: «Che cosa può provocare questo titolo? Danni materiali, morali, irre-vor-si-bi-li. Muccioli è stato messo in croce in diretta su questo palcoscenico». Allora, aggiunge l'avvocato, «io vi chiedo non soltanto di calare il sipario. Io vi chiedo di chiudere il teatro. In segno di protesta irrevocabile la difesa di Muccioli rinuncia a tutti i suoi testi. E Muccioli non darà consenso a nessun esame, farà dichiarazioni soltanto per rispetto a questo tribunale, per compensare i danni di immagine, per mettere sotto gli occhi di tutti i risultati di San Patrignano». Ad altre sedi, infine, la protesta contro l'accusa. Replica del pm: «Un'aula di giustizia non è il luogo idoneo per avvisare il pm che si iniziano azioni contro di lui. Non ho chiesto la tv, non ho interesse a comparire, ho agito con assoluta trasparenza. Ho sempre sostenuto che San Patrignano ha fatto molti benefici, ma qui dobbiamo valutare certe dichiarazioni e se questo fa saltare il piano della difesa ci dispiace. I colpi di scena li hanno provocati i testi, la proba si forma in dibattimento. Io non voglio vincere. Io voglio la verità». La Corte per ora prende atto. Ma tra i giudici i dissidi cominciano a farsi palesi. Poi, mentre sfilano i testi, sul banco della difesa il parlottìo si fa sempre più animato. L'avvocato Veniero Accreman improvvisamente sparisce. E Virga, a un certo punto, si leva in piedi: «C'è un contrasto con il mio assistito. Io non sono d'accordo, ma Muccioli vuole sentire la cassetta». E allora, Vincenzo prende la parola, nel silenzio dell'aula, nell'incredulità degli spettatori: «Io non voglio entrare in merito al processo. Io non ho solo il processo. Io ho anche 2500 persone che hanno letto tante cose. Io non posso andare a casa, su dalla mia famiglia, quando hanno scritto che io ho ordinato di far uccidere un teste. A loro che dico? Forse è una richiesta anomala, che mi può danneggiare. Con tutto il rispetto, è un'esigenza che nasce dalla necessità di gestire un luogo dove c'è gente che non può vedermi come un killer, un mandante. Ci sarà pure una spiegazione, ci deve essere. Sono ragazzi difficili, i miei. Vorrei che si rendessero conto di questa mia insistenza. E io desidero sentirla qui, di fronte a tutti». E la Corte decide che sì, il 2 novembre ascolterannno la cassetta e interrogheranno l'avvocato Vignoli, Grizzardi e Russo. «Qui, di fronte a tutti», come ha chiesto Muccioli. Pierangelo Sapegno fy. I difensori di Vincenzo dicono: «Per protesta rinunciamo a tutti i nostri testi» A fianco Vincenzo Muccioli Qui sotto Alfio Russo

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