«Virus italiano ma non letale»

«Virus italiano/ ma non letale» «Virus italiano/ ma non letale» «Qui le élites politiche sopravviveranno» IL POLITOLOGO YVES MENY INISTRI in carcere, elettori in rivolta contro le élites, magistrati che sconfinano nello spazio della politica. Camere delegittimate, governo traballante. Quel che accade in Francia pare un film già uscito in prima visione in Italia. «In effetti ci sono grandi analogie tra Mani Pulite e Mains Propres, tra la degenerazione e lo smantellamento per via giudiziaria del sistema politico italiano e di quello francese. Ma ci sono anche differenze profonde». Parla il professor Yves Mény, politologo, autore di importanti saggi sulla corruzione, direttore del centro Robert Schuman dell'Istituto universitario europeo di Firenze. Cominciamo dalle analogie. «In entrambi i Paesi, negli ultimi 15 anni, i partiti e i leader hanno avuto un bisogno crescente di soldi: per pagare la campagna elettorale e la conservazione degli assetti di potere interni. Chi poteva saldare il conto? Certo non i militanti. Restavano le imprese, pubbliche e private». Anche in Francia la corruzione si è diffusa in tutti i livelli della società? «Meno che da voi. Anche grazie al prestigio e alla forza della pubblica amministrazione, che ha un retroterra di etica sociale sconosciuto a quella italiana. Però la nostra tecnocrazia, sotto l'onda del liberismo thatcheriano, si è indebolita. Non nei poteri, ma nei valori. Certo, il sistema non è degenerato come in Italia, dove si paga per accelerare una pratica. I pots-de-vin, le tangenti, si versano per i grandi appalti». Il meccanismo di raccolta delle tangenti funziona allo stesso modo? «No. Perché in Italia i partiti sono, anzi erano, molto forti. Le grandi mazzette entravano direttamente nelle casse delle segreterie nazionali. In Francia i partiti sono molto deboli. Il potere è nella mani dei notabili, e ognuno ha una base locale rapacissima. Il 90% dei deputati è anche sindaco o presidente di regione, e nei suoi territori spadroneggia. Non muove foglia, né bustarella, che Lui non voglia». La magistratura francese non ha una grande tradizione di indipendenza dalla politica. Come ha potuto far vacillare il governo? «Da due secoli il Palazzo ha impedito alle toghe di interferire nella pubblica amministrazione. La Costituzione della Quinta Repubblica non parla neppure di potere, come avrebbe fatto Montesquieu, ma di autorità giudiziaria. Un rapporto gerarchico lega il pm al ministro della Giustizia, che può fermare le inchieste scomode. Al tempo dei socialisti, le indagini sulle tangenti finivano in archivio quando il politico non aveva rubato per sé, ma per il partito». In Italia, però, funzionavano altri meccanismi di controllo politico sulla magistratura: non codificati, ma altrettanto efficaci. «Giusto. Ma negli ultimi due anni nel vostro Paese si è creata un'enterite tra giudici, opinione pubblica e mass media, che ha dato al pool di Milano la forza di bloccare il decreto Biondi e l'ardire di dettare le nuove leggi sulla corruzione. Lo stesso meccanismo si è innescato in Francia: se ora il governo ordinasse l'archiviazione delle indagini su Longuet e Carignon, sarebbe travolto dalla protesta». C'è il rischio che pure i giudici francesi invadano il campo della partita politica? «Per il momento, no. Anche perché, contrariamente al pool di Milano, Van Ruymbeke e gli altri si sono imposti il silenzio. E finora l'hanno rispettato». In Italia la sinistra è accusata di aver creato una rete di finanziamenti attraverso le sue appendici imprenditoriali e i rapporti con l'Est. Droite e Gauche hanno le stesse responsabilità? «Quando fondò il ps, Mitterrand creò anche una struttura di raccolta fondi per le campagne elettorali. L'Eliseo era in mano alla destra, ma la sinistra raccoglieva i franchi negli enti locali dov'era al potere. Poi, nell'81, cominciò la stagione delle vacche grasse. Da voi, grazie al consociativismo, il pei non ha avuto bisogno di vincere le elezioni per partecipare alla festa». Il mese scorso lei ha scritto su Le Monde: «Tangentopoli ha rovesciato la classe politica romana e aperto la strada a nuovi venuti, accomunati solo dalla contestazione della partitocrazia e da rivendicazioni populiste. C'è di che far sognare Le Pen e De Villiers». Finirà così anche a Parigi? «Alle ultime europee un elettore su due ha votato contro il governo, premiando movimenti di protesta. Ma non credo che il sistema sia così decaduto da indurre i francesi a votare un populista. Tra sei mesi ci sono le presidenziali, e avranno un ruolo stabilizzatore. Tapie, Le Pen, De Villiers, potrebbero raccogliere un buon bottino al primo turno, ma non saranno loro a riscrivere dall'Eliseo le coordinate della politica. Mani Pulite favorisce Delors, che manca dalla Francia da 10 anni, rispetto a Balladur, che è appog¬ giato proprio da quel Centro scosso dagli scandali. Delors è senza partito, i socialisti sono dispersi: se vincerà, dovrà rifondare il centro-sinistra, come fece Mitterrand. Prima di essere eletto, però...». Ma qua! è la strada per chiudere le Tangentopoli? «Risolvere i conflitti di potere. Non c'è solo il caso Berlusconi. Dobbiamo spezzare i rapporti incestuosi tra pubblico e privato. E costruire attorno al Palazzo un sistema di contrappesi - non contropoteri - imperniato sulla magistratura e sui media». L'Italia riuscirà a uscirne senza il grande perdono, e a darsi le regole che consentano la transizione verso una politica «normale»? «La vostra rivoluzione è incompiuta. Non capisco perché parliate di Seconda Repubblica: è cambiato il sistema elettorale, ma i meccanismi e le prassi che avevano consentito ai partiti di occupare la società - tv, giornali, Usi - sono ancora perfettamente operanti. Il cambiamento non ha raggiunto le istituzioni. Berlusconi è tentato dal presidenzialismo, ma ora non ha i numeri per le grandi riforme. Se vorrà farle... preparate le urne». Aldo Cazzullo Mi sonpermoPerdecuncenmicocpodeQuesta cassetta è stata «Da noi i giudici acquistano consensi senza invadere il campo politico» «La diga di una burocrazia forte frena il diffondersi della corruzione» INFORMAZIONE PUBBLICI 1 ARIA " Mi chiamo Laura Mengoni, sono un'insegnante e sono perseguitata da due anni in modo assillante e osceno. Per far credere a miei amori depravati con giovani qualcuno ha distribuito per Vicenza una cassetta con la mia voce registrata mentro coccolavo i gatti. Ma manipolata in modo da far credere ben altro. Questa cassetta è stata utilizzata ancora quest'estate al mare a San Benedetto del Tronto. Per avere una possibilità di vita tranquilla ho chiesto il trasferimento a Parma, ma prima ancora che arrivassi, era già stata fatta terra bruciata attorno a me poiché al resto hanno aggiunto un fotomontaggio pornografico con la mia faccia. Perdono pubblicamente chi mi odia tanto, ma voglio nel contempo chiarire che non sono la «professoressa a luci rosse» ma una povera perseguitata che non si rende conto delle ragioni che hanno determinato tutto ciò e che viene sommersa da maree di fango e squallore. Spero che Dio illumini i miei persecutori e faccia loro capire l'inutile crudeltà del loro comportamento. Il politologo Yves Mény