Gauche e Droite insieme nel nome della mazzetta

13 Esplode la Tangentopoli francese e fa vacillare il governo Balladur Gauche e Droite insieme nel nome della manetta MANI PULITE A PARIGI PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Non sono gli autorevoli predecessori che mancano ai corrotti delle Francia Anni 90. Sully, Jacques Coeur, Mazarino, Danton, Fouquet, Talleyrand, fornirono nei secoli ottimi esempi di come politica, affarismo e interesse personale siano conciliabili. Era l'epoca in cui rubavano, sopra tutto, i Grand Commis. Poi vennero gli scandali nel senso più moderno del termine, dall'affaire Panama al caso Stavisky, vere galassie tangentare che misero alle corde la fragile democrazia francese. Ma non era ancora la corruzione diffusa, capillare e dalle sinergie molteplici che attualmente intacca la V Repubblica. L'escalation di cui oggi i giudici transalpini misurano tutta l'ampiezza ha radici più recenti - fine Anni Ottanta - e un padre insospettabile: il decentramento. Centralista feroce da sempre, Parigi avviava una coraggiosa riforma istituzionale delegando agli enti locali spese fino ad allora gestite dalla capitale. Il cambiamento trovò a sorpresa consenzienti (salvo le abituali schermaglie) maggioranza parlamentare e opposizione. Si gridò al miracolo. Gauche e Droite si piegavano, infine, alla modernità amministrativa, imitando i partner europei, non ultima l'Italia. Con il senno di poi, quella concordia appare un tantinello sospetta. La Francia rosso-rosa (Marsiglia, Pas-de-Calais, Tolosa, Strasburgo...) e quella giscardiano-gollista (Ile-de-France, Alvernia, Nizza...) avevano trovato il modo di spartirsi i quattrini lottizzando il territorio nazionale secondo le zone di influenza. Il Grande Elemosiniere parigino cedeva il posto ai finanziamenti locali. La Corte dei Conti si trovò presto debordata. E il nuovo corso emarginò i prefetti - cui l'altra sera in tv Edouard Balladur ha proposto di affidare superpoteri di sorveglianza sugli appalti - dal potere decisionale. Il virus Tangentopoli era ormai entrato nell'organismo Francia. Non rimaneva che attivarlo. Il terreno era favorevolissimo. Da almeno un secolo, la vita politica francese poggia su una figura semi-ignota in Italia, il députéMaire, ovvero parlamentare-sindaco. Francois Mitterrand lo fu per decenni a Chàteau-Chinon, l'ex premier Chaban-Delmas lo è tuttora (Bordeaux), Pierre Bérégovoy si uccise a Nevers di cui era il primo cittadino, Chirac regna sulla capitale, Giscard presiede il Conseil Régional alvergnate. Neppure Fabius, Marchais e Rocard sfuggono alla regola. E non a caso Bernard Tapie punta sulle Comunali di Marsiglia (primavera '95). Per essere leader oltralpe, insomma, occorre partire da una Mairie. Una tacita regola cui il generale de Gaulle sfuggì solo in virtù del suo itinerario atipico. Con le nuove dotazioni economiche decentrate, era inevitabile che il pied-à-terre elettorale in questo o quel collegio divenisse una formidabile «macchina da tangenti» attraverso cui finanziare robuste ambizioni politiche. Vi si gettarono sopra, con entusiasmo, i Quarantenni, la generazione che doveva assicurare il ricambio nelle Presidenziali '95. E senza usare l'accortezza, né la furberia dei loro fratelli maggiori. Fra loro troviamo Michel Noir, sindaco di Lione inquisito per fondi occulti, il tuttora primo cittadino di Grenoble ed ex ministro Alain Carignon (in carcere), e Gerard Longuet dimessosi dal governo Balladur per irregolarità contabili nella gestione del Parti Républicain. Se nella corsa all'Eliseo del 23 aprile prossimo i candidati sono vecchie conoscenze, déjà-vu politici che da Balladur a Chiiiic a Delors a Le Pen avrebbero potuto già popolare l'elezione dell'88 se non dell'81, la ragione è anche questa: gli uomini migliori della «nuova guardia» sono irrimediabilmente compromessi. Risultato, anziché essere decapitata «all'italiana», la classe politica francese conosce un drammatico salto generazionale tra il vivaio e i Grandi Vecchi. Colmarlo non si annuncia facile. Se il decentramento ha favorito - per unanime ammissione - gli abusi, non bisogna dimenticare gli altri volani. A cominciare dal mondo imprenditoriale. E qui incontriamo un'altra specificità transalpina, i colossi degli appalti sugli acquedotti. In assenza di vere e proprie municipalizzate, la «Lyonnaise des Eaux» e la «Generale des Eaux» - tra le maggiori aziende nazionali per fatturato - gestiscono la rete idrica di migliaia di Comuni, nonché altri servizi. Appalti lucrosi, nei quali la «commissione politica» sarebbe pratica usuale. I loro pdg, Jerome Monod e Guy Dejouany, sono stati fra i primi a essere messi in causa. E tuttora aprono il lungo elenco delle grosse imprese sospettate di collusione con il mondo partitico. Ma il «nocciolo duro» del siste¬ ma criminoso è ancora un altro. Vale a dire le società ombra. Malgrado comincino ad apparire (nel caso di Gerard Longuet, in particolare, e del senatore repubblicano Arreckx, già fermato per l'assassinio della parlamentare udf Yann Piat) conti segreti in Svizzera e Lussemburgo, generalmente il riciclaggio dei contributi occulti avveniva per interposte società-ombra operanti sul territorio francese. Fu il pcf a scoprire per primo il meccanismo. Bastava fondare un centro-studi che emettesse fatture false per quat¬ trini veri. I socialisti lo imitarono, dando vita a uffici di copertura come Urba-Gracco e Sagès. Li smascherò il baby-giudice Thierry Jean-Pierre (oggi eurodeputato nel gruppo iperconservatore che fa capo a Philippe de Villiers) nei primi Anni Novanta. Sembrò, allora, che solo la Gauche rubasse. E su quella convinzione (errata) Balladur vinse le Legislative del 23 marzo '93. In realtà, i 19 mesi del suo governo hanno portato alla ribalta le malefatte del Centro-Destra. Un processo cronologico opposto a quello italiano, dove la Sinistra è stata inizialmente risparmiata. Ma la somma dei fattori non cambia. E già si pone, anche in Francia, l'esigenza di una «soluzione politica» alla crisi morale. Di amnistia nessuno parla, ed è comprensibile in mesi di precampagna elettorale vistane l'estrema impopolarità. Ma dopo un periodo di briglia sciolta ai giudici, l'altro ieri Balladur li ha richiamati a un «uso corretto della carcerazione preventiva», lamentando, insieme, che quello istruttorio sia - per dirla con il ministro Charles Pasqua - «un segreto di Pulcinella». E «Mani Pulite» alla francese finisce per seguire il canovaccio italiano. Enrico Benedetto Esplode la TaGn Nella foto di Alain Volut l'Assemblée Nationale la Camera francese Nella foto di Alain Volut l'Assemblée Nationale la Camera francese