Devi rassegnarli Arafat Non avrai la Città Santa
Devi rassegnarli, Arafat Non avrai la Città Santa Devi rassegnarli, Arafat Non avrai la Città Santa L'EX SINDACO DI GERUSALEMME ■GERUSALEMME L trattato firmato questa settimana da Israele e Giordania riconosce a re Hussein un «ruolo speciale» nell'amministrazione dei Luoghi Santi islamici a Gerusalemme. Quest'accordo non ha a che fare con la sovranità politica, ma solo con la libertà religiosa e i diritti culturali. E non fa che perpetuare una situazione esistita per generazioni, in base alla quale il sovrano hascemita, come diretto discendente di Maometto, è responsabile dei Luoghi Santi della sua religione. Questo ruolo era suo durante il mandato britannico. Questo ruolo è stato suo quando il Monte del Tempio era parte della Giordania. E questo ruolo continuerà a essere suo in futuro. Un aneddoto può illustrare come gli israeliani vedono la situazione. Un giorno, mentre mi trovavo sul Monte per sbrigare una questione, dissi al Muftì l'alto esponente religioso cui è affidato il Tempio -: «Voi controllate tutto questo solo tem- poraneamente». «Perché temporaneamente?», mi chiese. «Finché non arriverà il Messia», gli risposi. E lui: «Chi vi ha detto che il Messia non sarà un musulmano?». Gli risposi che lo consideravo molto improbabile, ma che avrei concesso al Muftì il beneficio del dubbio se il Muftì avesse concesso lo stesso a me. E' stato questo il nostro modus vivendi nei lunghi anni in cui sono stato sindaco di Gerusalemme. Ci siamo attenuti a questa politica con rigore. I musulmani sono completamente liberi di professare la loro re- ligione senza interferenze, però non c'è sovranità araba. Non abbiamo permesso di pregare al Monte del Tempio né agli ebrei né ai fondamentalisti cristiani, che pretendevano di averne diritto. Adesso arrivano i palestinesi e dicono che tutto è loro. Sono furiosi con re Hussein perché, accusano, il ruolo speciale a lui riconosciuto dal trattato di pace pregiudica la questione politica di chi controllerà alla fine Gerusalemme. Questa è una polemica interislamica che non ci coinvolge, se non nella misura in cui questo nuovo nazionalismo di cui danno prova i palestinesi - e non vorrei dirlo a voce troppo alta può essere l'immagine allo specchio di comportamenti israeliani. Quarant'anni fa, qui non c'erano palestinesi, solo arabi. Durante i 1500 anni in cui gli arabi hanno governato questa parte del mondo, non hanno mai eretto Gerusalemme a capitale politica. Né gli arabi, né i persiani hanno mai trasformato le loro città sante in capitali. In Arabia Saudita città sante sono la Mecca e Medina, ma la capitale è Riad. L'Iran ha la città santa di Qom, ma la capitale è Teheran. Fino al 1967 i giordani avrebbero potuto fissare la loro capitale a Gerusalemme, ma non l'hanno fatto. Benché la maggioranza degli israeliani sostenga che il processo di pace con i palestinesi non dovrà portare alla nascita di un loro stato, sappiamo tutti come questa sia, quanto meno, una eventualità. E allora essi avranno bisogno di un posto dove fissare la loro capitale. Potrà essere qualunque grande città, da Ramallah a Nablus. Giammai Gerusalemme. Se cominciassero subito, nel giro di dieci anni potrebbero realizzare un centro politico notevole, in grado di dirigere la loro struttura territoriale in crescita progressiva. Tuttavia Arafat non accetterà mai un'alternativa a Gerusalemme. Ma è un errore continuare a insistere per avere Gerusalemme capitale: se i palestinesi continueranno a dire che non ne vogliono un'altra, non ne avranno nessuna. Nel suo accordo con noi, re Hussein non ha solo accettato Israele come entità permanente, ma anche Gerusalemme come luogo sacro a tutte e tre le religioni abramitiche. Se dobbiamo vivere in pace, i palestinesi dovranno accettare la stessa cosa. Teddy Kollek Copyright «NPQLos Angeles Times Syndicate» e per l'Italia «La Stampa» «Se insisti il tuo Stato non nascerà mai» Qui accanto Teddy Kollek, sindaco di Gerusalemme dal '65 al '93
Persone citate: Arafat, Mecca, Medina, Teddy Kollek
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