Claretta l'ultimo segreto è nell'Archivio di Stato di Pierluigi Battista

Claretta, l'ultimo segreto è nell'Archivio di Stato Il nipote della Petacci vuole riavere i documenti spariti a Dongo, sequestrati dal ministero dell'Interno nel 1950 Claretta, l'ultimo segreto è nell'Archivio di Stato Seicento lettere di Mussolini, quindici volumi del diario dell'amante: che cosa contengono? <~ i ROMA L' EICENTO lettere di m Mussolini sepolte negli il archivi. E inconsultabili. *J I Quindici volumi del diario di Claretta Petacci raccolti in «68 pacchi, alcune buste e un piccolo baule»: il tutto sequestrato dal ministero dell'Interno sin dal lontano 1950 e coperto a tutt'oggi dal segreto di Stato. La protesta per l'occultamento di quelle carte che potrebbero contenere «sconvolgenti segreti». E la rivelazione di particolari raccapriccianti sulla «tragedia di Dongo», le ore drammatiche che accompagnarono l'uccisione di Mussolini, di Claretta e degli altri 16 fucilati all'indomani della Liberazione. Tutto questo in un'intervista che il nipote di Claretta, Ferdinando Petacci, ha rilasciato a Luciano Garibaldi per il settimanale Noi oggi in edicola. Il figlio di Marcello Petacci - il fratello di Claretta fucilato dai partigiani assieme ad altri che non erano «ministri di Salò» protesta come «unico superstite e unico erede della famiglia» dopo la morte avvenuta tre anni fa della sorella di Claretta, Miriam Petacci, giacché desidera entrare in possesso di documenti importanti che sono posti sotto chiave dall'Archivio di Stato con la motivazione ufficiale che «Claretta Petacci soleva assumere iniziative e comunque interloquire su faccende di governo». Carte che dunque è difficile catalogare come «private» ma che per il nipote Ferdinando non possono più esser sottoposte a sequestro dovendo anzi esser rimesse «a disposizione degli eredi morali e legali di Claretta». E nel frattempo Ferdinando Petacci, che ha 53 anni, con l'intervista a Noi esce dal suo silenzio e propone la sua te¬ stimonianza su quei giorni che sancirono la fine della guerra partigiana e su quei fatti in cui perse la vita il padre Marcello. Una testimonianza da cui spicca un dettaglio terribile che cer- tamente farà discutere gli storici: secondo Ferdinando, che all'epoca aveva 3 anni, la madre Zita Ritossa «nei cinque giorni in cui rimanemmo di fatto prigionieri nel piccolo albergo di Dongo» dovette subire «qualcosa» in «cambio della salvezza sua e dei bambini, di me e di mio fratello». Un particolare che aggiunge un tocco di ulteriore cupezza alla fosca atmosfera che incombeva in quelle ore che precedettero Piazzale Loreto. E tuttavia un particolare, fa notare lo storico Luciano Canfora, uno studioso molto attento agli eventi di quel periodo, che «sinora non è apparso nemmeno in quel tipo di storiografia risentita, certamente anticiellenistica» che non cessa di avanzare ricostruzioni certamente non «favorevoli» per i partigiani che decisero di giustiziare Mussolini. Una storiografia «degli sconfitti», per così dire, che non ha mai arretrato di fronte a ricostruzioni quasi grandguignolesche di quei fatti e che invece del dettaglio terribile testimoniato da Ferdinando Petacci a Noi non reca traccia. «Del resto - com¬ menta Canfora -, persino in un film come Claretta diretto dal "destrorso" Pasquale Squitieri non si accenna a un fatto del genere». Resta il fatto che nella memoria del nipote di Claretta è impressa indelebilmente l'immagine del padre Marcello che, sotto gli occhi della moglie e dei suoi due figli, viene incolonnato (non prima che qualcuno avesse sottratto la «borsa» piena di documenti che il padre aveva sotto il braccio) nel gruppo di quelli che sarebbero stati fucilati. E non scompare nemmeno la rabbia per il fratello Benvenuto, che allora aveva cinque anni, il quale rimase talmente sconvolto da quella scena da perdere la ragione per sempre. Ora il nipote di Claretta avanza la proposta di riavere i documenti custoditi nell'Archivio di Stato e di poter consultare le seicento lettere di Mussolini scritte a Claretta nonché i quindici volumi del diario della zia. La parola all'Archivio di Stato. Pierluigi Battista L'unico erede accusa i partigiani: «In cambio della salvezza mia madre subì "qualcosa"» Benito Mussolini e la sua amante Claretta Petacci. uccisi insieme a Dongo

Luoghi citati: Dongo, Roma, Salò