Mozambico due giorni per un miracolo di Domenico Quirico

L'Onu torna a giocarsi la sua credibilità, sulle elezioni vigilano i Caschi blu italiani L'Onu torna a giocarsi la sua credibilità, sulle elezioni vigilano i Caschi blu italiani Mozambico/ due giorni per un miracolo // Paese dei massacri vota oggi e domani il Presidente AFRICA E DEMOCRAZIA CENTINAIA di milioni di dollari per pagare due anni di soldo ai militari smobilitati e fare sì che non si trasformino, per fame, in predoni o guerriglieri; tonnellate di sementi, attrezzi agricoli e cibo per consentire a un milione duecentomila profughi di tornare alle loro case e resistere fino al prossimo raccolto. E ancora 9 mila tra Caschi blu (in buona parte italiani), poliziotti, tecnici, personale amministrativo riuniti in una legione straniera della pace proveniente da 50 nazioni; 1600 automezzi, 20 tra elicotteri e aerei, attrezzature e computer trasportati fino nel cuore della savana per consentire il primo voto democratico anche ai villaggi più sperduti. Nell'operazione-Mozambico l'Onu ha investito un enorme capitale, non soltanto delle sue esauste finanze, ma soprattutto di credibilità politica. Perché al voto dei sei milioni di mozambicani, che oggi e domani con una scheda dovrebbero chiudere 16 anni di una delle più sanguinose guerre civili africane, guarda con speranza, scetticismo, paura tutto il Continente. Poco importa se i due protagonisti sono poco presentabili. Glissano, presidente in carica, ha abiurato il vecchio abbecedario marxista solo quando si è accorto che da Mosca non arrivavano più armi sufficienti a tenere in piedi il regime. Adesso professa il nuovo vangelo, un volenteroso liberismo, forse perché gli consente di avviare una lucrosa svendita di intere parti del territorio a multi¬ nazionali pronte a investire in operazioni agroalimentari. Peccato che nessuno abbia chiesto ai vecchi proprietari della terra, fuggiti nella boscaglia o all'estero negli anni della guerra civile, se erano d'accordo. Il suo rivale Dhlakama è un ambiguo Robin Hood africano, per anni bollato come bandito e quisling dei razzisti di Pretoria, il cui merito maggiore è la tenace indif¬ ferenza con cui ha usato il metodo della terra bruciata per costringere il regime ala resa. Ma tant'è, il Paese non offriva niente di meglio. Chi vince tra i due in fondo è secondario. Quello che conta è cosa succederà dopo, agli sconfitti. In democrazia chi perde conserva comunque dei diritti e controlla chi ha in mano lo Stato. Non in Africa, dove, soprattutto se è di una etnia rivale, perde oltre al potere anche la vita. C'è un precedente che presenta molte analogie allarmanti con il Mozambico: l'Angola. Anche nell'altra ex colonia portoghese, dopo una guerra civile feroce, nel '92 i Grandi e l'Onu convinsero i contendenti, esausti, a giocarsi l'ultimo round nelle cabine elettorali. Vinse l'ex regime marxista; il ribelle Savimbi, prevedendo giustamente che sarebbe passato dai comizi elettorali alla galera, è tornato nella boscaglia con armi e bagagli. Per evitare un bis, l'Onu (e l'Italia che in Mozambico gioca un ruolo chiave) hanno cercato di convincere il favorito Chissano a promettere di lasciare qualche briciola al futuro sconfitto. Ma senza ottenere molte garanzie. In Africa, per fortuna, sta crescendo una nuova generazione di leader decisi a fare piazza pulita di alcune cattive abitudini del passato, se non proprio di tutte. Come il presidente etiopico Memes Zenawi, l'uomo che ha detronizzato il negus rosso Menghistu, autore di una Costituzione dove, per spegnere le tendenze secessioniste delle varie etnie finora incatenate dall'imperialismo amarico, è previsto un federalismo a maglie larghissime. O l'ugandese Museveni, ex guerrigliero di talento, che ha ordinato a tutti i candidati alle elezioni di presentarsi come indipendenti. Soprattutto c'è il modello Sud Africa, dove bianchi e neri hanno formato un governo di unità nazionale. «Le elezioni - ha detto Chissano con una tautologia in cui si intravede una punta di rammarico sono come il football, non si può prevedere il risultato in anticipo». L'importante è che si possa comunque giocare la rivincita. Domenico Quirico Sostenitori del presidente Joaquim Chissano [FOTO REUTERJ

Persone citate: Chissano, Joaquim Chissano, Museveni, Robin Hood, Zenawi

Luoghi citati: Africa, Angola, Italia, Mosca, Pretoria, Sud Africa