Scalfaro Trieste stia tranquilla di Renato Rizzo

Poca gente in piazza per le celebrazioni dei quarantanni del ritorno all'Italia Poca gente in piazza per le celebrazioni dei quarantanni del ritorno all'Italia Scalfaro: Trieste stia tranquilla «Ma aver pazienza non significa dimenticare» TRIESTE DAL NOSTRO INVIATO Questa piazza, quarantanni fa, era un brulicare di gente pazza di felicità che, incurante della sferza della Bora, si abbracciava e urlava e salutava i bersaglieri che correvano sventolando il tricolore. Oggi poche migliaia di persone ordinatamente assiepate lungo le transenne sembrano qui per assistere ad una sorta di rito un po' stanco e disilluso. Trieste sembra lontana, in questa giornata che ricorda il 26 ottobre del 1954 quando, finalmente, ritornò all'Italia: è perduta dietro i suoi problemi di porto senza retroterra, soffocata dal dialogo interrotto con Lubiana, specchio di assilli che superano i suoi stessi confini per diventare nodi politici italiani ed europei. Oscar Luigi Scalfaro, nella città giuliana per celebrare un sogno che non ha saputo diventare completamente reale, coglie gli umori di questa gente stanca di promesse: «Se c'è una città in cui è necessario smorzare i toni, questa è proprio Trieste. Il patriottismo è un valore enorme che si riempie non di parole vuote ma di fatti e di realtà. E' molto facile specularci sopra» dice. Smorza i toni, il Presidente, ma non sposta di una sola virgola il suo giudizio sull'accordo siglato ad Aquileia tra Roma e Lubiana e che la Slovenia, ora, sconfessa dimenticando «lealtà» e «coerenza»: «Queste intese sono certe e rimangono per il governo e per l'Italia una base sicura di rapporti chiari, consapevolmente voluti e tenacemente rispettati». Le due-tremila persone che ascoltano in piazza dell'Unità sembrano l'identikit di una popolazione che non ama eccedere in entusiasmi e, al più, decide, di tanto in tanto, di cedere a qualche dissenso. Aiutata anche dal fatto che la maggior parte degli spettatori di questa celebrazione un po' in sordina sono i «vecchi ragazzi» che, da quel '54, hanno perso le illusioni, e alcuni «ragazzi» di questi anni che continuano a coltiva¬ re rancori mai sopiti e irredentismi senza futuro. Ed ecco spiegati, così, i fischi di disapprovazione quando il Capo dello Stato parla «dell'amica terra di Slovenia» ricordando l'incontro, avvenuto in agosto ad Innsbruck, con il presidente di quella repubblica, Milan Kugan. E fischi ancora sottolineano altri due momenti di questa manifestazione: fanno da maligna colonna sonora alle prime parole pronunciate al microfono dal sindaco Illy e coprono di un veleno francamente incomprensibile la frase in cui il presidente del Senato, Carlo Scognamiglio, cita lo scrittore e senatore Claudio Magris. Giornata piena di appuntamenti per il Capo dello Stato, ma anche giornata che si avvita intorno ad un'espressione udita più volte tra i politici di qui: eclisse di speranza. Il sole buio di questo scontento è, pro¬ prio, l'intesa raggiunta ad Aquileia il 10 ottobre tra i ministri degli Esteri Peterle e Martino e subito rigettata dal governo di Lubiana. Tra i vari guasti innescati da questo «no», il blocco delle trattative per permettere agli esuli italiani di recuperare le loro proprietà abbandonate in Slovenia dopo la guerra. Quanto «coraggio» e quanta «perseveranza» deve esercitare Trieste (e l'Italia) in attesa che tutto ciò avvenga. Scalfaro non lo nasconde. Anzi, a conforto di queste attese che non saranno, forse, brevi, cita una frase di De Gasperi: «La politica è pazienza». Ma pazienza, riconosce, non significa dimenticanza, non vuol dire cancellare le memorie: «Le tragedie non si possono scordare» ammonisce e, senza «odio», ma «per giustizia», ricorda le «foibe, gli stermini e gli sterminati» dell'occupazione jugoslava e anche «le stragi» nazifasciste atrocemente evocate dalla vicina Riviera di San Sabba. Qualche giorno fa il leader di An, Gianfranco Fini, proprio su questa piazza, aveva chiesto che Kucan s'inginocchiasse davanti alle fosse carsiche dove sono sepolti gli oppositori di Tito. Forse il Capo dello Stato ha voluto aggiungere, oggi, che qualcun altro dovrebbe inginocchiarsi anche di fronte ai forni di quel campo di sterminio. Renato Rizzo Il Presidente: «Slovenia, terra amica» e dalla folla si alzano i fischi Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro durante la visita a Trieste