Catuzzi così a Foggia ho fatto dimenticare Zeman di Bruno Bernardi

U La storia e le ambizioni di un tecnico emergente che ha vinto 3-0 all'andata e che stasera prova ad eliminare il Torino Catuzzi: così a Foggia ho fatto dimenticare Zeman «In Coppa Italia stupiremo tutti, in campionato ci salveremo rischiando poco» NUOVI PROFETI IN PANCHINA Cm TORINO " ERA una volta Zcrnanlandia Poi, a Foggia, è arrivato un uomo di calcio senza passato e, in tre mesi, è riuscito a non far rimpiangere Zdenek Zeman. Chi è Enrico Catuzzi, tecnico cinquantaduenne di Parma, alla prima esperienza in Serie A? La sua risposta è tagliente: «Sarò presuntuoso ma, quando sono in mezzo al campo, tra tattiche e giocatori, non temo i confronti, non ho paura di nessuno. In un ambiente caloroso come quello foggiano, sono in grado di dare il meglio di me stesso». Stasera presenta il suo Foggia al pubblico torinese, in Coppa Italia, contro quel Torino che ha strapazzato per 3-0 allo Zaccheria nell'andata dopo averci perso 2-0 in campionato. Ma la squadra, pur essendo figlia di Zeman, sta assumendo una nuova mentalità, più con- creta, quella di Catuzzilandia. L'ombra di Zeman non lo ha mai spaventato. Catuzzi è uno che ha sofferto, che viene dalla gavetta. Smise di giocare, per un serio infortunio, a soli venticinque anni, poi guidò le squadre giovanili del Panna e del Palermo. A livello professionistico diresse il Bari (quello di Antonio Matarrese non ancora onorevole nò presidente federale), il Varese, il Pescara e il Piacenza in B. La fortuna non gli fu amica. E lui, Catuzzi, aveva bisogno di tempo e di fortu¬ na. E venne la disoccupazione. Intorno il silenzio. Il telefono che non squilla, la responsabilità di una famiglia, moglie e due figli. Subentra la paura di non farcela più in un calcio dove contano molto le pubbliche relazioni e non solo il lavoro. Sino alla scorsa stagione quando, in CI, ha salvato il Leffe dalla retrocessione. Ha toccato il fondo prima che Pavone, ricordandosi di un bruciante 5-0 inflittogli dal Bari con il giovane Catuzzi in panchina quando lui giocava nella Cavese nell'81, lo ha voluto sulla panchina del Foggia. Catuzzi è uno cui non piace sentire la parola miracolo applicata al pallone: «Nei risultati del Foggia c'è il lavoro della società, di Pavone e poi del sottoscritto». Quinto in classifica dopo sette giornate, con 12' punti, due in meno di Juventus e Lazio, uno in più di Milan e Sampdoria. Con grande umiltà aggiunge: «Il patentino di Coverciano è un pezzo di carta. Mi sentirò un vero allenatore solo se riuscirò a salvare il Foggia. Scopro solo adesso il massimo campionato, quello che viene considerato il più difficile al mondo. E ogni domenica che passa mi convinco che ce la faremo, ce la farò». Umile ma con idee chiare. Del suo predecessore ha conservato gli schemi offensivi, ma ha modificato quelli difensivi: «Li consideravo ad alto rischio e, d'accordo con i giocatori che la pensavano come me, li ho ritoccati. Meno pressing e meno fuori gioco». Confessa di essere stato agevolato dall'ambiente: «Nessuno ci chiede la luna. Se ci salviamo siamo tutti felici. E se scopriremo che possiamo aspirare a qualcosa di più non ci tireremo indietro. Arrivare il più lontano possibile in Coppa Italia, ad esempio. Ecco un traguardo interessante. Con il Torino, che è di medio alta classifica, ripartiamo dal 3-0 dell'andata e sarebbe delittuoso non qualificarci». Così come è più realista di Zeman, Catuzzi prende le distanze da Arrigo Sacchi. Non perchè sia di moda sparare sul et di Fu- signano: «Ogni tecnico interpreta la "zona" a modo suo. E quella di Sacchi è diversa dalle altre. Se lo criticano qualcosa di giusto c'è. L'Italia non sta giocando un buon calcio e lui ha difficoltà a trasmettere i suoi concetti agli azzurri. La Nazionale non è come un club dove si raccolgono i frutti del lavoro quotidiano. Nel Milan, poi, disponeva degli olandesi Van Basten, Gullit e Rijkaard, eccezionali sui palloni bassi e alti, un misto di potenza, agilità e classe. Tre fenomeni, capaci di valorizzare quasiasi tattica». Lui si sente molto più vicino alla filosofia di Fabio Capello: «Il suo gioco è meno esasperato, occupa ugualmente tutti gli spazi e lascia più fantasia al singolo». Catuzzi ha firmato per una sola stagione ma c'è da credere che il matrimonio con il Foggia durerà a lungo. Bruno Bernardi Enrico Catuzzi