Con Gialappa's Mirabella Garroni calcio e parole fanno meno paura di Alessandra Comazzi
r TIVÙ' & TIVÙ' Con Gialappa's, Mirabella, Garroni calcio e parole fanno meno paura LA parola d'ordine è: sdrammatizzare il calcio. E loro, i tre della Gialappa's, ci suno abituati e ci riescono molto bene. Con una bellissima sigla, ancora farcita di calciatori, il gruppo è tornato l'altra sera su Italia 1 con «Mai dire gol». Vecchie conoscenze, lanciatissime, guidate da un Teocoli in gran forma, e nuovi personaggi. Aldo, Giovanni e Giacomo (fra i comici di «Su la testa!») nel ruolo di tre giornalisti suonati che si trasformano poi in una terna arbitrale assediata negli spogliatoi; Antonio Albanese (altro reduce di «Su la testa!») che, parrucca bionda in testa, diventa il «giardiniere di Arcore»: tifa Inter e smaschera un intruso (nome da sussurrare piano piano: Liguori). A tradimento, senza pietà, si mandano in onda scene rubate al dietro le quinte: l'altra sera Sandro Paternostro era così indifeso, mentre aspettava di partecipare a una trasmissione sportiva di cui non sapeva nulla: si metteva le dita nel naso e sbadigliava a tutta bocca. Ma 'o avrà visto Carmen Di Pietro, sua giovane morosa? Mirabella con Gammi/ dizionario nelle mani/ quando è l'ora della frutta/ giocan con l'Italia tutta». L'allegra filastrocca apre il programma che la coppia conduce intorno all'ora di pranzo su Raidue. Hanno lasciato «Venti e venti» con l'omonimo orario e hanno pure traslocato. Il salotto buono si è trasformato in un grande salone «open space», con soppalco e libreria. Di là, oltre la grata, nell'ipotetica cucina, lavora di frullatore Carmela Vincenti, che ricordiamo complice di Antonio Lubrano nei viaggi lungo «l'Italia dei tranelli». Mirabella & Gammi fanno in sostanza dei giochi al telefono. Ma non giochi in cui si deve indovinare il numero di fagioli contenuto in una pentola, di raffaelliana memoria: giochi con le parole. Giochini facili, indovinelli, quasi, eppure molto gradevoli. Per esempio: si deve ricostruire una frase tratta da qualche giornale, trovando le parole che sostituiscono la parolina «cip». Oppure si deve cantare, esattamente, una canzone cui vengono cambiati ritornello e tema («Versami del brodo manciù» al posto di «Parlami d'amore Mariù». Ogni concorrente ha due minuti per sistemare al loro posto verbi e sostantivi. Non tutti vincono, e chi vince, vince un vocabolario, un dizionario dei sinonimi, cose così: importanti, ma probabilmente non per i più. Il piacere di partecipare, sia pure per telefono, a un programma televisivo, supera il desiderio di ricevere premi. Inoltre, come direbbero i pubblicitari, «l'argomento seleziona il target». Ugualmente, durante il programma, si sprecano i complimenti per il medesimo. I conduttori sono molto simpatici, più erudito Mirabella, più sornione Garrani; la loro «casa» virtuale è calda, accogliente, è soprattutto come il pubblico potrebbe immaginare che sia l'appartamento di due intellettuali: i libri, la scrivania, la finestra grande, la luce. Casa rassicurante come la trasmissione: che affronta il linguaggio, oggetto misterioso per molti, persino in odore di pericolo. Ma lo fa con leggerezza, e lo spettatore non si spaventa. Alessandra Comazzi
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