BRANCATI l'ironico geloso di Giorgio Calcagno

A 40 anni dalla morte, la moglie Anna Proclemer e la figlia Antonia svelano l'intimità di uno scrittore attualissimo A 40 anni dalla morte, la moglie Anna Proclemer e la figlia Antonia svelano l'intimità di uno scrittore attualissimo BRAMATI aROMA 40 anni dalla morte, avvenuta in una clinica torinese il 25 settembre 1954, Vitaliano Brancati ritorna al centro del palcoscenico. Scrittore intinto dei più salutari acidi, dalla prosa ungulata, dal pensiero schiaffeggiante, al quale fa bene ritornare sempre, e oggi più che mai. La Bompiani pubblica tutti i racconti; si è svolto la settimana scorsa a Catania un importante convegno che si concluderà domani a Roma, con letterati, critici, uomini di cinema, da Consolo a Macchia. Ma ci sono due persone che per parlare di lui hanno più titolo di tutti, quelle che ne portano il segno nella vita, e nel sangue. Sono Anna Proclemer, che sposò giovanissima lo scrittore siciliano nel 1946, e la figlia Antonia, nata dal loro matrimonio l'anno dopo. Madre e figlia hanno avuto vicende divaricanti, sono state allontanate più volte dalle situazioni, riavvicinate dal lavoro: oggi anche Antonia vive di teatro (un'agenzia per la compravendita di testi), abitano in due alloggi contigui su una collina della Cassia. E si trovano volentieri una di fronte all'altra, per raccontare il «loro» Brancati. Anna Proclemer si riaccende nella memoria «di una persona che io stimo molto più di me stessa». La figlia teme che queste rievocazioni, pur così affettuose, collochino il padre «in una icona inoffensiva». E invece «lui è offensivo, per la nostra pigrizia. Non è comodo, essere così rigorosi verso se stessi». Madre e figlia si correggono una con l'altra. La prima ha conosciuto Brancati da adulta, ma spesso restandone - per ragioni di lavoro - lontana. La seconda da bambina, ma avendolo sempre accanto. Le loro esperienze si sovrappongono e si dividono. Anna Proclemer, in una «lettera a Nuzzo» da lei letta a Catania, ammette di non avere sentito tanto la sua mancanza, nei primi anni dopo la scomparsa. «Il fatto che tu non ci fossi mi dava a tratti una sensazione di libertà, di irresponsabilità quasi esaltante». Antonia non lo ha perso mai. «Lei è molto più simile a suo padre - avverte l'attrice -. E' un insieme di passionalità e di raziocinio. Io sono più sentimentale, più facilona. Anche se non direi di avere fatto delle scelte molto cialtrone». Che cosa ha dato, Brancati, ad Anna Proclemer? «La capacità di giudizio critico, soprattutto in letteratura. A me non mi incanta uno scrittore che non sia bravo. Toglietemi i titoli, toglietemi il nome dell'autore. Dopo tre frasi io so dire subito se è uno scrittore vero o un affabulatore fumoso. Io da ragazza ero coltivatina, avevo dei filarini intellettuali. A 16 anni leggevo Solario., leggevo Montale. Lui mi ha dato la capacità di distinguere la moda da qualcosa di più profondo». E Anna Proclemer a Brancati? «Io ero come la Madonna per lui. Che cosa dà la Madonna? Ero la Laura del Petrarca. Mi vedeva tutte le virtù e nessun difetto. Io ero travolta dal senso di colpa perché non ero così angelica. Credo di avergli dato molta gioia, ma anche molto dolore». Antonia, e che cosa ha dato Brancati alla figlia? «Mi ha dato, da scrittore, quello che da padre non ha fatto in tempo a darmi: il lato intellettuale. Ma in qualche modo sono stata fortunata, perché mio padre stava a lavorare in casa, mentre mia madre era in tournée. Mi ha dato questo senso di presenza, molto caldo, affettuoso, amoroso, tanto da farmi dire "basta"». Era troppo? «Troppo mai. A me piace essere viziata». Signora Proclemer, quale era la migliore qualità di Brancati? E quale il peggior difetto? «Due cose in apparenza contraddittorie. La qualità migliore era la tolleranza. La peggiore l'insofferenza per gli stupidi. Non per i peccatori, i corrotti. Era la stupidità la cosa che più odiava al mondo». E le sembra negativo? «No. Ma lo stupido a volte può essere amabile. 0 forse ho detto una cazzata?». Interviene Antonia, a salvare la madre. «Quello che odiava era la stupidità proterva. Non certo la stupidità umile, di chi non ha avuto la cultura». «Quelli li amava», completa l'attrice. E per la figlia, quali difetti? «Non aveva difetti: era perfetto». «Capirai - interviene la madre -. Per come lei era pigra, viziata, dai dolci al gelato». «No, il gelato no - reagisce Antonia -. Mi dava il fiordilatte Motta. Io volevo quei bei coni delle bancarelle col carrettino, con i vibrioni, mi avrebbero fatto benissimo. Mai potuti prendere. Era un salutista, me li proibiva». «Un salutista accanito - conferma la madre -. Si comperò il vogatore. La mattina in pigiama si sedeva lì, faceva le sue vogate, e poi andava in bagno». Il siciliano Brancati non era geloso della moglie trentina, attrice, che era sempre in giro con una compagnia diversa? «Io credo lo fosse terribilmente, però non ha mai detto una parola della sua gelosia. Lui si è sempre comportato con me come uno scandinavo, ma io gli sentivo ribollire dentro tanto fuoco. Io, incosciente, e naturalmente femminista, viaggiavo, andavo un mese a Londra da sola, a parte il mio mestiere, che lo faceva soffrire. Devo dire che cercavo di lavorare stando via il meno possibile, ho rinunciato anche a qualcosa per non dover ripartire subito dopo un'assenza». Però lei oggi confessa di avergli dato dolore. «Sì, la situazione era abbastanza abnorme, per lui. Uno che aveva scoperto tutti i limiti culturali e mentali del sicilianesimo, geneticamente doveva trovare mostruo- so avere una moglie che non c'era. Io sono stata per molto tempo una moglie irreprensibile, ma ero in giro con le compagnie, per i teatri, fra tanti attori». E lui che cosa diceva? «Lui era tanto civile che non me lo ha mai fatto pesare. "Non ci sei, la tua assenza si sente", era tutto quello che poteva dirmi. Non ne abbiamo mai parlato come materia di contendere. Fra noi non ci sono mai state discussioni, parole aspre; nemmeno uno scatto un po' duro. La nostra vita era un minuetto di Boccherini: e questo è sbagliato, perché se qualche volta non si fa una bella litigata, poi si accumulano delle tossine. Io avevo bisogno di vivere in un altro modo; e a un certo punto me ne sono andata». Che cosa ha determinato questo in Antonia? Lei è cre¬ sciuta più con il padre che con la madre. «Odiare la mamma», la precede, con mezzo sorriso, l'attrice. «Odiare la mamma - riprende Antonia, sorridendo per l'altra metà - ha determinato un grande sentimento di perdita quando lui è morto. Come si permette? E' stato il più grande tradimento della mia vita». Ma lei ha detto di averlo conosciuto soprattutto attraverso gli scritti. Quindi le rimane. «Certo. Ma quello che conosco attraverso gli scritti lo riconduco all'uomo che ho conosciuto di persona. Non mi sembra strano che abbia scritto quelle cose». «A me sembra strano quello che dici - interviene la madre - In Paolo il caldo c'è un miscuglio di peccato e di sensualità di cui non potevi avere cognizione. Non ne avevo neanche io che ero la moglie. L'immagine che lui ti dava non somiglia a quelle cose». Già, l'erotismo di Brancati. Era importante, nella sua vita? «Credo che in lui ci fosse un conflitto - risponde la Proclemer -. Quello che appariva era quanto di più civilmente distaccato, anche ironico. Ma credo che dentro vivesse delle battaglie, sanguinose. Non le faceva apparire nella vita, le rivelava nei suoi scritti». «Penso ci fosse un senso di colpa, anche spropositata», lo giustifica la figlia. Oggi quelle ombre si sono molto allontanate, rimane, in chi gli è stato accanto, il rimpianto di un personaggio che il tempo rende sempre più necessario, nella vita. Anna Proclemer ricorda gli ultimi giorni passati con lui a Torino, nell'attesa dell'intervento chirurgico. Ricorda il testamento da lui buttato giù a mano, in un caffè («redatto malissimo, ci procurò anche dei guai»), insieme con le ultime indicazioni per il romanzo incompiuto. Ricorda il film visto con lui la sera prima dell'operazione, Man, con Marion Brando e Ava Gardner... E oggi, più che mai, sente il bisogno di averlo vicino: «In questi tempi così orribili, mi darebbe un aiuto, un conforto, sarebbe il mio punto di riferimento in un mondo tutto sconvolto. Potremmo indignarci insieme, fare insieme certe cose che adesso devo fare da sola, bestemmiare insieme contro tutto quello che detestiamo. Nella vita, non ho conosciuto nessun altro, come lui». Giorgio Calcagno Un grande convegno a Catania, mentre la Bompiani pubblica tutti i racconti Nella foto grande Vitaliano Brancati. Qui accanto la figlia dello scrittore, Antonia, e la moglie Anna Proclemer Qui a fianco il regista Luigi Zampa. A sinistra Brancati con Anna Proclemer

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