«lo solo contro i boss» di Francesco La Licata

«lo, solo contro i boss» «Ho ricevuto pesanti minacce: ma con la scorta non posso fare il sacerdote» «lo, solo contro i boss» «I miei fedeli non mi hanno aiutato» IL PRETE NEL MIRINO PROMA ADRE Roberto Zambolin è un prete missionario e con questo spirito ha trascorso buona parte della suo sacerdozio a Palermo. Non sembri eccessivo il paragone, ma - specialmente negli ultimi tempi - diffondere la parola di Cristo in quelle contrade non ò cosa tanto diversa dall'opera di evangelizzazione nel Paraguay del '600. Don Roberto questo non lo dice, fedele alla consegna del «lavoro silenzioso», lontano dai clamori della cronaca e dai riflettori delle telecamere. Ma forse lo pensa, ora che è stalo costretto ad andarsene, ad abbandonare la chiesa di Santa Teresa, la parrocchia detta degli «umbertini» a causa della vicinanza con il liceo classico «Umberto per non rischiare la vita, appunto come la richiavano i missionari in «terre selvagge». A Palermo non ci sono i selvaggi, ma c'è la mafia che ha già dimostrato, con don Pino Puglisi, di non gradire sconfinamenti: l'altare è una cosa seria, ma Cosa Nostra non ama campagne delegittimanti. Ha dovuto abbandonare Palermo quasi di nascosto, il prete venuto dal «profondo Nord». Avendo cura di non lasciare tracce. «E' triste - dice ora don Roberto - doverlo ammettere, ma è proprio così. Questo provoca la solitudine, l'isolamento, l'incomprensione di una comunità che non vuol capire come il raggiungimento della piena legalità sia patrimonio irrinunciabile, da conquistare tutti insieme. Senza defezioni, né tentennamenti». E' serena, la voce di padre Roberto Zambolin, e tradisco l'origine veneta. Il prete si trova a Roma, ospite in una delle «case» dei missionari della Congregazione del Sacro Cuore. No, non si è nascosto: cerca soltanto di limitare gli incontri coi giornalisti, «ma solo per non creare eccessiva curiosità, visto che non amo apparire come un personaggio». Don Roberto, lei ha detto che non vuol fare da alibi a quelli che stanno a guardare sen- za muovere un dito per cambiare le cose. E' una condanna per la comunità di Santa Teresa? «Il mio compito non è quello di condannare. Non è questo il senso da dare a quella frase...» Insomma, lei si aspettava di più dai suoi fratelli? «Non posso non ammettere che ò difficile cambiare una certa realtà se si resta soli, anche se in mezzo ad una moltitudine che, però, non condivide la tua lotta. La battaglia contro la criminalità organizzata non deve essere prerogativa di pochi. Si vince se si è uniti, tanti e solidali». Ma quello della «delega» a lottare per tutti è un vecchio vizio palermitano. Anche a Giovanni Falcone fu data una delega in bianco, tranne poi accusarlo di voler fare il protagonista. «Ecco, in questo senso ammetto di aver qualche critica da muovere alla comunità». Non sente come un fallimento, questa sua fuga? «Io non sono fuggito. Ho ricevuto delle minacce, anche abbastanza pesanti, eppure sarei rimasto, convinto come sono che non posso tirarmi indietro di fronte ad una scomessa cosi importante come l'affermazione dei principi evangelici». Ma allora padre Zambolin, perché va via? «Ho rappresentato ai mici superiori il mio personale disagio a svolgere la mia missione sottoponendomi alla protezione della scorta. Mi chiedo se sia possibile cambiare abitudini dopo 10 anni di permanenza in un quartiere. Ma si può andare in giro a dialogare col mondo avendo i poliziotti sempre appresso? Allora ho chiesto di poter fare a meno della scorta. I mie superiori hanno risposto che è impossibile, dato che il pericolo è reale, visto quanto è accaduto con don Pino Puglisi. A quel punto ho preferito lasciare Palermo». Don Roberto, il quartiere dove lei ha operato è apparentemente tranquillo, anche se - a quanto pare - non immune dal contagio dei signori del racket e dell'usura. Lei conosce chi l'ha minacciata? «Posso immaginarlo. Ma preferisco non ricordare le cose brutte». E le cose belle, ci sono state? «Ricorderò sempre i dieci anni trascorsi coi giovani, con gli studenti dell'Umberto. Abbiamo fatto tante cose, anche sul fronte della lotta per riaffermare i principi della legalità. La Chiesa di Palermo sta giocando una grande sfida. E' davvero esaltante quanto accade in molte parrocchie: questo momento, il martirio di don Puglisi, l'ho vissuto come profezia di un futuro nuovo per l'Italia». Le sue parole tradiscono tanta nostalgia di Palermo... «Non mi faccia dire cose che non posso... Se ho desiderio di tornare? Bah! Ci penso sempre a Palermo. E mi manca». Francesco La Licata «La mafia si vince soltanto se si riesce a rimanere tutti uniti» A sinistra il cardinale Pappalardo arcivescovo di Palermo A destra Padre Roberto Zambolin, il sacerdote minacciato

Persone citate: Giovanni Falcone, Pappalardo, Pino Puglisi, Puglisi, Roberto Zambolin, Zambolin

Luoghi citati: Italia, Palermo, Paraguay, Roma