L'altezza del mostro divide i difensori di Vincenzo Tessandori

L'altezza del mostro divide i difensori Processo Pacciani, secondo giorno di arringhe. L'imputato piange in aula e protesta L'altezza del mostro divide i difensori Era basso per il primo legale, un gigante per il secondo FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Il mostro. Basso, quasi un nano; o alto, oltn: il metro e 80, ben oltre, ha detto qualcuno. Il nodo della statura non l'hanno sciolto. Per Pietro Fioravanti, il primo difensore: di Pacciani, il responsabile sarebbe uno del cosiddetto clan dei sardi, gente di statura inen che mediocre; vi dimostro che l'assassino è un uomo aitante, ha tuonato ieri l'avvocato Rosario Bevacqua, anch'egli difensori.' del Pietro. «L'assassino ha lasciato delle impronte, e fuori sul furgone nel quale vennero uccisi i ragazzi tedeschi, si trovano a 137-140 centimetri da terra. E non c'è affumicatura attorno, il che significa che ha sparalo almeno da più di 40 centimetri e dall'alto verso il basso. Glie cosa vuol dire? Che si può ipotizzare che l'autore degli omicidi superi e non di poco i IKii centimetri. Pacciani lo vedete, è uno che si allunga, dicono, da 104 a 170 centimetri, ha le gambe stono e corre come i giocatori». Insomma, l'avvocato, che ha parlato tutto ieri e riprenderà stamane, vuol dimostrare che il Pietro prò prio non può essere stalo, cosi eorto com'è, considerato che l'ultima sta tina conosciuta è di 104 centimetri. Ma la contraddizione tra i difensori non si ugge' al pubblico ministero che prontamente l'annoia sul suo personal computer. E mormora: «Ma allora, l'assassino è uno dei sardi, fra i quali il più lungo era Salvatore Vinci, 149 centimetri, o quel pezzo d'uomo che dice ora l'avvocato?». E' cominciata cosi l'udienza di ieri, che il Pietro come sempre ha seguito con attenzione, silenzioso, gli occhi socchiusi e pronti a mostrarsi con i lucciconi, quando il difensore si rivolgeva a lui e il momento gli pareva propiziò. Ma chi è questo assassino che ha terrorizzato Firenze? Uno freddo, uno in possesso di grande manualità e altrettanta mobilità, dice Bevacqua, e la manualità, la capacità di adoprare la lama equivale a «un rapporto contro la madre che non l'ha latto normale, e contro le donne. Chi ha ucciso non si e mai congiunto carnalmente, non ha mai toccato il colpo delle ragazze, usa lo stiletto, il coltello, taglia le mutande, il reggiseno, ma non si avvicina. E' compatibile questo con Pacciani? Dicono che abbia violentato le figlie, e questo genera antipatia. E la nostra società ha bisog.no di uomini liberi, senza simpatie e antipatie, che abbiano una visione critica di quello che e stato proposto in quest'aula». Poi l'avvocato si avventura sulle sabbie mobili: «Io non so se le figlie siano slate violee tale: una cosa e la violenza, un'altra un lappone normale. Certo, la I nostra morale dice che questo non è ! un rapporto normale, ma fra gli animali lo è. Chi uccide le coppie uccide perché sa che non può avere rapporti normali, uccide se stesso». Che vita grama, quella del Pietro, aggiunge l'avvocato Bevacqua: famiglia povera e padre violento e, si sa, dalla miseria si resta sempre segnati. Il Pietro ascolta, singhiozza, non condivide l'impostazione e protesta parlando sottovoce e fitto fitto con l'altro difensore. E Bevacqua lo sa che lui ci soffre a sentir quelle cose, così gli accarezza la spalla sinistra. Dice: «Nessuno vuole che un assassino resti fuori, ma neanche che un innocente vada in galera. E Pacciani è assolutamente innocente. Sì, la sua figura non è compatibile con quella dell'assassino: sfido chiunque a dimostrare il contrario». Troppi vuoti in questa storia sciagurata, insiste l'avvocalo «e voi, giudici, dovrete colmarli, dar ragione all'uno o all'altro, oppure dire: "Noi non possiamo decidere". Troppi vuoti e nessuno ha spiegato perché, nell'84, quando furono uccisi Pia Rontini e Claudio Stefanacci uno sconosciuto seguì i ragazzi in un bar di borgo San Lorenzo, alla vigilia del duplici omicidio. Uno alto e grosso, uno col labbro che tremava e si copriva il volto. Uno che dovette uccidere appena possibile, l'indomani, alle 21, quando non era ancora notte». Ma c'è Renzo Rontini, il padre della Pia, in aula, che ascolta tutto e subilo mormora: «Quella ragazza non era mia figlia. Quel giorno uscì soltanto per prendermi una birra, cinque minuti fuori, e quel bar dov'era lo sconosciuto dislava 12 chilometri». Delitto per delitto, da quello del '51, che nel processo non c'entra, ma è lì che incombe, perché il Pietro ammazzò allora per la prima volta. Fino all'ultimo, quello dei francesi, quello che per ora ha coni eluso la serie. L'assassino inviò un j lembo di seno della ragazza uccisa i in una busta sulla quale scrisse: ' «Procura della Republica», con una b soltanto. «E' scritto così perché i caratteri sono grandi e l'assassino è andato a capo», spiega Bevacqua. Quello è un messaggio chiaro, sostiene, inviato al sostituto Silvio Della Monica come gesto di sfida. «Salvatore Vinci era slato interrogato dalla dottoressa Della Monica», insinua il legale. Dubbi: ne aveva avanzati una serie cospicua anche l'avvocalo Luca Santoni Franchciti, già patrono di parte civile per i genitori di Stefania Pettini, trucidala nel '74 col fidanzato, e per i familiari dei ragazzi francesi. Il suo collega Nino Filaste avrebbe rilasciato al settimanale «Oggi» questa dichiarazione: «Pacciani non è il mostro di Firenze, io ho trovato le prove e posso dimostrarlo». Filaste è un apprezzato scrittore e chiarisce subito: «Non ho affatto detto di aver le prove assolute, ho semmai indizi contrari, indicazioni. Eppure avevo chiesto di scrivere soltanto quello che avevo dello». Una pia illusione, a quanto pare. Vincenzo Tessandori Pietro Pacciani

Luoghi citati: Borgo San Lorenzo, Firenze