«In un'ora io ho perso un figlio e un affetto» di Stefania Miretti

«In un'ora io ho perso un figlio e un affetto» «In un'ora io ho perso un figlio e un affetto» LA MADRE DELL'ASSASSINO LGENOVA A mamma di Stefania piange una figlia, so quanto possa essere inconsolabile il suo dolore. Ma io, oggi, ne piango due: il mio Antonio, rovinato per sempre, e quella ragazzina che conoscevo da tre anni e ormai consideravo la mia quinta figlia». Piange di nascosto, la mamma dell'assassino. Per lei, che fino a sabato scorso aveva «un figlio d'oro, un ragazzo che tutte m'invidiavano», niente condoglianze, ma le telefonate degli sciacalli, «una dopo l'altra, in continuazione», il silenzio sgomento degli altri figli («il più piccolo ha cinque anni, poi c'è quello di quindici, era in classe con Stefania: in famiglia di questa storia non abbiamo ancora avuto il coraggio di parlarne. Ci guardiamo, e non parliamo»), la fredda cortesia della gente. Al funerale di quella ragazzina che le girava per casa, e che suo figlio ha ucciso a coltellate, non c'ò andata. Per timore e per vergogna. Neppure all'ospedale, quando Stefania abortì, c'era andata: «Mi fecero capire che non ero desiderata: ma quello era anche il mio nipotino», dice, «e sapesse quante volte ho avuto la tentazione di cercare quei genitori, di parlare con loro. Chissà, forse se ci fossimo incontrati...». Com'era Antonio, signora, e perché ha ucciso Stefania? «Mio Dio, più ci penso e meno riesco a trovare una spiegazione. Antonio era il ragazzo che ogni madre vorrebbe, buono, gentile, mai un problema. Avevo un figlio d'oro, che ha cambiato la sua vita in un'ora. Adesso non so se ce l'ho ancora: voglio vederlo, voglio rendermi conto». Ma non la preoccupava questa sua ossessione per Stefania, questo amore esagerato e possessivo nei confronti di una bambina? «Tutti e due erano così! Attaccati, sempre insieme. Passavano oro al telefono, e io naturalmente m'arrabbiavo. E si scrivevano, ogni giorno una lette¬ ra, e cuoricini, e bigliettini. Anche lei era gelosa: a volte Antonio andava in discoteca senza avvertirla, ed erano scenate. Allora lui si chiudeva in camera e le scriveva. A me sembrava una cosa da ragazzini, cercavo di non dare troppo peso». Stefania, più che una ragazza, era una bambina. E come dare poco peso a un aborto a dodici anni, signora? «Lo so, lo so. A mio figlio dicevo: è una bambina. E a lei: la tua mamma ha ragione. Perché una figlia femmina ce l'ho anch'io, e anch'io le dicevo no, tu al cinema col tale non ci vai, sei troppo piccola. Ma Stefania mi rispondeva: "Io Toni lo amo". E lui le voleva così bene. Si vole¬ vano bene, davvero». Ma dicono che lui l'avesse già minacciata... «Non credo, non mi risulta. Ma quante volte, anche tra adulti, si dice: "Se mi lasci t'ammazzo"...». Antonio però l'ha poi fatto. E aveva un coltello. «Lo so. In questi giorni ho scoperto tante cose che neanche immaginavo. Mi creda, se mio figlio avesse dato anche solo un piccolo segnale, se mi fosse sembrato disturbato, se avesse fatto discorsi violenti, sarei intervenuta senza esitazione». Com'era Antonio negli ultimi giorni? «Triste e abbattuto, come ogni volta che litigava con Stefania. Giovedì sera ò tornato a casa e non ha voluto mangiare: "Mi ha lasciato, questa volta ò per sempre". Io lì per lì non ho dato tanta importanza alla cosa, ma una frase mi ha colpita: "Mamma, dice che le faccio paura". Non so, forse avrei dovuto chiedergli di più. Venerdì era ancora giù di morale, ma non agitato, non nervoso. Solo triste. Sabato mattina l'ha uccisa». Suo figlio avrebbe detto di aver ucciso Stefania perché lei lo tradiva... «Ho letto sui giornali tanto cose che mio figlio avrebbe detto: per esempio, che quella mattina era drogato. Voglio parlare con lui, sapere da lui la verità. Quanto a Stefania, mi sembra poco probabile che in due giorni una ragazza possa passare da un amore ad un altro. Chissà, magari l'avrà detto per farlo ingelosire. Cose di ragazzi. E lui l'ha accoltellata. E quella povera madre non ha sentito neanche un urlo, mentre sua figlia moriva. E io sono qui, che ancora non mi rendo conto di quello che è successo. E non mi dò pace». Stefania Miretti