A Palermo

A Palermo A Palermo I carabinieri nella sede pds PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un'inchiesta giudiziaria investe il pds siciliano. L'ha disposta la procura della Repubblica di Palermo sull'attività di alcune delle duemila cooperative «rosse» della Lega in Sicilia. Venerdì scorso i carabinieri si sono presentati negli uffici palermitani del pds, in un palazzetto settecentesco in corso Calatafimi, e si sono fatti consegnare nomi, elenchi, riferimenti ai dirigenti del pei e poi della Quercia che si sono succeduti negli ultimi 15 anni, dal 1980 a ora. Lo stesso è accaduto nella sede della Lega cooperative. Il «caso» è rimbalzato a Roma dopo tre giorni di imbarazzo. Ne ha parlato lo stesso D'Alema che, senza invettive né grida, ma con evidente irritazione, ha subito polemizzato con il leader di An Gianfranco Fini che per alcune dichiarazioni su presunti affari del pds è stato querelato dal partito. «Se Fini o Maceratini hanno notizie di reati devono comunicarle alla procura della Repubblica» ha detto il segretario pidiessino, sostenendo che quelli di Alleanza nazionale «sono appelli alla magistratura perché venga perseguito il maggior partito di opposizione». D'Alema ha anche osservato che «siamo ai limiti di un corretto rapporto tra le forze politiche». E il segretario siciliano pds, Angelo Capodicasa, quasi a puntellare D'Alema, è sbottato in un «è strano che questa iniziativa venga subito dopo le esternazioni di Fini». Ieri Capodicasa, che è anche vicepresidente dell'Assemblea regionale siciliana e che gode di larga considerazione pure fra gli avversari politici, ha convocato d'urgenza una riunione con alcuni avvocati del partito. La richiesta di informazioni dei vertici del pcipds nell'isola, su ordine del sostituto procuratore della Repubblica Luigi Patronaggio, è stata notificata venerdì al membro della segreteria regionale Gioacchino Vizini, già deputato all'assemblea, l'unico dirigente che al momento dell'arrivo dei carabinieri era negli uffici. «Stiamo compiendo una verifica - ha poi detto Vizini - per accertare se, come pare, un'analoga indagine sia in corso "a tappeto" sui dirigenti del nostro partito in tutta l'Italia meridionale». L'avvocato Nino Caleca, uno dei legali del pds, ha affermato che i nominativi richiesti dagli inquirenti sono più di mille e che alla Lega cooperative non sarà facile fornire tutti gli elementi sui rapporti tra i suoi soci e le amministrazioni pubbliche nell'isola. «Infatti i contratti sono sempre stipulati dalle singole cooperative», ha sottolineato Caleca. Ed Elio Sanfilippo, ex capogruppo del pei al Comune di Palermo, ora vicepresidente delle Coop «rosse» nell'isola, ha puntualizzato: «Siamo pronti a fornire quasiasi delucidazione ci venga richiesta. Non ci risulta assolutamente nulla di irregolare». Sanfilippo ha ricordato che è stata già presentata querela nei confronti di Fini e ha sibilato «è una campagna calunniosa perché se Fini ha notizie di collusioni come sostiene, se è vero che è un uomo di governo, ha il dovere di presentarsi al procuratore della Repubblica». Sono stati cinque i segretari regionali del pei e poi del pds in Sicilia dal 1980 a ora: Gianni Parisi, che interpellato ieri ha detto di essere all'oscuro di tutto, Pio La Torre, Luigi Colajanni da tre legislature eurodeputato, Pietro Folena, e ora Capodicasa. Dopo l'omicidio di La Torre (30 aprile 1980), circolarono voci anche sull'ipotesi che potesse essere stato ucciso dalla mafia per intrallazzi con alcune coop «rosse» sulle quali egli avrebbe voluto veder chiaro. Ma ebbe poi il sopravvento la tesi secondo cui i boss vollero morto La Torre perché, tornato in Sicilia, voleva dare impulso al fronte antimafia. Antonio Ravidà

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