CURARSI CON I POLLICI di Carlo Grande

CURARSI CON I POLLICI CURARSI CON I POLLICI Brosse: dagli alberi allo zen era nell'antichità alla portata di tutti: «Bevevano e mangiavano con misura, lavoravano e riposavano con regolarità, non si estenuavano in attività sconsiderate. Potendo così mantenere l'unione del corpo e degli Spiriti, arrivavano alla fine dell'età naturale e, centenari, se ne andavano». di Jaca Book, pp. 406, L. 48.000): «In l'in dei conti, ogni malattia è un disturbo degli Spiriti; come avrebbe potuto installarsi il male in un essere in perfetta armonia con l'universo?». Compito del medico tradizionale è un sottile e delicato intervento per ripristinare lo stato originario alterato dalla perturbazione patologica. Il Suwen rammenta che l'arte della salute Claudio Gallo FERMARSI, incrociare le gambe e sedersi, restando per ore in silenzio davanti a un muro. Ce n'è abbastanza per gettare nel panico qualsiasi occidentale. Non Jacques Brosse, eclettico scrittore francese che nei primi Anni 50, dopo aver provato le droghe come strumento di conoscenza sulle orme di Michaux e di altri intellettuali, ha praticato yoga, viaggiato in India, fatto pellegrinaggi in Cina e ai piedi dell'Himalaya, meditato nei monasteri tibetani. Fino a diventare un maestro zen. Nell'87 l'Accademia francese lo ha premiato per l'insieme delle sue opere e nell'89 è diventato famoso in Italia vincendo il Premio Internazionale Nonino, riservato a chi promuove attraverso le lettere la civiltà contadina. Due anni fa Brosse ha scritto Zen et Occident (pubblicato da Albin Michel). Dopo Storie e leggende degli alberi e L'ordine delle cose, Studio Tesi sta per pubblicare Satorì, stupefacente diario sullo «Zazen», millenaria tecnica di meditazione buddista. Ma cosa sarà mai lo zen nel cuore della douce France, lungo la verdissima Dordogna dove ha casa il monaco-scrittore? Un trastullo esotico per gente annoiata, il surrogato di un'ora di tennis o cos'altro? Forse non sarà il toccasana che consentì a un vecchio giapponese, raccontano alcuni adepti, di mantenersi fino a 98 anni fresco come la rugiada, facendo «zazen» e nutrendosi con la propria saliva. E tuttavia ha effetti salutari anche su un europeo: sensibile abbassamento del tasso di acido lattico, modifica percepibile delle secrezioni endocrine e soprattutto delle onde cerebrali, registrate attraverso l'elettroencefalogramma. Insomma, diminuzione dell'inquinamento mentale, incremento del benessere somatico e diminuzione di quel malessere-angoscia imprecisato e senza causa, o con troppe cause. A 25 anni Brosse era corrispondente della radio francese a New York, poi è ritornato in Francia e ha lavorato da Gallimard e Laffont. Dal nostro inviato nello zen, dunque? «Sì, consideriamo pure il libro come un reportage. Se lo zen è l'essenza del buddismo - spiega lo scrittore francese - "zazen" è il cuore dello zen. E' un certo modo di girarsi i pollici ma molto difficoltoso, perché devono restare perfettamente immobili. Fui ordinato monaco poco dopo aver terminato questo diario. Il maestro Deshimaru mi incaricò di andare a insegnare in alcune scuole zen. Nelle prossime settimane ordinerò quattro nuovi monaci». Com'è nato in lei l'interesse per lo zen? «Fin da bambino ho avuto "cineserie" sotto gli occhi: bronzi e sete di un prozio, che dicono avesse preso parte al saccheggio del Palazzo d'Estate di Pechino. E mio fratello, che durante il servizio militare visitò la Cina, aveva portato dall'Oriente lacche, avori, statuette di divinità. Così a vent'anni cominciai a studiare il cinese». Cosa può insegnare lo zen a un occidentale? «Innanzitutto ci riporta a noi stessi. Questa meditazione corporale, prima ancora che mentale o spirituale, insegna la lucidità, il rispetto per gli altri, per tutti gli esseri viventi. Ci vuole tempo, è una meditazione dura, faticosa, che richiede sforzo fisico. Con umiltà, stando seduti nel silenzio, ci si accorge che accadono molte più cose di quel che si pensava. E più importanti di quelle che accadono con la nostra frenesia, o sommersi dai suoni dei messaggi tv radio, che di noi stessi non riflettono nulla, non restituiscono alcun riflesso, senza volontà nostra». Cattolicesimo e zen non sono in contraddizione? «Lo Zen non è una religione, è una filosofia di vita che non impone dogmi, non impedisce di credere in altre religioni. E' una dottrina perfettamente ortodossa, autorizzata dallo stesso Paolo VI. Io vado in chiesa e a messa ogni domenica. Si può essere nello stesso tempo monaci cattolici e monaci zen. Certi cattolici si rivolgono allo zen perché la loro religione da tempo non ha più elaborato metodi di meditazione». Per noi occidentali, «avidi di efficacia», la voce pacata di Brosse sembra snocciolare tante «bestemmie»: «Si fa "zazen" per niente, non esiste alcuna ragione per fare "zazen"... E' un paradosso della via buddista: la meta si raggiunge quando non si desidera più raggiungerla». Per scoprire così una risposta allo scacco più doloroso dell'esistenza: la morte: «Perché avere paura - dice Brosse - di tornare da dove siamo venuti? E' come se un'onda resistesse alla forza che la riporta al mare: negli uomini è proprio questa resistenza che procura loro dolore e angoscia». Carlo Grande

Luoghi citati: Cina, Francia, India, Italia, New York, Pechino