CORPO MISTICO

Saggistica Saggistica CORPO MISTICO Gioacchino da Fiore, il visionario dell'Apocalisse ne, con testo originale a fronte, è di Andrea Tagliapietra, cui si devono anche commento e introduzione. Un mistico è proprio quello che ci vuole nell'orgia di materialismo in cui viviamo. Inoltre Gioacchino da Fiore sarebbe anche un «pensatore d'urto», secondo la definizione di Franz Wiedmann, il quale chiama anstóssige Denker quelli che «hanno dato uno scossone al modo di vivere e di pensare dei loro contemporanei, hanno provocato scandalo, si sono affaticati dietro alla realtà, cosa che non può essere detta dei filosofi della riflessione». Qui c'è una strana concezione della filosofia. Comunque, non si capisce come le parole del Wiedmann possano essere rapportate al mistico calabrese, il quale, più che affaticarsi dietro alla realtà, è tutto preso dai suoi chiliasmi e dalle sue simbologie. Neìì'Enchirìdion c'è più tensione morale che intellettuale, più allegoria che conoscenza. Di speculazione filosofica non si può assolutamente parlare. Come si spiega, allora, la grande fortuna di Gioacchino da Fiore non solo presso i poeti e gli scrittori, da Dante a Joyce, ma anche presso uomini di pensiero come Montaigne o Vico, Hegel o Marx? A parte le sue notevoli qualità stilistiche, e la sua fama di veggente o di profeta, qui, per capire il fenomeno, occorre tener presente soprattutto la sua concezione ciclica della storia. Non si tratta di una concezione come quella dell'eterno ritorno teorizzato dalla filosofia indiana e simboleggiato dalla ruota. Si pensi anche alla Emnge Wiederkehr des Gleichen di Nietzsche, che sicuramente mutuò tale idea dal buddhismo. Niente di tutto questo in Gioacchino, che invece pensa a una evoluzione in cicli successivi o progressivi. In corrispondenza con le tre persone della Trinità, egli scandisce in tre periodi la vita del genere umano e la storia della sua salvezza. Il primo periodo, corrispondente all'età del Vecchio Testamento, sarebbe stato il regno del Padre; il secondo, corrispondente all'età del Nuovo Testamento, sarebbe stato invece il regno del Figlio. Dopo l'esaurimento del secondo regno o ciclo, dovremmo avere quello dello Spirito. Anzi avremmo dovuto averlo da tempo, perché Gioacchino prevedeva che il passaggio dal secondo al terzo ciclo sarebbe avvenuto intorno al 1260. Da allora seno passati alcuni secoli, ma, anziché il regno dello Spirito e del Vangelo Eterno, abbiamo avuto quello del diavolo, il quale non sembra minimamente intenzionato a ritirarsi dal mondo. Evidentemente «il calavrese abate Giovacchino / di spirito profetico dotato», come lo chiama Dante, non aveva la vista molto lunga, anche se era illuminato dai raggi dello Spirito Santo. In compenso aveva una potente fantasia, come si può vedere nella descrizione dei tre stati che egli fa nell'opera Concordia Novi ac Veterìs Testamenti. Qualche esempio: «Il primo stato fu illuminato dal chiarore delle stelle, il secondo dalla luce dell'aurora, nel terzo ri- splenderà il meriggio». Oppure: «Il primo stato fu il tempo dell'obbedienza servile, il secondo di quella filiale, il terzo sarà l'epoca della libertà». Sono visioni che si possono forse realizzare nel regno dei cieli, ma non sulla Terra. Eppure Gioacchino da Fiore ha fatto scuola: quanti suoi epigoni non hanno preconizzato un'epoca di libertà, di pace e di benessere per tutti, lasciando credere che il mondo si sarebbe trasformato in un Eden? Nella Philosophie der Geschichte, Hegel ricalca quasi alla lettera Gioacchino da Fiore: «Possiamo distinguere i tre periodi come regno del Padre, del Figlio e dello Spirito». Egli si riferiva ai periodi della storia del mondo germanico, e anche per lui il «regno dello Spirito è la conciliazione». C'è però anche una differenza non lieve: Gioacchino scrive incomparabilmente meglio di Hegel, dal quale derivano tutti i cosiddetti filosofi della storia. Essi sono i filosofi meno filosofici che ci siano, perché la storia, definita una profe¬ zia alla rovescia o anche l'escremento registrato delle azioni umane, è tutto tranne che un argomento filosofico. (E quanto sia difficile tradurre in pratica di vita le visioni apocalittiche di Gioacchino da Fiore lo dimostra il caso del riformatore tedesco Thomas Mùntzer, «comunista chiliastico»). Il nostro mistico doveva avere una forte personalità e molto fascino, se dinanzi a lui s'inchinarono re e imperatori. Forse ciò dipendeva soprattutto dal fatto che egli aveva trovato la forza di separarsi dal mondo. Si staccò anche dal suo ordine, quello dei cistercensi, e ne fondò uno per conto proprio, ma con regole molto più severe. Così i cistercensi riformarono l'ordine dei benedettini e i gioachimiti riformarono l'ordine dei cistercensi. Probabilmente vale per gli ordini monastici quello che vale per i regimi politici: bisogna potarli di tanto in tanto, altrimenti degenerano. Anacleto Verrecchia Jacques- /{rosse