Diventa un film la storia di Alfred iraniano senza patria di Enrico Benedetto

«Da sei anni la mia casa è l'aeroporto» Respinto da Londra, vive e dorme a Parigi-Roissy: leggo molto, peccato che al bar si mangi male «Da sei anni la mia casa è l'aeroporto» Diventa un film la storia di Alfred, iraniano senza patria IL RE DEI CLOCHARD APARIGI LFRED? Ha già guardato agli arrivi internazionali? Beh, allora può trovarlo nella caffetteria. Anzi no, le toilettes. Magari è lì che si fa la barba». Nel caos di Roissy, il più grande scalo aereo parigino, rintracciare qualcuno senza recapito fisso né telefono richiede tenacia e fortuna. Ma infine eccolo spuntare dietro una colonna Merhan Karimi Nasseri, Alfred per gli amici. E' vicino all'hamburgheria, sulla poltroncina che gli farà da giaciglio stasera, il carrello con i suoi pochi averi accanto. Potrebbe entrare nel Guinness, Merhan-Alfred, quarantanovenne anglo-iraniano che da sei anni vive a Roissy 24 ore su 24. Ci arrivò nel lontano '88, espulso dalla Gran Bretagna ove il suo status di esule non era riconosciuto. Ma neanche Teheran lo vorrebbe indietro. E lui, comunque, non desidera tornarvi. Figlio di medico persiano e infermiera britannica, lasciò l'Iran un quindici anni fa per ritrovare oltremanica la madre. Invano. Era l'inizio di una vera Odissea. Alfred vaga per l'Europa. La Germania non lo vuole, Londra gli chiude la porta in faccia, solo Bruxelles mostra qualche compassione offrendogli un permesso di soggiorno. Ma lui non vuole saperne. Desidera tornare sul Tamigi, o - al massimo un visto per il Canada. Parigi, o meglio lo Charles de Gaulle, doveva essere una tappa tecnica. E invece il provvisorio si cristallizza. Senza passaporto, Alfred rimane prigioniero della cittadella aeroportuale. A lasciarla per avventurarsi sugli Champs Elysées violerebbe la legge francese. Ma nessuno sa offrirgli al- tre destinazioni. Così ormai l'aeroporto gli è casa, rifugio e carcere insieme. Storia da romanzo. Non stupisce che Philippe Loiret ne abbia ricavato un film («Tombés du Ciel»), sugli schermi da mercoledì scorso. Con la pellicola, arriva la celebrità. Nasseri adesso è una piccola star. Ieri mattina il «Figaro» l'immortalava con a fianco Jean Rochefort, l'attore principale. Il successo, tuttavia, non pare tur- | bario. Squatter, clochard dell'aria, eremita tra la folla, Alfred tiene alla sua calma interiore e l'accompagna con un'estrema frugalità. Dal 1988 in un aeroporto. Come trascorrono le ore? «Dormo poco. Sino a mezzanotte c'è troppo rumore e pubblico per addormentarmi. Poi, verso le 5, arrivano quelli dei primi voli. Non rimane che alzarsi. Raccolgo qualche quotidiano e me lo leggo. La politica internazionale m'appassiona. Sì, anche il vostro Paese. Malìa, crisi nei partiti, Tangentopoli. Ne accadono di cose, eh? In verità, mi piacerebbe anche leggere qualche buon libro. Se avessi una stanzuccia lo farei, ma qui... c'è una tale confusione. Per evadere, ho il i mio walkman. Musica leggera, ! ma anche seria: adoro Shostako- | vie e Vivaldi. Poi scrivo, un lun¬ go diario che diventerà forse libro». Non le mancano la famiglia, gli amici, le donne? «Sì e no. Provi ad avere un'avventura sentimentale nella mia condizione. Dove ci apparteremmo? Anche gli hotel interni ti chiedono i documenti, e io non posso esibirli. Ma vena l'ora, bisogna saper attendere. Quando sarò in Canada. C'è una splendida natura, non vedo l'ora». Ma qui? «Sopravvivo. Certo non è facile. Mangiare, per esempio. Solo fast-food a Roissy. E io detesto gli hamburger. Talora me li offrono, dovrei accettarli per cortesia, ma sono disgustosi». E per il denaro? «Pago io. Del resto, le mie esigenze sono minime. Ho con me il necessario, null'altro. Mi tengo pulito, e pochi franchi al giorno bastano per sfamarmi. Rice¬ vo gratis i ticket-restaurant, qualche piccola somma arriva di straforo. E' gentile qui la gente. Ma preferisco tenere le distanze. Non vorrei mai disturbare. Inoltre sono qui per caso, l'aeroporto non potrebbe mai trasformarsi in una sistemazione definitiva. Attendo, ma non mi abituo». Spera davvero nel lieto fine? «Perché no? C'è un legale che si occupa di me. Ho la ragione dalla mia, e un bel giorno le cose potrebbero sbloccarsi. Le trattative continuano: anche l'Onu segue la vicenda, gli apatridi rientrano nelle sue competenze. Non smarrisco la fiducia. In fondo, mi annoio così poco. Vengono a trovarmi i medici di Roissy, il cappellano, gli assistenti sociali, ora persino i media. Posso offrirle un caffè?». Enrico Benedetto «Senza passaporto non posso uscire né ripartire» L'aeroporto di Roissy dove vive l'iraniano Alfred

Persone citate: Charles De Gaulle, Jean Rochefort, Karimi, Nasseri, Philippe Loiret, Rice, Vivaldi