Hamas si pente: un limite alle stragi di Aldo Baquis

Ma la Libia esalta «l'azione audace e benedetta» mentre dal Libano piovono razzi su Israele Ma la Libia esalta «l'azione audace e benedetta» mentre dal Libano piovono razzi su Israele Humus si pente: un limite alle stragi / leader islamici: uccidere i soldati va bene, i civili no TEL AVIV NÒSTRO SERVIZIO" La strage di Tel Aviv scuote le coscienze e provoca turbamento anche nella moschea di Nablus, un centro del fondamentalismo islamico della Cisgiordania. E ieri, forse per la prima volta, due esponenti del movimento di resistenza islamico Hamas hanno detto che il conflitto fra israeliani e palestinesi sta diventando un terribile bagno di sangue e che da questo confronto vanno escluse almeno le persone innocenti. «Un'operazione che colpisca civili e inaccettabile perché è contraria ai precetti dell'Islam», ha detto lo sceicco Jamal Mansur, un predicatore della moschea che fra il 1992 e il 1993 è stato confinato da Israele a Marj e-Zuhur, nel Libano del Sud. Un altro sceicco, Jamal Salim, ha poi precisato: «In quanto musulmani, sappiamo che la Guerra Santa ha dei limiti. E' vietato uccidere un bambino o una donna, un vecchio o uno schiavo; Proibito appiccare il fuoco a un albero o sgozzare un capretto. La "Jihad" si basa su un fondamento morale, non può rivolgersi contro civili». Ma mentre il quotidiano Haaretz presentava in prima pagina il parere dei due influenti teologi islamici, dal confine col Libano i guerriglieri sciiti filo-iraniani Hezbollah hanno lanciato una nuova offensiva contro gli insediamenti urbani dell'alta Galilea. Decine di razzi katiuscia sono così caduti su città in cui vivono donne e bambini, vecchi e capretti, e hanno appiccato il fuoco alle foreste. Oltre centomila israeliani sono stati obbligati a riparare nei rifugi nel timore che nuove salve di razzi seguano le cinque cadute ieri. «E' stata una ritorsione - ha spiegato un portavoce degli Hezbollah per i bombardamenti israeliani sulla città libanese di Nabatye, in cui sono morte 7 persone». Ieri, da oltre il confine, il mondo arabo ha comunque inviato a Israele un altro messaggio: in un'intervista alla tv israeliana, senza precedenti nel suo genere, re Hassan II di Marocco ha espresso cordoglio per le vittime dell'attentato di Tel Aviv, ha manifestato disponibilità a trovare una soluzione negoziata per Gerusalemme, ha esortato i circa 600 mila israeliani di origine marocchina a non rompere i ponti con il Paese d'origine e a non desistere dall'impegno per la pace. Dalla Libia, invece, il giornale Al Zahf al-Akhdar si è felicitato per «l'audace e benedetta operazione» compiuta a Tel Aviv dall'emissario di Hamas, «una logica reazione - ha commentato - alla futile speranza dell'Occidente di contare sul traditore Arafat». Il quale è stato ieri ancora una volta dileggiato e insultato di fronte a migliaia di fedeli dallo sceicco Ahmed Baher di Hamas, nel corso delle preghiere del venerdì nella moschea Palestina di Gaza. In questa cacofonia di messaggi circa cinquanta pacifisti israeliani - guidati da Uri Avnery e da Latif Dori - sono convenuti ieri nella piazza Dizengoff, a breve distanza dal luogo della strage, per onorare la memoria dei caduti e ribadire la loro volontà di pace. Ne è seguito un parapiglia: passanti ed estremisti di destra hanno stracciato i cartelloni dei pacifisti, li hanno aggrediti a pugni e calci, hanno urlato a squarciagola: «Col sangue, con lo spirito, scacceremo Rabin». Un passante, ormai rauco per il troppo gridare, ha trovato ancora la forza di inveire contro i pacifisti: «Magari ci foste stati voi nell'autobus n. 5», quello fatto disintegrare dal kamikaze islamico. Poi un reparto di polizia si è schierato sulla piazza e ha fatto scudo ai pacifisti che intonavano «HaTikwa», l'inno israeliano. Per stasera la destra progetta una grande prova di forza. Accanto al luogo dell'attentato molti locali pubblici sono rimasti chiusi per lutto. Chiusa pure la bancarella del «Maghìd-atidòt», l'indovino che legge le carte e che non si sa che fine abbia fatto dopo l'esplosione. Aperti invece i cinema della piazza Dizengoff. In uno di essi ieri sera proiettavano «Speed» (Velocità), un recente film statunitense che narra di un autobus su cui uno psicopatico ha deposto un ordigno che esploderà se l'autista viaggerà a meno di 80 km all'ora. A differenza della realtà, notano alla cassa, il film si conclude con un «happy end». E sul marciapiede luccicano, giorno e notte, centinaia di candeline deposte da mani pietose. Aldo Baquis Il dolore di amici e parenti al funerale di un ragazzo di 23 anni, ucciso dalla bomba

Persone citate: Arafat, Jamal Mansur, Jamal Salim, Latif Dori, Rabin, Speed, Uri Avnery