Lo scrittore lumaca ribelle di Alessandro Baricco

discussione. Dopo Stone: cinema imbattibile per forza e velocità di emozioni? discussione. Dopo Stone: cinema imbattibile per forza e velocità di emozioni? Lo scrittore, lumaca ribelle Baricco: il libro, una bicicletta che insegue un treno Gli rispondono Veronesi, Voltolini, Paola Capriolo OTTO minuti di massacro in una tavola calda. Otto minuti di «inquadrature sghembe, bianco e nero e I colori che si alternano, ralenti, sovrapposizioni di immagini, colonna sonora a più strati, frammenti di immagini che apparentemente non c'entrano niente, parlato e immagine non a sincrono». Potrebbe essere la paccottiglia di un regista incapace o folle. Invece è la descrizione che Alessandro Baricco, nella sua rubrica su La Stampa, ha dedicato all'inizio di Naturai bom killers, l'ultimo film di Oliver Stone. Baricco è rapito non dalla storia, ma dal come viene avviata. Lo scrittore di Oceano mare (Feltrinelli ha appena pubblicato il monologo Novecento) non si fa incantare dai trucchi cinematografici, però dipinge una letteratura quasi disarmata di fronte alla potenza di emozioni che la pellicola può generare: «Ho visto, nitida, l'immagine di uno in bicicletta che insegue un treno». Sa che non è così, ma afferma che scrivere un libro così veloce è «maledettamente difficile». All'ottimismo non rinuncia e, pensando al treno, dice: «Ci sarà pur un modo di pedalargli davanti». Ma è necessario sentire frustrante la «velocità» dell'esordiospot del film? E' pensabile una gara tra mezzi diversi? Un'arte deve condizionare l'altra? Sandro Veronesi nega qualunque competizione: «Si va al cinema a godersi lo spettacolo. Lo si guardi da spettatori, tutti. Un ciclista vero non pensa di mettersi a rincorrere un treno o ad anticiparlo, fa il ciclista». Lui non ha ancora visto Stone, ma, dice, quel che conta è «non frustrarsi»: certe immagini sullo schermo provocano emozioni, ma «anche vivere certe situazioni nella realtà produce emozioni. E il cineasta che le avrà vissute pensando a salvarsi la pelle non saprà replicarle». Insomma: scendere dalla bicicletta e «guardar passare il treno con tutta la gente che ha sopra». Ma è un dato di fatto che certe intensità, certe rapidità sono favorite da un mezzo piuttosto che dall'altro. Tutto sta a scoprire se esi¬ ste una scala di valori. Per Paola Capriolo non è questione di cronometro: «Non sono d'accordo. I mezzi del cinema sono diversi da quelli della scrittura. Se cronometriamo, è probabile che il film sia più rapido, ma non è possibile una gara di velocità fra bicicletta e treno. Sinceramente non mi è mai capitato di vedere un effetto cinematografico non possibile in letteratura. Le macchine da presa che restringono o allargano il campo sono già state realizzate dai grandi scrittori del secolo scorso». Già, ma il nuovo cinema lancia emozioni in tempi che la pagina scritta non riesce a inseguire. Risponde la Capriolo: «Che fretta c'è? Non vedo il valore estetico della rapidità. L'intensità non è raggiunta con la brevità. Quella del film di Stone, che non ho visto, può essere una fonna di grande intensità, ma non un nuovo indirizzo. Basta pensare agli effetti di suspense, anche in sceneggiature di violenza o di gialli classici (a partire da Hitchcock) dove tanto è maggiore l'emozione quanto più è graduale l'attesa». E poi: «Non vedo perché correre contro il tempo, paragonare tempi non paragonabili. In quest'ottica, un quadro dovrebbe rendere superfluo il cinema». Il quadro predecessore della fotografia, il libro predecessore del film. E poi traditi, perché superati, dai figli? La letteratura è davvero condannata, lumaca rispetto alla pellicola? Il poeta Attilio Bertolucci, padre del regista Bernardo Bertolucci, ci scherza su: «Parlo prima di pensare. Tutto è stato influenzato: dal cinema la letteratura. E la pittura ha subito, dalla seconda metà dell'800, il fascino della fotografia. Io non mi sento di dire che l'una sia come arte superiore all'altra». E se considerassimo cinema e fotografia «minori» rispetto alle «rivali»? Bertolucci: «Lei vuole dire: alcune più alte però in ritardo rispetto alle nuove, quindi in difficoltà? Non lo vedo questo disegno. In fondo il cinema è nato selvaggio, è nato muto, ed è andato contro la sua natura con il sonoro e il parlato. Eppure ha avuto una storia... Sempre legata alle altre forme espressive: Ejsenstejn era al corrente di tutte le più avanzate forme d'arte intemazionale, anche se chiuso nell'Unione Sovietica...». Ma per Bertolucci la competizione espressiva, la gara all'offerta di emozioni in tempo reale, se da un lato «è già vinta dalla poesia», dall'altro è legata a «momenti privilegiati, di espressività, di concentrazione lirica», che possono essere in un romanzo, in un'operetta, in un film dalle lunghe attese. Alla suggestione del film e dei suoi tempi non vogliono sfuggire gli autori più giovani. Il torinese Dario Voltolini (Un'intuizione metropolitana e Rincorse) coglie l'invito di Baricco a pedalare davanti al treno: «Oggi non si può essere indifferenti a niente. Il cinema lancia una provocazione, chi se la sente risponde». Dovremo quindi leggere pagine che fanno i conti con Stone e colleghi? No, dice Voltolini, dobbiamo seguire una narrazione che cambia: «Chi vuole rifare la Recherche è libero di rifarla. Ma è stimolante pensare di superare con la scrittura tecniche cinematografiche. La letteratura ha dato al cinema? E noi cogliamo dal cinema. Non si tratta di copiare, ma di alzare le antenne». E, poi, una provocazione metropolitana: «Stone, in quegli otto minuti, ci ha riempiti di botte. Vogliamo provare a ridargliele?». Marco Neirotti Attilio Bertolucci: «Forse questa gara è già vinta: dalla poesia» Qui accanto: Paola Capriolo. Sotto Alessandro Baricco.

Luoghi citati: Unione Sovietica