Il successo? Ha le ali ai piedi

Il successo? Ha le ali ai piedi Nelle Marche la più alta concentrazione al mondo di produttori di calzature LA FABBRICA DELLE IDEE Il successo? Ha le ali ai piedi Cinquemila vip calzano le scarpe di Della Valle guru del marketing lo chiamano - misteri della sociologia - motore semiotico, per intendere quel condensato di segni e di messaggi contenuto in un prodotto di qualità, quell'insieme di avvisi simbolici, insomma, che cattura il consumatore e, se va bene, lo fidelizza per l'eternità. Davanti a noi abbiamo - fortuna insperata in questa gita alla ricerca di idee che producono montagne di danaro - un motorino semiotico vivente, non tanto per quel che porta addosso, per la cravatta, per la camicia, per le calze, per le scarpe, naturalmente marchiate dalla Casa, ma per il modo stesso di porsi e forse di essere: sabato in giro in jeans per spiare i gusti, gli stili di vita, in un'ininterrotta analisi sociologico-mercantile sul campo. Diego Della Valle, detto Dieghinp dagli amici, quasi tutti importantissimi, ha avuto una folgorante fortuna azzeccando alcuni, non tantissimi, prodotti-codice, oggetti non solo di ottima qualità, ma che racchiudono in loro uri robusto messaggio - come dire? - subliminale, che comunica silenziosamente, senza colpo ferire, l'identità di chi li indossa. Avete presenti le Tod's, quelle scarpe sportive dotate di peduncoli escrescenti sulla suola? E le Mogani E i giacconi Fayl Ecco, sono questi i motori semiotici di Diego, a sua volta motorino semiotico in proprio, che in tre lustri e anche meno, hanno portato questo quarantenne ottimista e soddisfatto di sé - ma con gradevole understatement - da Casette d'Ete, frazione di Sant'Elpidio a Mare, provincia di Ascoli Piceno, dove il nonno Filippo faceva il ciabattino e il padre Dorino (ancora oggi grande capo dell'azienda) il piccolo imprenditore, fino all'austero salone del consiglio d'amministrazione della Banca Commerciale Italiana, nella quale ha investito un centinaio di miliardi, e agli scuri corridoi dell'lri. Ma, per carità, non aspettatevi la storia del bravo self tnade man nipote del ciabattino, perché farebbe torto all'intelligenza vostra e anche alla fantasia imprenditoriale che ha fatto di Diego uno degli imprenditori - come si dice più liquidi d'Italia e della sua azienda l'oggetto di studio amore- vole di Michael E. Porter, insegnante ad Harvard, massima autorità mondiale nel campo della strategia competitiva e autore del bestseller «Il vantaggio competitivo delle Nazioni». Porter è stato nelle Marche e, allibito, tra Macerata e Fermo, ha trovato l'empireo delle scarpe, qualcosa come 5500 fabbriche, con quasi 100 mila occupati, la più grande concentrazione al mondo di produttori di calzature, come Sassuolo lo è dei produttori di mattonelle. Torna Yhabitat, la cultura locale, come propellente ineludibile dei nuovi boom, lo stesso che abbiamo trovato nel Biellese per i tessuti. Se in Valsesia ti toccano, non per affetto, ma per soppesare il tessuto che indossi e, quindi, per capire chi sei, qui nella Marche, quando ti danno la mano, guardano in giù, per terra, non perché siano timidi, tutt'altro, ma per valutare bene il pellame che hai ai piedi. Come potrebbero costruire Toyota, questi che hanno nel naso l'odore della concia? Io - fa Della Valle con un preoccupante lampo di feticismo nelle pupille - da ragazzino dormivo nelle ceste dei pellami e ancora adesso respiro l'odore del caveau come aria frizzante di montagna. E allora provate a fare le scarpe in un humus che non sia questo, nessuno può riprodurre a Tokyo o a Hong-Kong una filiera perfetta che va dall'azienda al piccolo artigiano, alle tre persone che in casa loro riescono a fare un tacco senza confronti. Sì, l'alto costo del lavoro è un guaio serio per chi fa prodotti tutti uguali e a prezzo basso, con poco valore aggiunto. Questi hanno il destino segnato, non hanno futu¬ ro. Ma chi ha il know how del Made in Italy, ormai orrida espressione sfigurata dal craxismo, non sarà certo ucciso dai salari degli operai o dei terzisti. Diego non lo nega: proprio il Mode in Italy, quella filosofia, quel coté, gli han dato la marcia ridotta per la scalata. Tornato da Bologna, dove faceva più che altro il ragazzo da bar - erano i tempi di Rita Pavone e Gino Paoli -, si eccita ancora per le pelli, ma molto di meno per la qualità e per i modelli di scarpe femminili: tutte nere, marron o blu, noiose, smorte, squallide. Comincia a copiare Maud Frizon, che fabbricava vicino a Padova e aveva una grande immagine nel mondo. «Ci sognai sopra, alle scarpe da donna - fa con il solito inquietante lampo feticista - e il risultato non fu male. Ma bisognava farsi legittimare dai santuari della moda, dagli stilisti, dai giornali del settore. Ecco l'idea: scarpe gratis agli stilisti per le sfilate del prèt-à-porter. Quelli, ben lieti, ci stanno e il nome Della Valle va sui giornali, si fanno vivi i commercianti importanti, come Biffi di Milano e Morisel di Bologna. Così, con l'aiuto della Madonna di Loreto, la faccenda ingrana bene. Cova già il super business delle Tod's, un misto di qualità e comunicazione, per il quale Diego si attribuisce un'intuizione e una fortuna un po' speciali. In America, forse in una vetrina di Boston, vede delle scarpe sportive, di quelle che già si portavano negli Anni Trenta in macchina, con la cuffietta da Spider. Diego se le porta in Italia e le copia, migliorandone la qualità, in uno stabilimento do- ve si conoscono bene i pellami, materiali vivi e quasi palpitanti nelle sue parole, ma meno i nuovi e complicati procedimenti di fabbricazione. A questo punto c'è il prodotto, c'è il marchio, c'è un nome facilmente pronunciabile, nella migliore tradizione del Mode in Italy, ma il consumatore è ancora soltanto nella testa di Diego. Chi è? E' un signore informale che la domenica non si mette più il ve¬ stito della festa, bandiera di un'Italia provinciale che c'è ancora ma non è più quella, ma neanche quelle scarpe da weekend rigide, pesanti, francamente brutte. E' un signore che ha delle rimembranze - così le chiama Diego -, che vive nel mondo, è un viaggiatore, non è ricchissimo, ma molto esigente sì. Cerca la qualità anche nella carta igienica, è interessatissimo al rapporto qualità-prezzo, che tuttavia sta mutando in misurazione della funzione d'uso: quanto me le metto e quanto durano? E' un signore che ha iLevi's, un vecchio Burberry's, un bel Loden e occhiali Ray; Ban, ha già scoperto la Station Wagon, va in campagna il venerdì sera e ne torna il lunedì mattina. Ma nel 1982 questo mitico personaggio latita pericolosamente, perché pare che le Tod's nessuno se le voglia comprare. Finché - così ce la racconta Diego: perché non credergli? - in settembre, alla Fiera delle calzature di Bologna, la Madonna di Loreto fa il miracolo: sono co-, stretti a chiudere a chiave le porte dello stand perché si scatena l'inferno. Duemila clienti affamati, invece di duecento, che vogliono le Tod's. Epica aziendale? Può darsi, ma i numeri e le lire che in pochi anni si sono abbattuti su Casette d'Ete la rendono verosimile. Tanto più che Diego (ma c'è anche il fratello Andrea, boss dei mercati esteri) ha trascurato di parlare dell'operazione Montezemolo. I due sono grandi amici. Che ti fa Diego? Mette astutamente ai piedi di Luca un paio di Tod's che sia come sia - vengono inquadrate dalle telecamere della «Domenica sportiva». E l'uomo in Station Wagon che ama la campagna e che pericolosamente latitava, spunta lesto dalle frasche. Volete la nostra modesta opinione su questa storia? Diego Della Valle, con il papà Dorino e il fratello Andrea, farà dei prodotti stupendi e di qualità superlativa (cento passaggi in fabbrica, sei controlli di qualità, uno staff di collaudatori che cammina per 20 chilometri al giorno, come fossero le prove della Formula 1), ma il colpo di genio - e non solo - l'ha avuto con i testimonial famosi e, a quanto pare, gratuiti. Sta per uscire anche in Italia, per dirne una, «The Specialisti): che ti porta Sylvester Stallone nella scena iniziale del film? Naturalmente, scarpe Della Valle. Cos'ha fatto Diego per ottenerlo? Boh. Lui giura niente ed è disposto a chiamare a testimone persino la Madonna di Loreto quando ti racconta che Sharon Stone compra le sue scarpe al negozio, che Catherine Deneuve le paga e poi lo ringrazia per telefono, che Henry Kissinger non si muove da casa senza la sua «Toddina» autunnale, acquistata sulla Quinta Strada, con dollaro sonante. E ti racconta di quella volta che lo chiama uno dall'America. Gli dice: volevo parlarle perché ho tutte le sue scarpe, sono comodissime, quando vengo in Italia vorrei incontrarla. Sapete chi era? Lee Iacocca. Ma non sgomma più di tanto Diego Della Valle, i suoi clienti - o almeno alcuni - devono avergli insegnato che chi si loda si sbroda, e non c'è niente di meno fine. Certo - confessa - abbiamo un ufficio che segue i Vip, altro orrido neologismo Anni Ottanta che Diego non usa perché ormai è patrimonio soltanto delle sciampiste di paese: il re di Spagna ha scarpe speciali per la caccia - credo le stia usando in questi giorni in Italia -, per la barca, quasi per ogni momento della sua vita. E Lady Diana? Non sarà uno scoop mancato l'agonia della monarchia britannica? O, per la gioia di Diego, si consuma in Tod's e Fayl Abbiamo cinquemila persone note nel mondo - computa Diego che mettono le nostre scarpe e le pagano. E gli yuppies, tremenda memoria del decennio passato, tutti conti e niente tradizione, portafogli momentaneamente gonfi e niente cuore? Non sono nostri clienti. Le Timberland? Per carità, non si parla dei concorrenti. Ma certo, in generale, chi ha premuto troppo sulla distribuzione ha finito per svilire il prodotto. Chi ha al mondo una realizzazione manuale della progettazione al computer! Chi ci mette tre anni a formare un bravo calzolaio? Chi sta progettando una fabbrica che sembra un campus universitario? Non si può dire che Diego non sia aggiornato: da Gaetano Marzotto, con la sua città utopica a Valdagno, a Adriano Olivetti, altri luoghi, altre utopie, non gli sfugge il meglio della cultura aziendale. Ma oggi, ricco e potente, investe 100 miliardi nella Comitper «un discorso di tesoreria» - così dice - e, da ragazzo da bar e motorino semiotico, si tramuta in grand commis, approdando là, agli inferi dell'impresa pubblica: niente fantasia, viva la burocrazia. Che cosa hai fatto Diego?! - gli vorremmo gridare, critici ma confidenziali. Lui lo sa che nel suo mestiere trascurare la gestione aziendale si paga salato; lo sa che far le scarpe e i giubbotti richiede genio e dedizione, se sei un vero money maker. E che gli altiforni, il gigantismo pubblico sono una maledizione, soprattutto adesso che nessuno ha più montagne di danari per coprirne le voragini. Si avvicina il fine settimana, Diego prepara i jeans, a dispetto dei commessi-giganti in mezzotight; lui le piazze le sonda; pensa - non a torto - che in fondo l'Italia è come il mercato delle scarpe. Il consumatore finale, al di là del marketing, compra il prodotto che non lo tradisce. Il marchio di La Malfa, amato in famiglia, era ormai obsoleto, quello di Segni non garantiva l'organizzazione aziendale, se n'è uscito Berlusconi,.. Dite quello che volete, ma è pazzo quel consumatore che tiene le scarpe vicino al comodino, pensando: non me le metto, tanto mi fanno male. Proviamo pure Berlusconi, se va bene lo compreranno alle elezioni come un prodotto-codice, campione dei cluster di Michael Porter, altrimenti vorrà dire che stavolta il motorino semiotico, sia con Tiri che col nuovo potere, ha sbagliato prodotto. Capita. Alberto Staterà Qualità extra Ma il boom è arrivato grazie al «testimonial» Montezemolo E i collaudatori delle Tod's marciano 20 km al giorno AUTUNNO '94 Con questo articolo dedicato alle Marche continua, dopo il «viaggio nella nuova Fiat» e i reportage sul «vento del Nord-Est», l'inchiesta sull'Italia che esce dalla crisi. AUTUNNO '94 la ripresa e le paure Diego Della Valle e le sue orma Sylvester Stallone e in basso la Deneuve In alto Montezemolo e re Juan Carlos FERMO