Il cachemire riscalda la ripresa

Biella: il gruppo che è riuscito a diventare leader mondiale dei tessuti di pregio Biella: il gruppo che è riuscito a diventare leader mondiale dei tessuti di pregio Il cachemire riscalda la ripresa Così i Loro Piana hanno conquistato l'America LA FABBRICA DELLE IDEE BIELLA %M HI ti incrociamo - ma guar^W»*- da ji caso . nei viaggio verso il Biellese e la Valsesia, dove ci aspettano i mitici fratelli Loro Piana, quell'isola felice di tradizione industriale, ma anche di idee, e quella cultura della lana cui iperbolicamente Fernand Braudel quasi attribusce il Rinascimento italiano? Incrociamo Fausto Bertinotti, ex leader di Essere Sindacato, la corrente purista della Cgil, e oggi ultimo custode della falce e martello come segretario di Rifondazione comunista. Che lane, che stoffe meravigliose! - ci fa Bertinotti rapito, come se parlasse dei risultati dello sciopero generale -. Ma si può forse impedire al campione dell'operaismo, all'estremo depositario del marxismo, di non godere per la qualità, anche estetica, di un prodotto, per il lavoro ben fatto, per una classe operaia, come si diceva una volta, professionalmente superiore, fiera del successo di marketing, e magari anche per un'imprenditoria una volta tanto lungimirante? L'operazione Biella s'infervora Bertinotti, con la sua erre arrotata, che ricorda proprio quella dell'avvocato Agnelli - è geniale: si sono coniugati qualità dei tessuti, marketing e moda, forse nell'unica zona al mondo in cui ciò era possibile. Pensate forse che si potesse fare a Canton, piuttosto che a Genova? Neanche per sogno, perché è nel Biellese che si coltivano la professionalità, il gusto, la cultura della lana e del tessuto. E sapete che cosa significa l'operazione Biella? Significa esibire la prova provata che le lamentazioni degli industriali sull'eccessivo costo del lavoro non sono poi così fondate: le aziende lavorano, sbaragliano la concorrenza nel mondo, guadagnano bene. E allora? Ce l'aveva detto Bertinotti, che è piemontese: nel Biellese, appena ti vedono, ti toccano, non perché sono affettuosi, soltanto per capire che tessuto indossi, che filato, che trama, che peso e anche chi sei. Una specie di rito social-sensoriale, cui, noblesse oblige, non si sottraggono i fratelli Loro Piana, Sergio e Pigi, due quarantenni dall'occhio vispo e dall'eloquio sciolto che negli Anni Settanta, conclusi gli studi alla Bocconi, ereditarono un'azienda ottocentesca - 3 miliardi e mezzo di fatturato - che oggi - 200 miliardi e passa - è il gruppo leader mondiale nei tessuti di lusso, tasmanian e cachemire. Quasi arrossiamo, giungendo a Quarona, sulle rive del Sesia, al tocco professionale di Sergio (ma d'ora in poi ci esimerete, per favore, dal distinguere tra i due fratelli, talmente complementari e intercambiabili da alternarsi ogni due anni alla presidenza), vergognosi per la nostra flanellaccia. Ci salva, per fortuna, il resoconto dell'analisi bertinottiana sul modello biellese. Ma chi? - fanno i fratelli - proprio quel Bertinotti lì che vuol tassare i Bot? Proprio quello. Ben informato e simpatico - ne ricavano - peccato che la butti sul costo del lavoro, che alto è alto; e, soprattutto, peccato che sia comunista. Ma - si sa - nessuno è perfetto. A dirla tutta, comunque, la Loro Piana ha aperto da poco uno stabilimento in America, nel New England, in un paesino di tremila anime che si chiama Stafford Springs; la Cnn ha dedicato all'evento due servizi, per mezz'ora e passa di trasmissione, rilanciati in tutto il mondo, ha intervistato il barbiere e pure lo scopino, entusiasti per il business del loro borgo. Bel colpo sul piano della comunicazione: i fornitori australiani di lane per poco svenivano vedendo via satellite le facce dei Loro Piana, gli acquirenti italiani delle loro top line, i migliori lotti di lana in assoluto, venduti a prezzi di pura affezione, quasi alla quotazione dell'oro. Quegli operai americani costano sì il 30 per cento in meno, ma quanto tempo ci vorrà per portarli al livello di Borgosesia? E quelli di Canton, poi? La Cina sarà pure vicina, ma non per le cose che faccio io, si fanno eco i fratelli. L'operaio è un concetto visivamente sfuggente a Quarona, che pure espone pezzi architettonicamente pregevoli di archeologia industriale. Dov'è la tuta blu? Dove il grasso e il ciglio incazzato? Tra i lucidi telai computerizzati non c'è grasso, non ci sono tute blu, la rivoluzione industriale sembrerebbe archiviata per sempre nell'oleografia, se non fosse per il rumore, che neanche i diabolici Loro Piana, tra le loro nuvole di cachemire, sono ancora riusciti a tramutare in lusso. Tra i telai non s'aggirano torme di Cipputi, ma rari giovanotti e giovanotte in pantaloni beige, T-shirt bordeaux e Timberland d'ordinanza. Uè, ma mica ci vorrai mettere in caserma, disse a Pigi (o a Sergio ?) il sindacalista ex compagno di scuola, quando fu introdotta la divisa casual. E i due all'unisono: ma che vai dicendo? Figurati se ci piacciono i balilla. Ci piace di più l'idea di un equipaggio, ma - bada - senza nessuna inflessione paternalista perché - se lo vuoi sapere noi siamo dei money makers, questo è il mestiere che vogliamo fare, se no ce no andremmo a cavallo o in barca, invece di investire tanto denaro. A pochi passi dallo stabilimento storico di Quarona, proprio sulla riva del Sesia, al limitare di un bosco di acacie, c'è un nuovo stabilimento, un grande cubo di cemento ancora non inaugurato, pieno di macchine supertecnologiche e di robot che non sapremmo come descrivervi. Cos'è mai uno Splitzer ad aria calda? Boh. In questo spazio enorme lavorerà neanche una cinquantina di persone e quel che colpisce noi capre antitecnologiche non è, figurarsi, il computer, che, intelligentissimo, seleziona le lane e le trasporta automaticamente alla macchina di lavorazione cui sono destinate, ma il pavimento. Sì, il pavimento: avete presenti quei parquet belli lucidi, fatti di piccole scaglie di legno della Costa d'Avorio, che magari vorreste in casa vostra? Bene, pensate a migliaia di metri quadrati di quel parquet, una distesa lucida dove t'immagini Fred Astaire che balla leggero il tip-tap in scarpe bianche, come in una delle prime pubblicità della Loro Piana, sormontata dallo slogan: il Tasmanian come istinto. Sono forse pazzi questi fratelli che mettono gli operai (750 tra Italia e America) in Lacoste e pavimentano le fabbriche in parquet? Ma no - fa Sergio (o Pigi?) - noi abbiamo la fortuna di stare in un posto dove c'è la fierezza di fare il mestiere, chi fa il falloniere, non dice io lavoro in fabbrica, ma precisa: sono falloniere alla Loro Piana; o cardatore, o tessitore; la divisa, tra virgolette, non si vede soltanto in fabbrica, ma anche al bar. Poi siamo incappati - come dire? - in un altro colpo di culo. Lo volete il racconto di questo colpo - non vi sfuggirà Yunderstatement dell'espressione - da parte dei Loro Piana medesimi? Eccolo qua. Correvano gli Anni Sessanta e il papà Franco faceva stoffe e le vendeva a chi le voleva, negozianti e confezionisti, senza pensare troppo al consumatore finale, quando dagli Stati Uniti arriva un compratore, un certo Philip Kass, con un'incredibile macchina americana. Questo Kass girava per la fabbrica e bofonchiava: voi siete tutti matti, che sono 'ste stoffe così pesanti, farebbero venire la scarlattina a un cavallo. Gli americani - aria condizionata in macchina, in ufficio e magari anche in casa - già vestivano molto più leggero. Ma in tela, che è la più semplice, la più rozza costruzione tessile esistente. Un giorno, Kass, aggirandosi in un magazzino, scova un rotolo di stoffa nera e urla: Eureka'. Ecco quello che ci serve. Era una pezza per fare velo da suore, di una stoffa che era servita a confezionare un abito anche a un papa, chissà quale Pio. The priest cloth, la stoffa del prete scoperta dall'americano, va alla grande, si vende come se fosse burro: se la strappano i grandi sarti dei politici e degli attori, sfonda da Bardelli a Milano, da Battistoni e da Cenci a Roma. La chiamano «Vaticano». Chissà se - a parte il buongusto - si sarebbe potuto brevettare il marchio della Santa Sede? E' a questo punto che i fratelli bocconiani intuiscono il business della leggerezza di qualità. Pigi - siamo già a metà degli Anni Settanta - parte per l'Australia e torna con il Super-100, lana finissima di pecora Merinos. Sergio brevetta il marchio Tasmanian, che, abbandonate le suggestioni papali, aveva preso piede tra i confezionisti e i negozianti, dal nome della Tasmania, l'isola a Sud dell'Australia scoperta da Abele Tasman. Risultato: abiti del peso di 750 grammi, o giù di lì, buoni per tutte le stagioni e praticamente eterni. Fosse stato per i confezionisti - rivendicano i fratelli della Valsesia - porteremmo ancora i vestiti fatti con la flanella dei ferrovieri: noi abbiamo capito dai nostri amici di qui, il medico, il notaio, che chi porta la cravatta dal lunedì al venerdì, vivendo magari condizionato a 23 gradi, salvo che per attraversare la strada, non ne poteva più, forse non lo sapeva neanche, ma anelava alla leggerezza dell'essere, anzi del vestire. In cima ai pensieri, non l'acquirente, cioè il confezionista, ma il consumatore finale, pur senza mai attaccare direttamente neanche una manica. Tasmanian diventa così sinonimo di categoria, come la vespa, tanto che - essendoci il brevetto - ormai si leggono etichette del tipo: Controtasmanian o Antitasmanian. Colpa mia - si lamenta Sergio - sono stato un pirla a partire tardi con la comunicazione. Ma quando si è lanciato con Emanuele Pirella, a quanto pare, non ha mancato il target, come si dice in gergo pubblicitario: un fascinoso signore in doppiopetto leggerissimo (modello fotografico è un affermato antiquario milanese) che, accavallando le gambe - l'avrete visto sui giornali - mostra un buco clamoroso nella suola delle Church. Può voler dire, secondo i diversi piani di lettura: la scarpa si buca, ma il vestito dura; oppure: a un tessuto così ci si affezione; o ancora, lettura più sofisticata: ho una scarpa bucata, ma me lo posso permettere, perché guardate che razza di vestito ho addosso, quello, da solo, dice tutto di me. Ah che rimpianto, vorremmo qui in Valsesia con noi, di fronte a questi fratelli primi della classe nella leggerezza, uno come Bertinotti, per contestare almeno qualcosa, spalleggiati da chi, ad esempio, non disde¬ gna - lo sappiamo - i tessuti pesanti, le giacche e i cappotti tipo «Miracolo a Milano». Ma chi ha detto che la leggerezza è tutto? E allora le belle giacche di tweed! Non saranno i Loro Piana i corifei del rampantismo, dell'edonismo Anni Ottanta, di quegli orridi yuppies in Bmw, leggeri soprattutto di cervello, sempre imbalsamati a 23 gradi centigradi tra Wall Street e Piazza Affari? Passo falso: guardi - quasi s'indignano - che a noi il lusso, l'eccessivo, il superfluo, c'infastidiscono. Io - fa Sergio (o Pigi?) - mi occupo di qualità, non di lusso. Certo, il mio consumatore ha risolto i problemi primari della vita, non è che non dà da mangiare ai suoi bambini per coprirsi di cachemire; ho persino qualche difficoltà a dichiarare che i nostri accessori, magari le sciarpe, non siano lusso. Ma, attenzione, il mio consumatore non è di sicuro un macrò di Tangentopoli. I Loro Piana, campioni della leggerezza, non si può dire - l'avrete capito - che siano di sinistra, secondo il vecchio schema consunto; ma - vivaddio - non sono neanche come gli eredi dei vecchi tessili inglesi, mandati a Londra dal Nord a fare i banchieri o i bon vivant con le ricchezze di famiglia, che hanno provveduto a bruciare in un batter d'occhio. Noi, tra l'altro, non eravamo ricchi abbastanza - riflette Sergio, quando riusciamo a strapparlo a un microscopio a scansione elettronica che moltiplica non so per quanti milioni di volte l'immagine di un filo di lana e intorno al quale si affannano anche due apprendiste cinesi - e ci siamo dovuti ingegnare per avere anche un po' di superfluo. Ma, badate, non pensiamo di aver fatto niente di straordinario, anzi ci vergogniamo un po' di far le stesse cose da quattro o cinque generazioni e di non aver saputo fondare - che so? - delle banche. L'Italia è piena di gente come noi e meglio di noi: Benetton, Miroglio, Zegna, Dieghino Della Valle, c'è una fila di gente coi controcoglioni. Magari è la politica che non è sempre all'altezza. Oggi abbiamo una legge finanziaria, p meno male che c'è, poteva andar peggio, se le elezioni le vincevano gli altri. Ma, sinceramente, come imprenditori ci aspetteremmo qualcosa di meglio: non si può sempre contare sulla svalutazione della lira che - lo dico sinceramente - per noi è stato un pranzo di nozze, non soltanto un brodino caldo, come qualcuno diceva, ma i cui effetti sono già praticamente esauriti. Non te la prendere - chiosa Pigi - noi imprenditori siamo per definizione dei superlativi pattinatori artistici su merda. Lo sappia Adam Smith, visto che già lo sospetta Bertinotti, rapito dalle lane e dal modello biellese. Alberto Staterà Hanno aperto uno stabilimento nel New England «Ma i nostri operai non si riproducono» lltf "Si «Il nostro segreto è stato coniugare qualità, moda e marketing» «Cerchiamo solo il meglio ma il lusso ci infastidisce» Nella fabbrica-salotto pavimento in parquet con i lavoratori in Timberland AUTUNNO '94 la ripresa elepaure La «catena di montaggio» di un lanificio del Bielleese «èqe«imcASInlopQ omi'è un ra cdi me no In rà di oi è, naaa il o: gpp Con questo articolo dedicato al Biellese dopo il «viaggio nella nuova Fiat» e i reportage sul «vento del Nord-Est» - continua l'inchiesta sull'Italia che esce dalla crisi. A sinistra i fratelli Sergio e Pigi Loro Piana In alto Aldo Zegna loro «concorrente» per i prodotti di qualità Qui sotto Fausto Bertinotti