Ambra e il karaoke ma quale politica? di Pierluigi Battista

Ambra e il karaoke/ ma quale politica? 11 telecomando batte la telecrazia: crolla l'audience di due «muse della II Repubblica» Ambra e il karaoke/ ma quale politica? L'opposizione era insorta: programmi simbolo della destra UN FLOP DA PREVEDERE ■ ROMA i I L karaoke in crisi, Ambra I che assiste con gli occhioni sbarrati al crollo di audience di Non è la Rai. Ma non ci avevano detto che Fiorello rappresentava lo spirito frivolo e spensierato del nostro tempo, l'idolo della nuova politica proi pinata a milioni di tele-elettori ! frastornati e imbottiti di spot? E Ambra, non era forse «la mu1 sa della Seconda Repubblica», il volto ebete della telecrazia, addirittura lo spettacolare asso I nella manica della campagna ; elettorale berlusconiana? Qualcosa non torna. Ambra e i il karaoke vanno giù, precari e 1 mutevoli come ogni altro fenomeno televisivo, sottoposti alle oscillazioni del gusto, sballottali dall'effimero vento che tira, al pari di qualunque altro evento tv: finalmente restituiti alle loro giuste, naturali dimensioni. Fino a ieri sembrava invece che fossero l'incarnazione del demoniaco incrocio spettacolar-politico che è alla base dei successi elettorali della destra trionfante. La rivista Reset affrontava il tema della politica «nell'era del karaoke». Sul Messaggero Angelo Bolaffi si interrogava sgomento se sarebbe stato possibile studiare Heidegger nell'epoca di Fiorello. E come dimenticare il corteo delle studentesse romane che l'8 marzo sfilò per le strade di Roma per protestare contro Ambra, sintesi e simbolo di ogni Male? Livia Turco, del pds, diceva di capire «il senso politico della protesta, il no a un personaggio femminile che non rientra neppure nei miei modelli». Dacia Maraini si scagliava contro Ambra, complice di «un modo offensivo di guardare al corpo femminile». Famiglia cristiana tuonava contro la corruzione dei tempi cosi compiutamente esemplificata da quella pin-up sboccata e irriverente, quella Lolita maliziosa e smorfiosetta la cui immagine era il vessillo dei nuovi barbari televisivi pronti a espugnare la cittadella della politica. Un gruppo di psicologi dell'Università romana discettava sulle lesioni psichiche irreversibili indotte da Non è la Rai sull'inconscio degli adolescenti italiani. E non è mancato il deputato leghista, Enrico Hullweck, che ha chiesto ai ministri competenti se non fosse il caso di fermare quella trasmissione che come unico effetto rischiava di «danneggiare o minare per sempre le generazioni future». Esagerato? Ma persino un maestro della trasgressione e dell'irriverenza televisiva come Enrico Ghezzi ha proclamato a proposito di Ambra: «La trovo inquietante». E persino Alba Parietti ebbe a manifestare il suo «orrore» (proprio così, «orrore») per lo «spettacolo be- cero» dei «fondoschiena delle ragazzine». In piena campagna elettorale un ex deputato verde, Stefano Apuzzo, non esitò nemmeno un attimo prima di sottoporre al giudizio del Garante l'«inqualificabile» comportamento di Ambra la quale, in trasmissione, aveva alluso a improbabili frequentazioni sataniche dell'allora segretario del pds Achille Occhetto. La «musa della Seconda Repubblica» era decisamente diventata un caso politico. E un caso politico diventò anche la decisione del sindaco di Roma Francesco Rutelli di concedere piazza San Giovanni a Fiorello. Uno scandalo. Una vergogna. Un sacrilegio. Protestò Renato Nicolini, sbalordito perché un sindaco progressista non si era opposto alla pro¬ fanazione di una piazza-simbolo delle manifestazioni sindacali. Controprotestò sull'Unità Michele Serra, sbalordito perché nella sinistra ci si accapigliava sul karaoke. E ora? Più di Nicolini ha potuto lo share. Più delle femministe romane ha potuto l'audience. Strana creatura, questa «telecrazia». Pierluigi Battista L'8 marzo il corteo anti-Boncompagni Frecciate a Rutelli cantante da Fiorello A fianco Ambra a sinistra Fiorello

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