Bossi: non parlate mai più a quei giornalisti di Francesco GrignettiCarlo Rognoni

Messi all'indice undici cronisti parlamentari accusati di aver trattato male la proposta antitrust Messi all'indice undici cronisti parlamentari accusati di aver trattato male la proposta antitrust Bossi: non parlate mai più a quei giornalisti Ma molti dei suoi snobbano il diktat ROMA. «Via... Aria!». Era un Umberto Bossi inviperito come mai s'era visto prima, quello che ieri fendeva il Transatlantico. Al suo fianco, i due fedelissimi Luigi: i Negri, il segretario lombardo, e Rossi, l'anziano portavoce. I tre sono comparsi solo un attimo in pubblico. Giusto il tempo di sedersi su un divanetto e trovarsi attorniati da giornalisti. Scusi, Bossi - gli chiedono - ma questa lettera l'ha firmata lei? E così dicendo mostrano un foglietto. E' l'ultima trovata di Bossi, fatta recapitare di primo mattino a tutti i deputati leghisti: una lista di proscrizione contro undici giornalisti «colpevoli» di aver fatto resoconti poco apprezzati (da Bossi stesso, ovviamente) su una conferenza stampa leghista. «Fate vedere - dice lui - sì, è firmata. E' la lettera autentica. Avete fatto bene a portarla, così controllo i nomi». Una sbirciata. «Gentaglia... Ma adesso largo. Non abbiamo nulla da dire. Vogliamo parlare tra noi. Aria!». Insomma, tra Bossi e la carta stampata è guerra. Una tenzone che era nell'aria da qualche giorno: da quando, cioè, erano comparsi su una bacheca del gruppo parlamentare tutti gli articoli che riferivano della proposta di legge leghista sulle incompatibilità tra cariche politiche e proprietà nei mass media. Gli articoli affissi erano molti. Ma solo undici erano segnati a penna rossa. Ossia quelli che sottolineavano una piroetta di Bossi: fino alla sera prima aveva annunciato sfracelli sul Berlusconi proprietario di tv, all'ultimo aveva dato forfait. Ecco quindi il diktat di Bossi, redatto con stile da comitato centrale dei vecchi tempi: «Si informano gli onorevoli deputati che i sottoelencati giornalisti devono essere esclusi definitivamente da ogni canale di informazione diretta per aver falsificato volontariamente le dichiarazioni ai danni della Lega Nord con gli articoli sull'anti-trust per l'editoria radio-tv. Di conseguenza, non dovranno essere rilasciate interviste nel tentativo di moralizzare una informazione costantemente falsificante e deformante». Segue elenco dei «cattivi»: Gianfranco Ballardin (Corriere della Sera), Federico Bianchessi (La Voce), Antonella Coppari (NazioneTempo), Maria Teresa Meli (La Stampa), Paolo R. Andreoli (La Gazzetta del Mezzogiorno), Paolo Biondi (L'Informazione), Marco Panara (Repubblica), Marida Lombardo Pijola (Il Messaggero), Natalia Augias (L'Indipendente), Antonio Enrico Bartoli (Milano Finanza), Goffredo De Marchis (Il Giornale). Ma se il leader si aspettava pronta obbedienza da parte dei suoi deputati, resterà deluso. Una buona metà del gruppo parlamentare, in¬ fatti, si è ribellata. Tanto più che i giornalisti in questione l'hanno presa a ridere e subito si sono impegnati a parlare con quanti più leghisti riuscivano a rintracciare in giro. Si comincia con Luca Leoni Orsenigo, che chiacchiera a spron battuto, poi si volta verso il capogruppo Pierluigi Petrini e sorride: «Beh, lo so, merito l'immediata espulsione». Ma non sarà certo Petrini a scatenarsi, visto che è forse il più impacciato: «Non sono stato consultato e personalmente non sono affatto d'accordo. Vorrei buttarla sul ridere, ma non mi riesce. Siamo tutti in un bell'imbarazzo, non infierite oltre». Eleonora Bertotti: «D'ora in poi parlerò solo con quelli che sono presenti sul comunicato». Simonetta Faverio: «Sono stupita da tanti fraintendimenti». Antonio Serena: «Altro che giornalisti, ci vorrebbe la lista nera dei cattivi consiglieri». Fin qui sono battute. Più serio il commento di Gualberto Niccolini: «Sono contrario e lo dico, anche se Bossi, leggendo queste mie dichiarazioni, penserà di cacciarmi dal gruppo. Secondo me, quest'impennata è frutto di un momento di rabbia che è già passato». Niccolini vorrebbe inviare a Bossi una lette¬ ra, per invitarlo a varare una strategia della comunicazione. «E la sottoscriveranno in parecchi». Ha avuto modo di parlarne con Bossi? «No, con lui non si parla. Invece serve un chiarimento». E poi ci sono quelli che si allineano. Erminio Boso salva i giornalisti delle agenzie che sarebbero «gli unici affidabili». Marcello Stagiieno se la prende con «certi giornalisti, per i quali conta solo la canotta di Bossi». E Luigi Negri annulla interviste già concordate, perché sarebbe costretto a parlare con giornalisti «sgraditi» al capo: «Non so quanto potrà durare, ma io non intendo fare diversamente». Francesco Grignetti >K A sinistra Storace sotto Carlo Rognoni

Luoghi citati: Milano, Roma