Gli inganni "al pettine"

Gli inganni "al pettine Gli inganni "al pettine / tagli alla previdenza indispensabile premessa per il calo degli interessi. La riforma ndimensiona fortemente le «promesse» del passato, ma riporta il nostro sistema ai livelli del resto d'Europa L'emergenza della finanza pubblica imponeva al Governo il dovere non solo di tagliare la spesa pubblica, ma di modificarne il trend di crescila, quindi gli aspetti strutturali. Questa esigenza ha reso necessario accompagnare il progetto di bilancio con una radicale riforma del sistema pensionistico e con una serie di risparmi e razionalizzazioni nella sanità. Sanità e pensioni sono, infatti, insieme agli interessi passivi, le tre maggiori voci del bilancio pubblico; da esse occorreva, quindi, partire per un processo di risanamento, clic si proiettasse anche nel futuro e riuscisse ad incidere sugli squilibri l'ertissimi di un deficit, che sfiora il 10% del PIL e un debito del 123%. Ad aggravare, in prospettiva, lo squilibrio finanziario della previdenza gioca, inoltre, il forte calo demografico, che va erodendo il monte contributi. Negli ultimi mesi, le pensioni sono, però, divenute da semplici; «priorità», a vera e propria «emergenza». Il motivo sta nella seconda voce - dopo lo pensioni - della spesa pubblica: gli interessi sul debito pregresso dello Stato (nel '94, essi ammonteranno a circa 170.000 miliardi). Per gli interessi, le possibilità di intervento sono poche. Da un lato, bisogna continuare a contrastare ogni punto d'inflazione (obbiettivo por il quale risulla importante che le parti sociali continuino a tenere fede all'accordo sindacalo del luglio '931. Dall'altro, bisogna corcare di abbassare il premio di rischio, che i mercati finanziari richiedono, per essere disponibili a sottoscrivere il debito pubblico italiano, a causa dei problemi strutturali della nostra spesa: primo fra lutti, appunto, quello del sistema pensionistico. Non vi era, dunque, alternativa: la riforma pensionistica ora premossa indispensabile per innescare, a cascata, un circolo virtuoso, che porti a moderare gli alti tassi di interesse, ridando credibilità al Paese e rassicurando i mercati. Nel merito dei contenuti, i tagli previsti risultano forti rispetto alle «promosse» fallo nel passato, ma, in realtà, ossi tendono a riportare il nostro sistema previdenziale ai livelli medi dogli altri Paesi europei, dopo anni di politica degli inganni. La riforma ha, infatti, aggredito, tra le: altre, duo voci determinanti nella lievitazione della spesa pubblica: i rendimenti o le pensioni di anzianità. 1 primi sono, infatti, i piii elevati rispetto ai principali Paesi industriali, in nessuno dei quali viene raggiunto il nostro livello deH'80'!(P della retribuzione pensionabile. La proposta del Governo riduco il 2% dell'attualo rendimento, all' 1,75%, mentre la inedia europea si attesta intorno all'1,50%. Ciò comporterà un nuovo incentivo al risparmio e all'investimento a scopi previdenziali, aprendo uno spazio di mercato alle forme di pensione complementare, a condiziono che ven- gano rimossi i vincoli, specie di natura fiscali;, oggi esistenti, come, d'altronde, prevede la Stessa proposta governativa. Per quanto riguarda lo pensioni d'anzianità, esse sono, sostanzialmente, un'anomalia del sistema italiano. Una differenza diventata, con il tempo, sempre più cara, grazie al prolungarsi della durala media della vita. Le pensioni di anzianità sono stati; già bloccate con decreto legge fino al 1° fobbi-aio '95 e la proposta del Governo provedo un'ulteriore sospensione fino al 1° gennaio '96. Di particolare interesse per lo imprese: dal blocco attualo sono esclusi, fra l'altro, i casi di pensionamento anticipato connessi ad esuberi strutturali di manodopera, i la¬ voratori dipendenti da imprese in CIGS, i trattamenti di mobilità di lunga durata, i lavoratori con anzianità contributiva non inferiore a 40 anni. Por il futuro, invoce, il Governo prevede che lo pensioni di anzianità vengano disincentivate, attraverso una riduzione dell'importo del 3% per ogni anno di anticipo della scadenza rispetto all'età pensionabile per vecchiaia, con una decurtazione massima consentita del 50%. Questo meccanismo colpisco, evidentemente, in modo particolare le cosiddette «baby pensioni» dell'impiego pubblico, sebbene esso non siano state formalmente cancellate. Sul dettaglio dei corrottivi, continueranno ad apparirò analisi o commonti specifici. Val la pena, qui, aggiungere tre considerazioni generali, in ordine agli effetti di medio termino di questa manovra: a) innanzitutto, se puro la riforma non toccherà il rendimento dei contributi già versati, la riduzione dolio aspettative sulle parti della pensione che devono ancora maturare indurranno lo famiglie a meditare sulle scolte di consumo e di risparmio. Pertanto, il profilo dei consumi dei prossimi anni potrebbe restare debolo o la ripresa economica continuare a dover fare perno soprattutto sulle esportazioni e sugli investimenti; b) in secondo luogo, se vorrà incentivata la nascita dei fondi pensioni, fino ad oggi al palo per ragioni fiscali, il mercato finan¬ ziano croscerà m «spessore» e «qualità» e ne potrebbero trarre vantaggio quei risparmiatori, che hanno dato e daranno fiducia alle privatizzazioni; c) in terzo luogo, l'approvazione della riforma previdenziale disinnescherebbe le cause del contrasto generazionale, che attraversa, per quanto tacitamente, il nostro Paese. L'indebitamento penalizza soprattutto le nuove generazioni; le sta già penalizzando. Non possiamo continuare a indebitare in modo palese - attraverso il deficit - o in modo nascosto - con le eccessivo promesse pensionistiche - le generazioni di italiani che devono ancora nascere. Con il passare delle settimane sulla Finanziaria graveranno, però, due rischi. Il primo è già reale ed ò connesso all'iter parlamentare e alla maggiore o minore compattezza della maggioranza. Bisognerà, insomma, vedere quali saranno le capacità di resistenza del Governo al solito «assalto alla diligenza» della Finanziaria, attraverso estenuanti negoziati all'interno della maggioranza e raffiche di emendamenti in Parlamento. Il secondo rischio, sta - se l'iter di approvazione si concludesse positivamente - nei problemi di applicazione della legge e nelle incertezze dell'esercizio finanziario effettivo. Le entrato legato ai condoni ed al patteggiamento tributario potrebbero risultare d'ordine inferiore alle aspettative e generare, in corso d'anno, la necessità di introdurre correttivi. DEBITO PUBBLICO E PREVIDENZIALE Confronti tra i principali Paesi industriolizzoti (1990, in percentuale del Pil) 210 225 140 30 1 GIAPPONE Gl'HMANIA 30 3 CD FRANCIA 100 1 DEBITO PUBBLICO DEBITO rr-rr-n PREVIDENZIALE L J Fonte: OCSE ITALIA REGNO UNITO CANADA

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