Gli avvocati «denunciano» Borrelli
Gli avvocati «denunciano» Borrelli Esposto dell'Unione delle camere penali al Csm. «Ma purtroppo i casi gravi vengono archiviati» Gli avvocati «denunciano» Borrelli Pecorella: il procuratore ha leso la nostra dignità AMILANO WOCATO Pecorella, anche l'Unione delle camere penali ha presentato un esposto al Csm contro il procuratore capo Borrelli. E' vero che lei, come presidente dei penalisti, ha scritto una lettera di protesta a Borrelli? «E' vero. Borrelli ha leso la dignità degli avvocati quando ha detto che i magistrati sono una élite, e gli avvocati una massa». Stando ai numeri ha ragione... «Sì, ma lui dai numeri ne fa discendere una qualità: se siamo tanti vuol dire che siamo una massa poco professionale». Sono gli stessi concetti che ha ripetuto nella lettera? «Sì, ma non mi ha risposto». Oggi il Csm deve decidere cosa fare di Borrelli dopo l'esposto del governo... «Temo che non succederà nulla. Da tempo il Csm archivia casi gravi e applica sanzioni solo contro magistrati di provincia». Dalla parte di Borrelli si sono schierati 45 avvocati di Milano e altri di Bologna... «Si potrebbe parlare di sindrome di Stoccolma. Borrelli ha insultato l'avvocatura e alcuni avvocati si sono precipitati a dirgli che è un ottimo magistrato. E quindi aveva ragione». Ma Borrelli non ha ragione? «Quando i magistrati intervengono pubblicamente facendo appello alla piazza, creano con la piazza un rapporto politico. Adesso se si fa una legge, o un decreto, ci vuole il consenso della procura. I magistrati devono fare i processi, non altro». Beh, quelli li fanno... «I pubblici ministeri hanno ridotto l'accertamento dei fatti a confessione e carcerazione. Guardi quello che sta succedendo al processo Enimont, con Di Pietro». Cosa sta succedendo? «L'imputalo si avvale della facoltà di non rispondere. Il pubblico ministero presenta gli interrogatori, le sue carte. E il processo si fa davanti a lui». Ma c'è anche un giudice, oltre al pubblico ministero... «Spesso il giudice che non si adegua è emarginato e visto come un amico dei "ladri". Come l'avvocato, se non fa confessare il suo cliente». Tangentopoli dura da quasi tre anni. Quasi mai gli avvocati hanno fatto la voce grossa. Perché? «L'avvocatura raramente si è posta come baluardo dell'interesse dei privali. Ha finito per sposare l'interesse dell'accusa, e il proprio personale: prima esce dal carcere ! l'imputato, prima l'avvocalo viene pagato, meglio viene pagato». Però, almeno da un punto di vista formale, il codice stabilisce parità tra difesa e accusa... «Anche il Csm ha detto che siamo sperequati». Almeno il diritto di critica vi è rimasto. «Quando ho criticato pubblicamente Di Pietro per il suo intervento televisivo contro il decreto Biondi ho ricevuto minacce di morte». Non togliamo ai magistrati milanesi il merito di avere svelato i meccanismi della corruzione... «E' un problema di metodo. Il processo non è più il punto d'arrivo. Tutto si compie in carcere, usato come strumento di tortura. Stiamo preparando una ricerca su questo». La maggior parte degli imputati hanno confessato proprio di fronte alla paura del carcere. Forse il fine giustificava i mezzi? «La differenza tra un Paese civile e uno incivile è che in quello incivile i fini si raggiungono con qualsiasi mezzo. Anche la Santa Inquisizione aveva un fine sociale». Fabio Potetti - - " w *' »: r. - »: ' » - <? " ? SS: ffC*t*« ligill SEI flint ili L'awocato Gaetano Pecorella
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