«Così gli 007 spiavano il pci»

12 Dall'inchiesta sulla Gladio rossa le prove che documentano il lavoro dei servizi segreti «Così gli 007 spiavano il pei» Dalle intercettazioni ai rapporti sull'addestramento in Urss oltre 30 anni di registrazioni per gli agenti di Sifar, Sid e Sismi ITALIANI OROMA UELLA sera del marzo 1982 l'onorevole Mario Bartolini - da Porano, provincia di Terni, figlio di contadini, militante comunista dal 1950, una vita passata nel sindacato, deputato del pei dal '72 - non immaginava certo di essere spiato. Era una cena tra compagni come tante altre, ma pochi giorni dopo i suoi discorsi, veri o presunti, finirono in un rapporto del Centro di controspionaggio Sismi di Perugia. Discorsi particolarmente appetibili per una spia. L'onorevole, è scritto nel rapporto datato 10 marzo 1982, «in un momento di euforia verosimilmente provocata dalle abbondanti libagioni, ha confidato a uno dei partecipanti che la direzione nazionale del partito è in possesso di prove certe per dimostrare che l'Unione Sovietica finanzia e manovra le Br con lo scopo di destabilizzare l'Italia». Secondo la spia, Bartolini aveva anche detto che proprio per questo il pei si stava distanziando sempre più da Mosca, nel timore che «tali connessioni con il terrorismo italiano potessero emergere dalle confessioni di terroristi pentiti... Più tardi, evidentemente ripresosi e rendendosi conto di aver confidato cose estremamente riservate, l'on. Bartolini ha pregato vivamente la persona alla quale si era rivolto di dimenticare il colloquio». La spia invece non dimenticò, e il resoconto di quella serata andò ad arricchire gli archivi dei Servizi segreti sul pei, le sue attività riservate e clandestine, i contatti con l'Est europeo e tutto quello che, tanti anni dopo, avrebbe preso il nome di Gladio rossa. Una struttura di cui non si è riusciti a definire bene i lineamenti, ma sulla quale i Servizi hanno sempre tenuto aperti occhi e orecchie, fin dai tempi della guerra fredda. Relazioni se- grete, note riservate e appunti col vincolo di «vietata divulgazione» che poi sono confluiti nell'inchiesta giudiziaria sulla Gladio rossa chiusasi in estate con l'archiviazione, le cui conclusioni sono ora agli atti della commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi. Il pubblico ministero Franco lonta stabilì che «non è possibile dimostrare processualmente» che siano stati commessi illeciti nei rapporti tra Urss e militanti comunisti, né nella costituzione dei «meccanismi difensivi» messi in piedi dal pei. I rapporti tra pei e pcus, gli «addestramenti speciali» anche «inquietanti» come i corsi di sabotaggio, uso di armi ed esplosivi, e l'esistenza degli «apparati di vigilanza», sono stati documentati «solo parzialmente». Quel che in¬ vece è certo - al di là delle notizie già note sugli invìi di denaro, documenti, apparecchiature radio e altri sostegni dall'Urss - è che gli 007 italiani prima del Sifar, poi del Sid e infine del Sismi, sapevano molte cose delle strutture clandestine del pei, e hanno avuto fonti interne allo stesso partito. Per oltre 30 anni. Lo spionaggio sul pei viene teorizzato in un documento del Sifar del 28 febbraio '50 intitolato «L'apparato militare comunista». «Il pei strettamente cominformista - c'è scritto - segue con obbedienza supina le direttive che a esso vengono impartite, come a tutti i pc a occidente della cortina di ferro, da un organo centrale sovietico... L'apparato deve oggi essere considerato alla stessa stregua di un'organizzazione militare nemica occulta per¬ manentemente dislocata nel territorio dello Stato italiano (quinta colonna) e pertanto nei suoi riguardi devono essere sviluppate le attività di carattere informativo offensivo e difensivo che sono normalmente esercitate in tempo di guerra contro le formazioni militari avversarie». Per anni arrivarono informazioni sulle scuole di partito frequentate dai comunisti italiani all'Est, soprattutto in Cecoslovacchia. Nel 1961, al Sifar giunse una nota dell'ambasciata italiana a Mosca nella quale si riferiva: «Da informazioni confidenziali pienamente attendibili risulterebbe che a Mosca esistano una quarantina di italiani qui invitati per studi di carattere sociale e politico, i quali vivono totalmente appartati. La loro prepa- razione sarebbe intesa a creare un gruppo di intellettuali destinati a compiti di avanguardia nella lotta sindacale e di classe. Il loro compito, una volta rientrati in Italia, sarebbe quello di studiare e attuare scioperi, moti sediziosi e movimenti di piazza». La presenza degli aspiranti «intellettuali», secondo l'ambasciata, era talmente segreta che le persone «sono espatriate clandestinamente in modo da risultare ufficialmente presenti in Italia anche durante il periodo della loro presenza a Mosca». Per intercettare le mosse del «nemico occulto» dentro i confini nazionali, gli 007 erano particolarmente attivi nelle «regioni rosse». E negli Anni Settanta, furono molto attivi sul fronte dei possibili collegamenti tra pei, Urss e terrori¬ smo. Nel settembre 1974, il Centro di controspionaggio di Bologna scriveva: «Il recente arresto dei due esponenti delle Br Curcio Renato e Franceschini Alberto ha reso attuale nel pei il problema già registrato negli Anni Sessanta, relativo alla raccolta di notizie e documenti riguardanti la posizione dei comunisti italiani da parte di elementi della vecchia guardia (stalinisti) legati al partito comunista cecoslovacco». Secondo il Sid, si stava creando una corrente filo-sovietica molto agguerrita, animata dai seguaci di Secchia, che «il pei, sia pure con molta prudenza, intende scoprire e annientare... Il pei teme (...) la formazione di un secondo partito comunista, e ritiene che l'Urss lavori in questa direzione». Nell'aprile '81, una nota riferiva che «secondo fonte attendibile proveniente dalle Botteghe Oscure», i comunisti italiani nascondevano armi a Roma e nel Lazio fin dal dopoguerra: «Negli Anni 70 tali armi sarebbero state revisionate e a partire dal 1975 quelle ancora efficienti sarebbero state trasportate nella zona di Civitavecchia (a Nord di Roma) e Colleferrro (a Sud della capitale)». Nello stesso anno, ancora il Controspionaggio di Perugia riportava le confidenze di un «fiduciario occasionale attendibile». La "fonte" aveva letto, sul tavolo del segretario provinciale del pei di Terni, un documento della direzione nazionale del partito dell'ottobre '81. In esso veniva «tassativamente ordinato di troncare immediatamente ogni collegamento con i compagni indiziati di appartenenza al partito armato sia attraverso rapporti politici che sul piano di amicizie personali...». Grande attenzione veniva dedicata, naturalmente, ai rapporti con Mosca, e il Sid di Genova comunicava, nel 1973, che il pei stava tentando di ridurre il numero degli iscritti inviati a studiare in Urss «al fine di evitare che si costituisca nell'ambito del partito una quinta colonna filosovietica potenziale causa di dissidi interni». Tre anni dopo, 21 giugno '76, lo stesso giorno in cui il pei raggiunse il suo massimo storico alle elezioni politiche, lo stesso Controspionaggio di Genova scriveva: «La direzione del pei, a seguito del critico atteggiamento assunto nei confronti dell'Urss dal suo segretario del partito, on. Enrico Berlinguer, si è astenuta dall'in vi are propri iscritti a Mosca, anche per la frequenza dei normali corsi politici presso la Scuola superiore del partito, per far rimarcare la propria indipendenza dal pcus». Giovanni Bianconi Al 1950 risale il primo dossier sull'«apparato militale comunista». Particolarmente ricco il materiale sui rapporti tra Mosca e le Br r Gli ex brigatisti rossi Alberto Franceschini (sotto) e Renato Curcio (a destra) A sinistra il pubblico ministero Franco lonta Sopra, Enrico Berlinguer L'ex dirìgente del pei Pietro Secchia