SCRITTORI AL CINEMA BRAVISSIMI PISTOLERI

SCRITTORI AL CINEMA BRAVISSIMI PISTOLERI SCRITTORI AL CINEMA BRAVISSIMI PISTOLERI Stroncature celebri, da Gramsci a Arbasino conoscendone il neodecadentismo, vedendovi l'espressione d'una formazione culturale provinciale e d'una ideologia di tipo cattolico di Fellini; Arbasino ne II Gattopardo coglie «una regressione sentimentale alle funebri soavità del passato». Sono errori, assassinii, iconoclastie, antagonismi, stoccate, affondi, somaraggini, snobismi? L'antologizzazione di alcuni testi avulsi dal contesto ha poi l'aria d'una gherminella: Diego Fabbri che scrive nel giugno 1943 di Ossessione «non conta niente per il cinema italiano, un'opera inutile» è un cattolico scandalizzato, partecipe della campagna d'aggressione e censura al film sfrenatasi nell'ultimo tempo fascista; l'ostilità di Carlo Emilio Gadda verso le risate o i momenti di commedia de La grande guerra è comprensibile se si ricorda il patriottismo dello scrittore, la rispettosa devozione per quella prima guerra mondiale 1915-'18 nella quale morì suo fratello. Naturalmente, queste cose Brunetta le sa meglio di chiunque altro. Il libro da lui curato, presentato come uno dei tanti stupidari della voga editoriale intesi a suscitare la virtuosa indignazione culturale, il piacere vindice o il gusto ilare di cogliere in fallo i migliori e bacchettarli sulle dita, ne ha appena l'aspetto: in realtà è un'antologia preziosa di testi interessanti, belli, affascinati dal cinema. L'autore è il primo a saperlo: «Av 3mmo potuto realizzare una raccolta altrettanto rappresentativa e del tutto simmetrica a favore del cinema, dei registi e dei film». PRETENDERE che i letterati non capiscano niente di cinema e perciò non debbano permettersi di giudicarlo, scrive Alberto Arbasino, «equivale a sostenere che chi non è salumiere manca di titoli per dire: non mi piace questo prosciutto». Attilio Bertolucci invece non rivendica diritti, anzi detesta, dopo averlo fatto per un anno, «il mestiere all'apparenza piacevolissimo, in effetti orrendo e degradante, del critico cinematografico di quotidiano». Antonio Gramsci deplora l'attrice Lyda Borelli («è un pezzo d'umanità preistorico, primordiale»); Franco Fortini non sopporta «il pathos cattolico» di Ladri di biciclette; Ennio Flaiano giudica che La terra trema, «nato per essere un ampio affresco... risulta alla fine un sapiente ricamo, forse un ex voto»; Leonardo Sciascia confessa di avere «sofferto maledettamente» durante la proiezione di SalòSade. E allora? Ci vogliamo scandalizzare? Gian Piero Brunetta, docente universitario di storia e critica del cinema, saggista, soggettista e sceneggiatore di programmi televisivi, definisce i letterati che scrivono di cinema «critici Braille» per la loro cecità, e dice d'aver voluto raccogliere in Spari nel buio. La letteratura contro il cinema italiano: settant'anni di stroncature memorabili (Marsilio, pp. 281, L. 28.000) «scritti polemici contro il cinema e recensioni assassine a grandi film d'autore da parte di prestigiosi letterati e intellettuali». La sua introduzione