L'ITALIA CMLE SUL PONTE DI PASSIGLI

L'ITALIA CMLE L'ITALIA CMLE SUL PONTE DI PASSIGLI gni. E presto rifaremo, del filosofo torinese, Italia civile e Italia fedele, gli scritti su Gobetti. Gli ho anche chiesto di raccogliere gli interventi sulla transizione di regime. Che di questo si tratta, non di un cambio di Repubblica: la Costituzione non è mutata, e così la struttura sociale ed economica». Titoli-antidoti contro 1'«autobiografia della nazione», ovvero le storture, gli equivoci, il divorzio fra etica e politica da cui discende il nostro presente. Piero Calamandrei assentirebbe. Non a caso Stefano Passigli ha «accolto» (da poco) la rivista che il giurista varò nel 1945 per coagulare giustizia e libertà: «Il Ponte». «L'obiettivo - spiega è affrancarla dalle ragnatele, sia pure nobili, restituirle l'antico smalto, amplificarne la voce. Ogni anno, almeno tre numeri (doppi) saranno monografici, ciascuno affidato a un curatore esterno, da Barile a Sylos Labini. I temi? La legge finanziaria (vorrei fosse un appuntamento fisso), l'informazione, la giustizia...». Capitoli di un discorso che potrebbe ulteriormente svolgersi in convegni stile «Mondo», il foglio di Mario Pannunzio, erede del «Mondo» di Bonsanti, Loria, Montale riproposto in anastatica (tout se tient) dallo stesso editore. Passigli è a sua volta un «ponte», fra l'Otto e il Novecento. «Nella Firenze del secolo scorso agì il mio antenato David Passigli, tipografo e insieme editore, una "simbiosi" che illustrarono da par loro i Pomba e i Vieusseux. Aveva l'uzzolo dell'innovazione tecnologica, una febbre che lo condusse ad acquistare torchi "dernier cri" a Parigi. Si cimentò con le grandi opere (dal dizionario biografico universale al vocabolario della lingua italiana in quattro volumi di Giuseppe Manuzzi), escogitò il libro di basso costo in brossura, ebbe la felice idea di commissionare a Giacomo Leopardi un commento del Petrarca, salvo rifiutarne i Canti. Una miopia che aiuta a spiegarne il tramonto, insieme con l'incendio che ne distrusse il magazzino. Doloso, beninteso, appiccato dai seguaci di Guerrazzi, quando Guerrazzi, da lui sempre osteggiato, interpretò la dittatura in Toscana». Ma le radici di Passigli editore non si allungano solo nell'Ottocento. Affondano a Ivrea, nelle Edizioni di Comunità («(Accertata l'impossibilità di separarle dall' Olivetti, di trasformarle in un corpus autonomo, me ne andai») e nella Longanesi («Vi entrai al tempo di Mario Monti, scricchiolava, la si rilanciò, cedetti in seguito l'intero pacchetto azionario a Mario Spagnol, conservo la carica di presidente, attento però a rispettare l'autonomia del consigliere delegato»). Dalla campana eporediese di Comunità («Humana civilitas») alle lame incrociate longanesiane, al putto, l'ambasciatore, il simbolo di casa Passigli. Diciotto collane. La «Biblioteca del viaggiatore», riecheggiante una trouvaille di David, l'antenato (una folla di guide nel cuore umano, ad ogni latitudine: Voltaire e Melville, Hawthorne e Maugham, Checov e Tozzi). «Il tempo e le cose» (diari, epistolari, biografie, una sequela di profeti del passato: Croce e Panerà zi, Elena Carandini Alberimi e Franz Liszt, Filippo Caracciolo e Iris Origo, Sawalhsch e Federzoni). «Narrativa», recentissima scommessa che si avvale della consulenza di Geno Pampaloni (fra le riscoperte, L'allievo Gilles di André Lafon, nella scia di Alain-Fournier, del Grand Meaulnes). «Poesia» (testi scelti da Mario Luzi: Pessoa e Yeats,

Luoghi citati: Barile, Firenze, Italia, Ivrea, Parigi, Toscana