ALTRI LUNATICI DI CAVAZZONI

ALTRI LUNATICI DI CAVAZZONI ALTRI LUNATICI DI CAVAZZONI Perfette «Vite brevi di idioti » i » SE LA VITA E' UN FLIPPER Voltolini: vertiginose «Rincorse CA E' invece chi diV ce che si rico✓ mincia sempre da capo, forse su un altro pianeta; ma ogni volta l'umanità è di un gradino più idiota. Finché in un lento progresso, di pianeta in pianeta, si giunge all'assoluta e totale idiozia, in cui nessuno ricorda più niente, neanche le cose più elementari, come ad esempio sentirsi qualcuno diverso da un sasso o da una meteorite. Questo sarebbe 10 stato beato». E' con queste parole che Cavazzoni si rivolge al lettore, a introduzione di questo suo ultimo libro in cui racconta storie di idioti. Vuole propiziarne la lettura rassicurando che all'idiozia è legato uno stato di beatitudine? Vuole tranquillizzare la sua coscienza - in sofferenza per la scelta fatta - convincendosi che il mondo è destinato a diventare sempre più idiota? Non potendo ottenere una risposta direttamente dall'autore, il lettore decide di provare lui stesso a sciogliere il nodo. Dunque si chiede perché l'autore ha messo al centro dei suoi racconti la figura dell'idiota (nelle sue varie specie e caratterizzazioni). Sì, aveva già letto Vite di uomini non illustri di Giuseppe Pontiggia ma allora non aveva provato imbarazzo: certo, i protagonisti dei romanzi (o dei racconti) che finora aveva letto sono tutti figure importanti, che spiccano nella storia, nella cronaca, nel costume di questa o quella epoca; ma è anche vero che oggi il mondo, nel bel mezzo di un processo di omologazione sociale già in gran parte concluso, è abitato soprattutto da uomini comuni, che sono a buona ragione i nuovi protagonisti del nostro tempo. Ma gli idioti? Sì, ce ne sono tanti, alcuni nocivi altri inoffensivi. Ma se nocivi meritano di essere denunciati e maledetti (ma questo non è il caso della raccolta di Cavazzoni che presenta idioti che non fanno nulla di male); ma se inoffensivi non vanno forse rispettati e com presi e comunque mai sbeffeg giati e vilipesi? E Cavazzoni, col solo raccontarne le storie, non li dà in pasto al ludibrio o magari solo al divertimento del lettore? No, mio lettore, non è questo 11 punto. Cavazzoni racconta storie di idioti perché gli idioti gli piacciono; perché il mondo in cui vive non gli piace e dunque lo attrae tutto ciò che con quel mondo confligge; perché gli idioti sono capaci di prospettare visioni e aperture impreviste che comunque creano uno stimolante sconcerto perché i comportamenti degli idioti non sono suggeriti da interessi mediocri (come quelli degli uomini intelligenti); perché negli idioti puoi ammirare la purezza del meccanismo del pensiero, non nascosto e manipolato, come accade negli uomini intelligenti, da intenzioni taciute e fini reconditi. E ancora... perché gli idioti sfuggono alla corruzione generale (non tanto quella dei costumi ma dei convincimenti e del modo di pensare); perché gli idioti rappresentano l'unica lo», incontra, nel corso di una visita, Giosuè Carducci e ha appena il tempo di scorgerlo che «gli salta subito in braccio, come se lo riconoscesse». E' forse difficile leggere in questo racconto un intento malizioso, tra paradosso e sincerità, dell'autore verso i due grandi della nostra letteratura patria? Ma occorre dire che, oltre a questi due racconti, anche gli altri (quasi tutti gli altri) si sviluppano in pagine deliziose: dallo studente che durante gli esami riesce a ingannare i professori, e profittare della loro dabbenaggine, ricorrendo all'astuzia «di nominare o far cadere il discorso sopra Marradi, in modo che il professore alzava immediatamente le orecchie e diceva: Marradi, il paese di Dino Campana; alle vittime della Rivoluzione francese che, convinte di aver al posto della propria testa quella di un altro, «correvano a tutte le esecuzioni a frugare nel cesto dove si ammucchiavano le teste, se mai ci fosse la sua»; al signore che, impressionato dalla velocità cui va la Terra, nel timore che questa da un momento all'altro potesse scontrarsi con un altro pianeta, «la notte non riusciva mai a dormire, perché stava attaccato al materasso, con le orecchie dritte in ascolto dell'esplosione»; al sopravvissuto di Mauthausen che non si è mai accorto di avere sofferto la fame «perché Mauthausen non era ancora un luogo conosciuto e famoso. Lo si è saputo solo nel dopoguerra che si pativa la fame» ecc.. ecc.. Confesso che è difficile sottrarsi al fascino dei perfetti ingranaggi con cui Cavazzoni costruisce le sue storie insensate e al richiamo della seraficità maliziosa, ombrata da un alone di amarezza, con cui, attraverso una serie di incontrovertibili deduzioni, arriva alla provocazione finale: dare credibilità e titolo di normalità alla anomalia dell'idiozia. Che oggi i conti garantiscano correttezza di esecuzione solo se lavorano su valori il più lontanto possibile dalla nostra pratica di uomini intelligenti e ahimè decisi e intraprendenti? IL bacotereso uscì alle cinque. Rincorse, il nuovo romanzo di Dario Voltolini, non spiega davvero cosa si possa intendere per «bacotereso» (l'ho preso! l'ho preso!). Come tendenza generale, è anzi un romanzo che piuttosto che spiegare tutto, lo ripiega. Ma anche senza didascalie si capisce già dalla prima pagina che «tereso» è lì a far rima con «l'ho preso», e che il «baco» è un errore informatico, una molecola fallace e silenziosa del sistema (dall'inglese bug che assomiglia nel suono a «baco», ma significa «cimice»). Non si sa quando, il baco si desterà. Emergerà dal profondo, fino ad affiorare sul video, rovinando il lavoro in corso. Con i bachi, tutti gli altri temi del romanzo sono imbozzolati nei primi capitoli, una veloce sinfonia di accenni. La storia prende forma dopo: un giovane matematico va e viene da Pozzuoli, per sostenere colloqui di lavoro in una società a Roma, in un'università a Milano, in un'ospedale a Firenze. L'ordinaria demenza dei rapporti professionali (personali e fessi, nel contempo) ormai lo stupisce appena, ma intanto non trova un lavoro che non sia ineffabile, bacato. Ha un figlio quasi cinquenne, non vive con la madre del medesimo, telefona agli amici. Non è disoccupato: ma disillusioni, dismissioni, disinvestimenti hanno arrestato le magnifiche e progressive rincorse dell'industria informatica. Così, rinunciando alla linea di ricerca in cui lui era impegnato, la sua ottima ditta lo ha deposto nella grottesca routine del Nulla aziendale. Anche questa decisione, scesa dagli attici della gerarchia fino alle cantine laboratoriali, viene chiamata «baco» dal protagonista. Gli ha guastato il lavoro. «Il lavoro sembra una categoria semplicissima». Karl Marx. La sua epigrafe parla chiaro, ma Rincorse non è solo un romanzo sul lavoro. E' un romanzo sulle Incombenze: i mestieri dei tranvieri, degli ingegneri, dei preti, dei profughi croati; ma anche le cose che incombono, le imminenze. Il suo mese è settembre, il suo giorno è domenica, o il nesso «sabatodomenica». La sua età è un'attesa: un'adolescenza ricorsiva, che si presenta al limite di ogni periodo di una vita, e aggetta sul futuro. Ogni capitolo è la traiettoria di una rincorsa. Una bambina esce dal nascondiglio, e corre forte per arrivare alla tana di «liberi tutti» (sarà un caso, ma «fare baco» significa «giocare a nascondersi»). Un bambino vede un pallone propizio, ma ancora lontano, e prende la rincorsa. I bachi informatici risalgono, quelli aziendali discendono: è la dimensione verticale del romanzo. Le corse e le rincorse infantili ne danno una dimensione orizzontale, che sarà risolutiva. E' di rigore l'anonimato Serio, ma sempre di buonumore, il romanzo presta un'attenzione buffamente amorevole alle poltrone (magari in omaggio a Volponi), alle calzature (magari in omaggio a Moretti), al display dei telefoni pubblici, agli arredi urbani, ai gesti e alle facce. I capitoli, fulminei, sono sempre introdotti da un nuovo punto di vista. Vige l'anonimato: tre soli esempi, fra nomi e cognomi (Lucia o Lia, Orlando, Pietrini) e tutti e tre sono omonimie fra personaggi diversi. Minuziose strategie introducono un personaggio per poi seguirne un altro, fra continui cambi di testimone, come nelle staffette (o, anche meglio, come nel Fantasma della libertà di Luis Bunuel). Omonimie e diversioni arrivano a colpire anche il titolo. Nella pagina finale, quando il nostro apprenti sorcier ha governato le masse liquide di un software complicatissimo (e senza bachi) il sostantivo si trasforma in verbo: «le possibilità che in passato gli balenarono di fronte, lui le rincorse». E' uno dei molti giochi di espressione, perché quello che si apre fra lavoro e imminenza, ira la discesa dei bachi e la corsa dei bambini, fra vertice e orizzonte è un campo linguistico totale. L'eccentricità non basta a definirlo. Come già nei precedenti racconti di Voltolini (Una intuizione metropolitana, Bollati Boringhieri, 1990), la scrittura è opera di pasticceria, e i diversi linguaggi sociali si risolvono in un gergo (o gorgo) del Lucio Klobas Giorni contati // Saggiatore, pp. 173, L 14.000 Una storia d'amore suggellata (o solo trasformata) dalla morte di lei, di Anna. Tre anni, dalla felicità all'angoscia. Klobas, in queste pagine autobiografiche, celebra - come avverte Giuseppe Pontiggia - «la vittoria più difficile, la resa coraggiosa e indifesa alla sincerità, alla evidenza, alla semplicità. Per questa via la letteratura ritrova, assieme al suo dono di perpetuare la bellezza, il significato etico e umano di presenza». Ermanno Cavazzoni tentazione alla quale non riusciamo a cedere; perché gli idioti sono una metafora di un mondo diverso, che non siamo così ingenui, visto che quel mondo non c'è, da ridurci a descrivere e prendere sul serio, ma siamo così disperati da desiderare: ovviamente il desiderio, in quanto impossibile, appartiene al genere facezie e ne adotta il linguaggio; perché gli idioti ci servono per ridere degli intelligenti. E, già che ci siamo, in riferimento a quest'ultimo proposito, ci piace ricordare due divertentissimi racconti, quello in cui Cesare Lombroso chiede di incontrare Tolstoj per studiare le caratteristiche climatiche e atmosferiche cui appartiene il genio creatore e si ha in risposta che «le sue teorie sono le teorie di un idiota»; e l'altro in cui un microcefalo (il microcefalo Battista), oggetto di studio da parte dei più grandi frenologi del mondo, con «l'angolatura facciale dello stesso valore di quella di Ugo Fosco- Tove Jansson Viaggio con baj Iperborea, pp. 18 io leggero 20.0W Dodici racconti sul viaggio in senso lato, situazioni sempre nuove che turbano una stabilità all'apparenza assoluta. Tove Jansson, ottantenne, è la scrittrice finlandese più conosciuta nel mondo. Traduzione e introduzione di Carmen Giorgetti Cima. Francesca De Salvi Blu notte Anabasi, pp. 107. L 18 000 Tre racconti («Verso Setùbal», «Parigi», «Roma 1982») per un esordio. Trentatreenne, nata a Roma, casa a Parigi, si muove, narrativamente, in quel mondo giovanile arresosi alla droga, passivo, fragile, evanescente, nella vana attesa di un appiglio. Angelo Guglielmi Ermanno Cavazzoni Vite brevi di idioti Feltrinelli pp. 150. L. 22.000 r pensiero, spiritoso e con frequenti effetti di vertigine. Le grafie si distorcono a rincorrere i suoni del parlato. Il frasario è ricalcato con un'esattezza che solletica noi, e sbigottisce la voce che narra le vicende: «ti aggiorni a fra un mese»; «... potrebbe essere richiesto un effort significativo»; «è necessario inoltre stabilire il site per il corso»; «dirla in soldoni». Il flipper è una delle più ingegnose metafore contenute nel romanzo, ma ne è anche il modello. Al lettore si richiedono vigilanza e prontezza di riflessi. Attendere la biglia, come fosse una proposta di gioco, e farla durare. Se si accetta l'impegno, ci si divertirà. Stefano Bartezzaghi Dario Voltolini Rincorse Einaudi pp. 106. L. 16.000 ANTEREM EDIZIONI III RASSEGNA LETTERARIA 17 ottobre 1994 - ore 19 Presentazione del libro L'amore meccanico di Milli Graffi Anterem- Edizioni Intervento critico: Gio Ferri Commento sonoro: G. Zosi Libreria Rinascita C.so P.ta Borsari 32 - Verona LETTERA INTERNAZIONALE DIECI ANNI DOPO lesti di: Bell, Berlin, Bobbio, Brandys, Coen, Ferrarotti, Galbraith, Magrìs, Mann, Michnik, Morin, Quinzio, Schneidcr, Sontag, Zaslavsky e altri. Numero speciale L. 18.000.

Luoghi citati: Marradi, Milano, Parigi, Pozzuoli, Roma, Verona