I martiri del pensiero di Aldo Cazzullo

I martiri del pensiero I martiri del pensiero La lunga caccia agli intellettuali AL caffè Fishawi, nei vicoli del bazar del Cairo, c'è una saletta angusta, foderata di legni intagliati, di specchi, di tappeti senza più colore. E' quasi sempre vuota, e non per il caldo soffocante. I proprietari del caffè la mostrano con orgoglio ai turisti, ma sottovoce avvertono che quel tavolo è riservato. Qui, fino a ieri, scriveva, riceveva i giornalisti, rifletteva e beveva caffè turco Naghib Mahfouz, scrittore e premio Nobel. Lo ispirava quell'atmosfera tra colonialismo colto ottocentesco e salotto islamico, insaporita dal fumo dei narghilè. Ma negli ultimi anni la sua gargonnière letteraria al Fishawi era diventata una I cella. Anche Mahfouz condan¬ nato all'ergastolo. Imprigionato dalla legge dell'intolleranza religiosa. Come Rushdie, il romanziere anglo-indiano raggiunto dalla «fatwa» di Khomeini, la condanna capitale, per i suoi «Versi satanici». Come Taslima Nasreen, la scrittrice «blasfema» del Bangladesh. Talvolta, la condanna viene eseguita, e i killer del pensiero comminano la pena di morte. Come in Algeria. L'Occidente ha relegato quasi interamente nei secoli passati la persecuzione delle lettere e delle idee. Il veleno di Socrate, il rogo di Giordano Bruno, la mannaia di Thomas More. Ombre affiorano ora dagli archivi dell'Urss sulla morte di scrittori scomodi. In Italia si è riaperta la polemica sulla fine di Gentile per mano dei gappisti fiorentini, pochi giorni dopo la fucilazione dei renitenti alla leva al Campo Marzio. Ma i fondamentalisti islamici vedono negli scrittori i messaggeri dell'Occidente e della cultura secolare. E hanno aperto la caccia. Sono già una ventina i romanzieri e i giornalisti assassinati, da quando gli integralisti hanno scatenato la guerra civile a Algeri. Altri sono stati feriti a coltellate, come ieri Mahfouz. Molti ancora sono sulla lista dei condannati. Qualcuno dorme in redazione, per paura di rientrare a casa la sera. Nel maggio scorso, venti quotidiani di tutto il mondo hanno ricordato gli intellettuali algerini uccisi pubblicandone alcuni brani. Le loro firme sono lapidi. Laadi Flici. Romanziere. Ammazzato nel suo studio, con la penna in mano. Djilali Liabes. Sociologo. Con le sue inchieste aveva squarciato il velo del chador per raccontare come amano le algerine, e rivelare il dramma delle ragazze costrette a recuperare la verginità sotto i ferri del chirurgo. L'hanno aspettato sotto casa in quattro. Abderrahmane Chergou. Intellettuale e economista. Sgozzato e lasciato lì a morire dissanguato, come un agnello. Abdelkader Alloula. Commediografo, studioso di Goldoni. Tre pallottole nel cranio. Mahfoud Boucebci. Scrittore e psichiatra. Ucciso a coltellate. Come Youcef Sebti. I killer lo hanno sorpreso a letto. Sul comodino aveva le bozze dell'ultimo romanzo, «Les illusions fertiles». Aldo Cazzullo In alto Naghib Mahfouz e qui accanto Salman Rushdie condannato a morte dagli ayatollah

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Bangladesh, Italia, Urss