Rabin: «Avrei rinunciato al Nobel per salvarlo» di A. B.
L'ultimatum scadeva alle 20 ma i terroristi di Hamas l'avevano prorogato di un giorno Robin: «Avrei rinunciato al Nobel per salvarlo» SOTTO CHOC ITEL AVIV N una conferenza stampa, ieri notte a Tel Aviv, Yitzhak Rabin ha illustrato le ragioni che lo hanno indotto ad ordinare l'operazione conclusasi con la morte dell'ostaggio, dei rapitori e di un ufficiale di un'unità di élite. Il premier - che aveva il volto teso e lo sguardo più deciso che mai - ha affermato che, a quanto gli risultava, fino a ieri mattina Wachsman si trovava nella zona di Gaza e che solo nelle ore successive la sua presenza era stata segnalata a Bir Naballah, un piccolo villaggio islamico della Cisgiordania, a due chilometri da Gerusalemme (in realtà, poco più tardi, le stesse autorità israeliane hanno corretto l'informazione dicendo che il luogo della prigionia è stato lo stesso fin dall'inizio). Rabin ha aggiunto che mentre cominciava a prendere forma l'operazione di salvataggio dell'ostaggio, le autorità hanno continuato i contatti indiretti con Hamas, nel tentativo di appurare se quel movimento avrebbe accettato di scambiare il soldato con lo sceicco Ahmed Yassin (anziché con i quasi 200 terroristi che gli islamici volevano veder liberati). «Alle ore 18-19 la situazione è divenuta drammatica», ha proseguito il premier. «Da lì a poco sarebbe scaduto l'ultimatum fissato dai rapitori e c'era il rischio che l'esecuzione avesse luogo. D'altra parte, da Hamas non era ancora arrivata alcuna risposta definitiva». Rabin ha abbassato la voce: «Allora ho ordinato ai soldati di prepararsi». Al calar del buio un'unità di élite dell'esercito ha circondato una palazzina di Bir Naballah. Gli ingressi erano barricati: per aprirsi la strada, i militari hanno dovuto fare uso di esplosivi. Dall'interno sono partite raffiche di mitra: un ufficiale è rimasto ucciso, alcuni soldati feriti. La palazzina si è rivelata un labirinto: passato un cortiletto, c'era ancora una porta di ferro: i militari hanno dovuto ricorrere di nuovo all'esplosivo. Era passato meno di un minuto, ma l'effetto sorpresa era andato perduto e, con lui, Nachshon Wachsman. Quando il commando israeliano ha spalancato la porta è seguita una furibonda battaglia di due minuti, al termine del quale tre dei custodi dell'ostaggio (Sallah Hassan Jadallah, Tayassir Natshe, Abdel Bader) erano stesi a terra, morti. Il soldato era legato a una sedia, con un proiettile nel collo e un altro nel petto. «Nachshon è stato ucciso a sangue freddo e i suoi custodi hanno combattuto fino alla morte», ha affermato il capo di Stato Maggiore, Ehud Barak. Rabin ha aggiunto che il «cer- vello» del rapimento era a Gaza. Ha poi confermato che fra i servizi di sicurezza israeliani e palestinesi c'è stato uno scambio di informazioni, fino a quando, ieri, il rapito è stato localizzato presso Ramallah. Da quel momento, gli israeliani hanno cominciato a progettare l'assalto alla palazzina. «Si sa che in questo tipo di operazioni si paga un duro prezzo, e anche in passato abbiamo spesso subito perdite» ha detto Rabin. «Ma contro il terrorismo non c'è scelta: bisogna combatterlo senza tregua. E' nostro dovere: gli islamici vogliono uccidere non solo il maggior numero possibile di israeliani, ma lo stesso processo di pace». Rabin ha così concluso: «Avrei volentieri rinunciato al premio Nobel, pur di riportare Nachshon ai suoi genitori». Poco dopo - ha rivelato un collaboratore di Arafat - Rabin ha chiamato al telefono il leader dell'Olp, con cui «ha avuto uno scambio di idee sul futuro del processo di pace», mentre da Washington, Bill Clinton esprimeva «indignazione e aborrimento per la morte di Wachman». Definendo il rapimento «un atto codardo», il Presidente Usa ha detto che i guerriglieri non devono illudersi che «questi atti riescano a sconfiggere la pace», [a. b.]
Luoghi citati: Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme, Tel Aviv, Washington
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