A Napoli scoppia la guerra sulle misure della pizza doc

A Napoli scoppia la guerra sulle misure della pizza doc Ma c'è chi contesta la ricetta e chiede l'intervento di Bassolino A Napoli scoppia la guerra sulle misure della pizza doc NAPOLI. Deve essere piccola e soffice. No, grande e sottile. Sottile sì, ma con il bordo spesso. Ma insomma: come va preparata questa benedetta pizza? Provate un po' voi a mettere d'accordo gli esperti che da ieri si danno battaglia sulla più celebre, saporita e colorata pietanza napoletana. Vi sommergeranno con un diluvio di polemiche che serviranno solo a confondervi le idee. Ad accendere la miccia è stato un istruttore dell'Associazione pizzaioli europei, Romano Fornasari. Con un autentico colpo di mano ha colto di sorpresa i suoi colleghi svelando pubblicamente il segreto della vera pizza: «L'altezza del bordo deve essere di un centimetro e mezzo, mentre il diametro non può superare i ventotto centimetri. E bisogna fare attenzione all'impasto: che non pesi più di duecento grammi e soprattutto che non sia troppo lievitato». Con il piglio di chi se ne intende, Fornasari spiega che «la pietanza deve lievitare nello stomaco per placare la fame il più a lungo possibile: non dimentichiamo che anticamente al popolo napoletano non capitava spesso l'occasione di mangiare». Di dimensioni ri¬ dotte e morbida, dunque, la pizza a denominazione di origine controllata, che comunque nelle altre regioni italiane osserva diverse misure: in Emilia è alta mezzo centimetro al centro e ha il bordo di un centimetro, a Roma è sottilissima e croccante. «Ognuno, insomma - conclude Fornasari la mangia come vuole, bisogna esser liberi di variare e di usare le farine che si preferiscono per la pizza 'personale'». Che sia «margherita» o «marinara», la pizza doc deve quindi essere piccola e soffice. Ma è proprio così? Niente affatto. Le regole dettate da Romano Fornasari hanno scatenato un uragano di critiche fra gli esperti partenopei. «Evidentemente Romano, che è mio buon amico, non ha mai visto com'è fatta la pizza dalle nostre parti» sbotta Antonio Pace, vicepresidente della stessa Associazione di cui fa parte Fornasari e responsabile del club «Vera Pizza». Pace è deciso a ristabilire la verità: «Fornasari sta dicendo fesserie - aggiunge piuttosto indignato - ne fa una questione di centimetri e di peso, dimenticando che il segreto sta tutto nell'impasto, nella manipolazione e nella cottura». Per fa¬ vore, gli chiediamo, può essere più preciso? «Dopo la giusta lievitazione - è la risposta piuttosto tecnica - la pasta deve essere lavorata con le mani o tutt'al più con impastatrici che abbiano i requisiti stabiliti dall'associazione. La cottura, poi, deve avvenire direttamente sul piano del forno a legna, ad una temperatura di quattrocento gradi. Ecco come si fa una vera pizza». Ma l'eretico Fornasari non molla. Dopo aver fissato quelle che per lui sono le regole fondamentali per preparare una «margherita» degna di questo nome, è disposto solo ad ammettere che, «in fondo, ognuno è libero di mangiare la pizza come gli piace». Sia essa sottile e croccante o gonfia e morbida. L'ultima parola, però, la dice Antonio Pace. La sua è una scomunica in piena regola: «Se non sbaglio Fornasari è un emiliano, nato e cresciuto a Granarolo. Che si occupi dunque di formaggi, e lasci a noi il resto». E per mettere la parola fine alla polemica, Pace annuncia un'iniziativa: «Chiederemo al sindaco Antonio Bassolino di intervenire affinchè venga ufficialmente riconosciuta la denominazione di vera pizza napoletana», [f. mil.] L'istruttore dei pizzaioli europei: deve essere piccola soffice e poco lievitata ;::Vi:;#|S::iV; % > ss ~\ Le dispute fra pizzaioli non toglieranno gusto alla pietanza più diffusa nel mondo

Persone citate: Antonio Bassolino, Antonio Pace, Bassolino, Fornasari, Romano Fornasari, Sottile, Vera Pizza

Luoghi citati: Emilia, Napoli, Roma