Si spara nell'ufficio del rivale in affari

Parma, per protesta contro la banca che non gli dà il fido per salvare l'azienda Parma, per protesta contro la banca che non gli dà il fido per salvare l'azienda Si spara nell'ufficio del rivale in affari Impresario oberato dai debiti PARMA. Ieri mattina si è fatto portare dall'autista negli uffici del suo più forte concorrente, Paolo Pizzarotti, si è accomodato in sala d'aspetto e si è sparato un colpo in testa con la P38. Il Cavaliere del Lavoro Piero Concari, 76 anni ben portati, un passato di grande imprenditore alle spalle, un nome che a Parma ha fatto storia, ha chiuso la sua vita con un rituale misterioso che lascia la strada aperta a tante interpretazioni. Self made man di vecchio stampo, chiusa la seconda guerra mondiale, in pochi anni ha saputo creare dal nulla un'azienda dai fatturati miliardari. Ha cominciato sgombrando le macerie dei bombardamenti, poi ha costruito le prime case, infine interi tratti di autostrade: l'Autosole, la Torino-Piacenza-Brescia, l'Autobrennero. L'impresa Concari ha marciato a gonfie vele fino agli Anni Ottanta. Quando è arrivata sul mercato una nuova generazione di costruttori, spregiudicati e intrallazzati con la politica, ha cominciato a perdere colpi. Il vecchio Cavaliere ha visto il fatturato scendere da 50 a 15 miliardi. Nello stesso tempo, la stella di Paolo Pizzarotti, di 30 anni più giovane di lui, amico di Craxi e di De Mita, di Porandini e di Goria, saliva sempre più alta. Vinceva gare, acquisiva commesse, diventava a sua volta Cavaliere del lavoro. Pochi mesi fa, l'ultimo colpo. I creditori che tallonavano da tempo Concari hanno cominciato a parlare di fallimento. Un'onta per il vecchio cavaliere, ricco di immobili, ma privo di liquidità. Come unico rimedio alla vergogna, i suoi avvocati gli hanno consigliato il concordato preventivo: per ottenerlo, occorreva trasformare la sua vecchia società in nome collettivo in una società per azioni. Costo 4 miliardi. Concari li ha chiesti a una banca. Nello stesso periodo, i conti di Paolo Pizzarotti, travolto dalla tempesta di Mani Pulite, indagato a Milano, Parma e in Irpinia, continuavano a tornare. La sua azien¬ da sopravviveva al terremoto giudiziario. Concari, in affari con lui nei cantieri della superstrada Ghiare-Bertorella e della Fiera di parma, lo poteva seguire da vicino mentre aspettava la risposta della banca. Martedì sera si è riunito il comitato esecutivo dell'istituto di credito per decidere se concedergli il fido di 4 miliardi. Il cavaliere del Lavoro ha passato la vigilia di questa giornata decisiva in modo strano. Si è recato negli uffici della Procura di parma. Ha chiesto un incontro con il sostituto procuratore Francesco Saverio Brancaccio, gli ha parlato e ha fissato un appuntamento per i giorni successivi. Avrebbe voluto testimoniare su un'inchiesta importante. Ieri mattina ha chiamato l'autista, si è fatto portare nella sede della Pizzarotti, ha chiesto di parlare con un dirigente e alle 8,10 si è acco- modato in sala d'aspetto. «Attendo una telefonata» ha detto a una segretaria. Dopo pochi minuti è squillato il cellulare. Un attimo e Piero Concari si è ucciso. La voce di un funzionario gli aveva appena comunicato che il fido non era stato concesso. Molti dicono che l'imprendi¬ tore conoscesse già lunedì l'orientamento per lui negativo dell'istituto di credito. La visita alla Procura sarebbe stato un atto di protesta verso una società che non riconosceva più come la sua, verso imprenditori che giocavano con carte diverse da quelle che usava lui. In quelle ore è nata la voglia di un gesto ancor più clamoroso. Nella sua testa, ormai in delirio, è stato concepito quel macabro rituale per affermare la sua diversità. Come simbolo ha scelto Pizzarotti. Erano imprenditori dai destini incrociati. [r. cri.] Il suo concorrente otteneva crediti nonostante fosse coinvolto in Tangentopoli Paolo Pizzarotti, qui a colloquio col presidente Cossiga

Luoghi citati: Brescia, Milano, Parma, Piacenza